Per una Chiesa della speranza
A
oltre quarant’anni di distanza dalla conclusione del Concilio Vaticano II, non
tutte le speranze che esso aveva suscitato si sono realizzate, non tutte le sue
indicazioni sono state accolte. Si parlava, alla vigilia del Concilio, del
laicato cattolico come di un “gigante addormentato”, ma è difficile poter
affermare che quello che rimane un “gigante” (se si pensa alle proporzioni
fra le varie componenti del conciliare “popolo di Dio”) si sia veramente
“svegliato”. Interrogarsi sulle ragioni di questo mancato decollo di un
aspetto importante del messaggio conciliare implicherebbe una lunga e complessa
Nell’intimo
della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale
invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene
e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell’intimità del cuore: fa
questo, evita quest’altro. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio
dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa
egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario
dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità.
Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il
suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo. Nella fedeltà alla coscienza
i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere
secondo verità numerosi problemi morali, che sorgono tanto nella vita privata
quanto in quella sociale. Quanto più, dunque, prevale la coscienza retta, tanto
più le persone e i gruppi si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di
conformarsi alle norme oggettive della moralità. Tuttavia succede non di rado
che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo
essa perda la sua dignità. Ma ciò non si può dire quando l’uomo poco si
cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca
in seguito all’abitudine del peccato. Gaudium
et Spes
Cambiamento
o conservazione?
È
proprio detto, tuttavia, che il gusto per il “quieto vivere” – o, nella
sua forma migliore, la giusta preoccupazione di evitare nella comunità
cristiana conflitti e lacerazioni – debba avere la meglio sull’aspirazione a
costruire una Chiesa sempre più vicina al sogno paolino di una comunità
“senza rughe e senza macchie” e, proprio per questo, insieme più evangelica
e più evangelizzante? In ogni gruppo umano agiscono egualmente una spinta al
cambiamento, di cui soprattutto le giovani generazioni sono portatrici, e una
spinta alla conservazione, propria di chi detiene l’autorità e anche di chi,
per la lunga esperienza maturata, tende a scorgere i rischi assai più che le
opportunità di ogni trasformazione (camminare su un terreno conosciuto, anche
se non sempre piano, sembra preferibile a tentare l’avventura del deserto o
della foresta...). Una comunità sopravvive, e anzi assolve sempre meglio al suo
compito, nella misura in cui riesce a conciliare in sé questa duplice tendenza.
Ma vi è da domandarsi se la Chiesa italiana dell’ultimo ventennio abbia
saputo seguire questa strada, soprattutto in ordine alla valorizzazione del
AA.VV.,
Laicità e vocazione dei laici nella Chiesa e nel mondo, Edizioni Paoline,
1987 AA.VV.,
A trent’anni dal Concilio, Studium, 1995 AA.VV.,
Laici e laicità nei primi secoli della Chiesa, Paoline, 1995 Giorgio
Campanini, Il laico nella Chiesa e nel mondo, Dehoniane, 2004 Giuseppe
Lazzati, Per una nuova maturità del laicato, Ave, 1986 Giacomo
Canobbio, Laici o cristiani?, Morcelliana, 1997
La
strada dei ministeri ecclesiali è diventata una sorta di “sentiero
interrotto” e alle timide aperture di Paolo VI (Ministeria quaedam,
1972) hanno fatto seguito rigidissime chiusure, soprattutto in ordine
all’accesso ai ministeri laicali da parte delle donne. La consultazione dei
laici – sia nell’ambito dei Consigli pastorali, sia in un ipotetico (e
previsto dal Concilio) “Consiglio nazionale dei laici” – si è trasformata
in un fatto puramente rituale: ancora oggi le grandi decisioni che riguardano la
Chiesa italiana passano sulla testa del laicato. Le autonomie delle scelte
nel temporale è andata sempre più riducendosi per effetto di una
“discesa in campo” delle gerarchie ecclesiastiche sempre più ricorrente e
puntuale, che ha lasciato spazi alquanto ridotti all’esercizio di quell’arte
della “mediazione” che è l’anima stessa della politica. Più che
moltiplicarsi gli esempi di quello che in altra sede chi scrive ha chiamato il
“disincanto” dei laici (cfr. Campanini, 2004) vale tuttavia la pena di
cercare di individuare le vie di uscita da questa situazione di stallo.
Alcune
proposte
La prima
strada da percorrere, da parte dei laici cristiani, è quella del coraggio della
proposta, accompagnata dall’esemplarità della vita e dal disinteressato
Per
la quarta volta in 30 anni – dopo quello di Roma del 1976, di Loreto del 1985
e di Palermo del 1995 – la Chiesa cattolica italiana si accinge a celebrare a
Verona (16-20 ottobre 2006) un Convegno ecclesiale nazionale, questa volta sul
tema “Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”. In vista di tale
importante appuntamento, la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) e il Comitato
ad hoc dell’incontro veronese hanno invitato tutte le variegate strutture,
presenze ed esperienze ecclesiali cattoliche del nostro Paese a offrire un loro
contribuito per preparare al meglio l’evento, e favorire un dialogo che, noi
pensiamo, non potrà che essere aperto, intenso e costruttivo. Accogliendo
volentieri tale invito anche la nostra Comunità cristiana di base di S. Paolo a
Roma si è interrogata sul tema proposto, riferendosi prima di tutto alle Sacre
Scritture e poi esaminando la “traccia di riflessione” in vista di Verona
(pubblicata il 29 aprile 2005 dalla Commissione Preparatoria presieduta dal
cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano) e anche ripensando alla
propria stessa piccola storia, e ora offre alla più vasta comunità ecclesiale
le sue riflessioni, i suoi interrogativi e le sue proposte. È
questa la premessa di un ampio documento che la Comunità di base di S. Paolo,
in data 19 maggio 2006, ha inviato all’ufficio preparatorio del Convegno di
Verona e ha poi pubblicato su “Adista”. Il Cipax ne ha curato la
pubblicazione in un volumetto di 32 pagine che ora mette a disposizione di
quanti volessero conoscere e utilizzare quest’ampia e ricca riflessione. Il
volumetto può essere richiesto, come di consueto, direttamente al Cipax. CIPAX
- Centro Interconfessionale per la Pace Via
Ostiense, 152 - 00154 Roma Tel./Fax:
06-57287347