TESTIMONI

Francescana e pacifista

L’esperienza di una suora francescana: dalla resistenza alla disobbedienza civile. L’altro volto dell’America…
A cura di Gianni Novelli

La mattina del 9 aprile scorso suor Rosemary Lynch, è ripartita per la sua comunità francescana di Las Vegas. Ci ha lasciati con una grande nostalgia ma con la gioia di aver potuto godere ancora una volta della sua preziosa testimonianza pacifista. Era arrivata a Roma per partecipare alla celebrazione dell’anniversario dell’assassinio di mons. Oscar Romero, il 24 marzo.
Da quando l’ho conosciuta nel 1983 a Comiso, impegnata contro l’installazione dei missili cruise, credo che questa sia la decima volta che viene. Ogni volta la trovo più bella e ricca spiritualmente. Il momento più commovente l’abbiamo vissuto il 24 marzo, nell’affollata basilica dei Santi Apostoli a Roma, dove, dopo la comunione, nel suo perfetto italiano, ha testimoniato il suo impegno francescano per la pace: “Penso che in questo tempo devo dire che la mia nazione ha condotto una guerra crudele, ingiusta, che certamente crea molta miseria in un mondo che già aveva tanta miseria. Ripeto è una guerra ingiusta e crudele.
Ci sono molte persone negli Stati Uniti che resistono alla brutalità della violenza e della guerra… Bisogna sempre ricordare che il bene è più forte del male. Non possiamo perdere il coraggio, neanche in questo momento”. Applausi tanti e commozione profonda hanno accompagnato il suo racconto delle iniziative di pace e di resistenza soprattutto delle suore francescane. Per rivivere la sua testimonianza riportiamo qui stralci dell’intervista di Gabriella Caramore trasmessa nella rubrica “Uomini e profeti” di Radiotre, il 29 marzo scorso.

Approfittiamo dei suoi 86 anni per chiederle un po’ la sua storia, la sua vita. Lei è una suora francescana americana, pacifista…
Provo a essere pacifista. Ho fatto molte cose durante la mia vita. Ho avuto anche il privilegio di studiare prima di entrare nell’ordine. Naturalmente ha scelto l’ordine francescano.

Se non lo diciamo noi forse lei non lo dice: ha partecipato a molte battaglie per i diritti civili, per la pace, contro i test nucleari. È vero?
È vero, ho avuto un tipo di conversione quando sono arrivata a Roma, dopo essere stata eletta consigliera generale della mia congregazione. Avevo, come molte persone negli Stati Uniti, la convinzione che il nostro Paese fosse bello, grande, potente. Giunta a Roma, ho viaggiato molto: sono stata in Africa, in Indonesia, in Messico e in altri Paesi, in cui ho visto la miseria, la povertà, gente che soffriva tanto. Così è cambiata totalmente l’idea anche sul mio Paese: per la prima volta ho capito che siamo oppressori. Fare questa scoperta è stata per me un’esperienza molto amara.

È giusto, siamo oppressori, ma in qualche misura lo sono tutti i Paesi ricchi d’Occidente. Però lei dice che l’America ha anche la grandezza di tenere in sé culture, persone, situazioni molto diverse.
È vero. Quando sono tornata negli Stati Uniti ho deciso di lavorare in qualsiasi modo per i diritti umani, per la gente povera, per la pace. Sono stata invitata a lavorare a Las Vegas, Nevada. Vicino a noi, nel deserto, c’era il grande Nevada Text Site. Io non sapevo che gli Stati Uniti facessero test di bombe nucleari, (c) Diego Cipriani/Archivio Mosaico di pace per me era una cosa terribile il solo pensarlo. Così abbiamo incominciato a proporre veglie di preghiera nel deserto. La prima volta abbiamo trascorso tutta la Quaresima all’aperto. Era bel tempo. Io ho imparato molto, in quel periodo, e ho fatto la conoscenza del popolo indigeno del Nevada, gli Shoshoni, una tribù di indios che abitava in quel luogo. Per la prima volta tutte le persone della nazione hanno saputo qualcosa del Nevada Text Site. Non sapevano di questi esperimenti nucleari nel deserto. C’è assolutamente bisogno di informare molto, perché una tattica del governo è il non dare informazioni alla gente. Dall’informazione siamo poi passati alla “disobbedienza civile”.

Come sta vivendo lei, da americana, da pacifista, questi giorni di guerra tra America e Iraq? Sente che stiamo vivendo una sconfitta (per usare un linguaggio militare) oppure ancora ha fiducia che qualcosa si può fare?
Bisogna avere fiducia, bisogna continuare. Se perdiamo il coraggio hanno vinto loro. Ci sono molte persone di buona volontà che con questa guerra si sono svegliate e vogliono fare qualcosa. Scrivono lettere, fanno telefonate ai parlamentari, discutono coi vicini, ecc.. E questo non è esattamente pacifismo. Cerchiamo una parola che descrive meglio questo atteggiamento. È certamente antiguerra, ma è molto attivo. Penso che la parola pacifismo somiglia un po’ a passività.

Lei è stata molte volte arrestata e anche processata per la sua disobbedienza civile. Dove la trova tutta questa forza?
Per me è stato facile. Per prima cosa ho fatto amicizia con il giudice, con l’avvocato, con le guardie. La prima volta, quando il giudice ha detto: “Io devo condannarti a tre giorni di prigione”, ha pianto. Più tardi mi ha detto: “Era mio dovere fare questo”.

Ma la forza per continuare, per lottare (mi lasci usare questa parola), dove la attinge?
Dalla fede che la pace veramente sia possibile. Io penso che non sia volontà di Dio che la famiglia umana si faccia guerra; è un comandamento di Gesù di essere amici, di avere misericordia.

I suoi rapporti con la chiesa ufficiale quali sono?
Alcuni anni fa, quando sono stata arrestata e processata per la prima volta, c’è stata un po’ di pubblicità sui giornali, perché non era mai capitato prima che una suora si trovasse in questa situazione. Così la nostra attività ha destato molta preoccupazione negli uffici diocesani. Mi hanno detto che non possiamo lavorare per la chiesa perché quello che facciamo mette in pericolo la struttura finanziaria della medesima chiesa.

Siete considerate una minaccia per la chiesa?
Sì, molte persone che danno denaro alla chiesa lavorano per questo Nevada Text Site e forse a loro non piace questa mia attività. All’inizio per me era molto difficile pensare di essere una minaccia, non potevo crederlo. Non ho raccontato nulla in giro, ma alcuni giornalisti hanno saputo l’accaduto, e in un’intervista hanno capito che la chiesa aveva un po’ timore che le persone che danno del denaro non volessero darlo più. Ma il giorno seguente le mie dimissioni ho ricevuto un assegno anonimo di 5000 dollari, con una messaggio: “Per favore continuate”. È stato per me un segno del cielo.

Visto che avete rapporti con tutti, anche con gli esponenti del governo, con i giudici ecc., riuscite a dialogare con i ‘non pacifisti’, con quelli che sono favorevoli alla guerra?
Sì, per me è molto importante parlare con loro. Mi ricordo sempre che Ghandi ha detto che negli ultimi dieci anni della sua vita non ha parlato mai con le persone che erano d’accordo con lui, non c’era il tempo. Così mi piace dialogare con le persone che non sono d’accordo con me. La mia esperienza è che loro sono sempre gentili, vogliono il bene, solo le loro idee sono errate sulle modalità con cui giungere a questo ideale di pace.

Lei il 24 marzo, nella serata per cui è stata invitata per ricordare l’arcivescovo di San Salvador Oscar Romero, che fu appunto martire per la giustizia e per la pace, ha tenuto una meditazione. Su che cosa ? Lei non ha conosciuto Romero.
Non ho avuto questo privilegio. Ho provato a entrare un po’ nel cuore di mons. Romero, a capire come lui ha seguito il Vangelo, come ha capito piano piano (molti di noi capiscono lentamente), cosa doveva fare e come ha svolto con tutta la persona – con il cuore, con l’intelligenza, con il coraggio – la sua missione di vescovo. Così noi dobbiamo porre nelle nostre attività, quale che siano, altrettanta dedizione, entusiasmo, amore. Gesù ci ha dato il comandamento di fare tutto con il cuore. Non ha parlato molto della volontà, del coraggio, della battaglia…. Tutte queste parole non significano molto per me. Mons. Romero ha preso alla lettera il comandamento di Gesù e ha sacrificato la vita.

Quindi bisogna essere pronti a dare la vita per la pace.
Sì, Gesù ha detto che non possiamo avere un amore più forte di questo. Romero è stato già canonizzato dalle parole di Gesù, non c’è bisogno di altre canonizzazioni.

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