Ecclesia sempre renovanda?
Riscoprendo la bellezza dell’essere intimamente solidali con il genere umano.
Laici per il mondo. Abitanti di una storia.
Il
tempo in cui ci è dato vivere ha bisogno di pensare il futuro con forte senso
di responsabilità: entro pochi anni molte cose – se non incontreremo
catastrofi deprecabili – sono destinate a cambiare. L’ambiente ci sollecita
a evitare guai abusando della natura; le scienze e le tecnologie esplorano
terreni nuovi di conoscenza sulla costituzione cellulare e prospettano dubbi ma
anche speranze di sanare malattie finora mortali; la comunicazione sta cambiando
Le
gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri
soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le
tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente
umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta
di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo
nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, e hanno ricevuto un messaggio
di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente
realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia. Gaudium
et Spes, Proemio
Nuove
responsabilità
La
Chiesa in primo luogo deve farsi carico di responsabilità nuove e impegnative.
Come cattolicità universale per aiutare tutti, ma anche come
Chiesa locale di un’Italia che incontra, più di altri Paesi, difficoltà nel
decidere il suo futuro. Si approfitterà del convegno di Verona per cogliere
opportunità a questo proposito? Ce lo auguriamo, anche se qualcuno già
intravede il pericolo di partecipare a un incontro tradizionale, con i
documenti, anche quelli finali, preconfezionati.
Sarebbe
deludente; soprattutto sarebbe un’occasione perduta per la Chiesa, che ha
urgente bisogno di confrontarsi con le dinamiche nuove che inquietano le
coscienze dietro l’apparente passività di chi si adegua senza serio
convincimento perché non comprende. È, infatti, aumentata solo la fede
emotiva, più apparente che sostanziale, quella delle folle plaudenti, contigua
ai comportamenti dei movimenti spiritualisti e delle sette e poco coerente con
il Vangelo di Gesù e lo spirito del Vaticano II. Ma senza un’alternativa
pastorale che – in linea con ciò che da sempre si chiede a ogni cristiano (ma
che non sempre si misura con la fedeltà al messaggio evangelico) – affronti
seriamente i problemi del terzo millennio si possono verificare incrinature
partecipative. La missione ricevuta dai laici non è di vivere nelle grotte
degli asceti o alle dipendenze dei teologi autorizzati, ma di costruire vita,
positività, valori nelle società che abitiamo e in cui testimoniamo.
Molti,
anche nella gerarchia vaticana, vivono, invece, il futuro con paura e non si
sentono sollecitati a pensare in modo rinnovato. Persistono così le pratiche
clericali ormai logore dei divieti e dei richiami costrittivi all’ubbidienza,
che possono anche produrre consenso (e strumentalizzazioni), ma che non
accrescono il senso dell’appartenenza a un’autentica comunità di fede.
Infatti, tranne il rumore delle pie pratiche interessate degli atei devoti, la
pratica religiosa è in crisi, aumenta il rifiuto dell’ora di religione, la
diocesi di Trento assume laici per mancanza di preti. Secolarizzazione?
Relativismo? Forse; ma è necessario non averne paura: come possono le persone
qualsiasi di oggi “vivere cristianamente” secondo le intenzioni di Pio XII,
se la vita è totalmente altra, nel bene e nel male; soprattutto in quel male
che insidia tutti con le menzogne televisive, l’incentivazione a
disinteressarsi dello Stato e del prossimo, a perseguire la violenza perfino
nell’ormai scoperto e crescente maltrattamento familiare o nella pedofilia? Il
cristiano consapevole conosce questi problemi e rispetta la famiglia, pratica il
volontariato, cerca le vie della giustizia, si impegna in politica oltre che in
parrocchia. Conosce, infatti, il senso di essere laico secondo l’insegnamento
della Gaudium et Spes.
Presenza
attiva
Il
Concilio non a caso ha riconosciuto l’autonomia del laicato, proprio perché
la Chiesa non sia solo gerarchica e non si dia ecclesia senza la presenza
attiva del popolo di Dio.La comunità dei discepoli di Cristo, dice il proemio
della Gaudium et Spes, ha ricevuto “un messaggio di salvezza da
proporre a tutti”.Perciò la Chiesa “si sente realmente e intimamente
solidale con il genere umano e la sua storia” cosicché “le gioie e le
speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri
soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le
tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo”.
Una
Chiesa al servizio dell’umanità è, dunque, quella che si cala nella
condizione umana del mondo contemporaneo. Quarant’anni dopo il Vaticano II
“scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo” significa
calarsi in un altro universo, dove le sfide dei mutamenti sono più alte e
impegnative. Non avremo paura anche noi del futuro, nella barca affidata al mare
tempestoso su cui non possiamo non salire, quanto meno per fare posto ai figli?
Allora
vediamo come possiamo prepararci per Verona “a partire da noi” – come dice
la filosofia delle donne – che siamo i testimoni di Gesù risorto, speranza
del mondo. Il Signore che ha attraversato le esperienze umane risorge per andare
alla destra del Padre, ma anche per restare con noi, con ciascuno di noi nella
storia di tutte le generazioni. Se crediamo questo, non abbiamo via di fuga:
tocca a noi (lo diceva il cardinal Martini) “trasformare i principi della fede
in valori per l’uomo e per la città”. Sono – potremmo dire sono mai
state – cristiane le nostre città, abitate da mafie e da corruzione
crescente, dove nuove povertà avanzano, mentre troppi cittadini fanno i furbi
per non pagare le tasse e la litigiosità sta raggiungendo livelli impensati
(abbiamo sentito il linguaggio di uno che sarebbe potuto essere re)? Invece di
rimboccarsi le maniche, molti che si dicono cattolici lamentano che non c’è
più rispetto dell’autorità, che la famiglia si disgrega, che i politici sono
tutti uguali. Andranno a messa, ma leggono poco il Vangelo. Gesù non ha detto
che l’adulterio è una bella cosa, ma non è neppure salito sul pulpito a fare
la predica a nessuno. Si è preoccupato dei bambini, con parole dure per chi li
scandalizza; ma non intendeva solo i pedofili. Ha rifiutato l’immoralità dei
mercanti, ma ha distinto la fede dallo Stato.
Nuove
sfide
Nella
vita quotidiana abbiamo fatiche nuove da affrontare con spirito critico,
competente e fattivo. Essere lavoratori quando si scivola facilmente nella
disoccupazione e nel precariato significherà – come è stato fatto nel voto
sulla riforma costituzionale – difendere i diritti su cui si fonda la nostra
Repubblica. Essere genitori comporterà una responsabilità nuova, con bambini
proiettati in un mondo che loro percepiscono più di noi come già dato ma di
cui ignorano criteri e regole che, invece, saranno la misura del loro equilibrio
adulto. Essere cittadini esigerà più che mai di farci carico del bene
comune. Sono tanti i modi di interesse e impegno in cui possiamo spendere le
nostre capacità, dal volontariato all’immigrazione, dagli anziani soli alla
sicurezza, dall’assistenza per i più svantaggiati ai trasporti:ovunque c’è
bisogno di intervento, per evitare sprechi, per dare competenze tecniche a chi
ha solo buona volontà, per evitare che i gruppi della società civili si
perdano nella frammentarietà. E anche perché le parrocchie non siano luoghi separati
ma pratichino il confronto con altri soggetti sociali, non facciano
politica ma siano luoghi politici, pratichino il confronto teologico e
l’ecumenismo. Almeno i laici non abbiano paura del futuro e crescano nella
libertà dei figli di Dio.