Rifare il mondo
E creda nella corresponsabilità ecclesiale.
Azzardo una domanda radicale: ci sarà ancora la vita? Ci sarà un futuro? Cosa vuol dire oggi per i credenti nella pace attualizzare il tema del Convegno ecclesiale di Verona: Testimoniare Gesù Risorto, speranza del mondo? Da molto tempo, a fare le spese dei grandi e ramificati sistemi di guerra e di fame sono sempre i più deboli, i bambini e le bambine, il futuro del mondo. Ma se i bambini e le bambine stanno morendo, allora non c’è futuro. Confrontare le
Gandhi
Difesa della vita
Basta questa riflessione per dichiarare superata ogni teoria della “guerra giusta”, diversamente presente in ogni ambito (culturale e politico, religioso ed ecclesiale). Non si può parlare di difesa della vita senza tale consapevolezza. Siamo tutti e ovunque impastati di violenza. Prenderne coscienza è cominciare a orientarsi per ripensare e rifare il mondo. Alla fine di una poesia intitolata Ricordando Guillèn. Tesi per spiegare la morte di un bambino, la poetessa nicaraguese Mariana Yonusg Blanco, dopo aver elencato le morti infantili per disidratazione, denutrizione, scambio ineguale, imperialismo, politica complice e compiacente, così conclude:
Aiutami a ripensare il mondo
perché la morte
di un solo bambino
è una condizione
terribilmente sufficiente
e urgentemente necessaria
per rifare il mondo.
Bisogna allora stringere viti
e togliere molle
e rovesciare strutture
e indicare i responsabili
con nome, cognome
e conto bancario.
Aiutami perché
ho paura di odiare
ma non mi interessa amare
se muore un bambino.
Ripensare il mondo vuol dire ripensare tutto, rovesciare il pensiero unico del “libero mercato armato”, superare ogni logica del nemico e la necrofilia dei terrorismi uguali e contrari. Penso sia necessario affermare che la pace o, meglio, l’azione nonviolenta ama la vita. Si prende cura della vita di tutti e per tutti. La pace è vita da gustare, da curare e da condividere. La nonviolenza è sempre biofilia operante, sanità mentale, respiro del cuore, etica del volto. Aiuta a vincere la paura. Tenta la riconciliazione nella verità, risana le ferite, ricostruisce i rapporti. Suscita la gioia di vivere e il piacere di comunicare. Sa che è necessario cambiare per vivere, e vivere
Salva ed esalta, nella Tua fede, o Gran Dio, la nostra Nazione. Da’ giusta gloria e potenza alla nostra Bandiera; comanda che le tempeste e i flutti servano lei; poni sul nemico il terrore di lei; fa che per sempre la cingano in difesa petti di ferro, più forti del ferro che cinge questa Nave; a lei per sempre dona vittoria.
Benedici, o Signore, le nostre case lontane, le care genti. Benedici nella cadente notte il riposo del popolo. Benedici noi che, per esse vegliamo in armi sul mare! Benedici!
Il magistero della pace
Raramente nel linguaggio della gerarchia ecclesiastica italiana spicca tale prospettiva. Il magistero della pace sembra figlio di un dio minore, non è entrato nella prassi quotidiana o nella pastorale ordinaria. Avolte si blocca o diventa parziale. Se ci sono, come si dice, “beni indisponibili” come la vita, occorre dichiararsi “indisponibili” a ogni guerra, dichiarandola “anticreazione” e sterminio. Per ogni guerra dovrebbe valere la solenne affermazione presente nella Evangelium vitae: “La scelta deliberata di privare un essere umano innocente della sua vita è sempre cattiva dal punto di vista morale, e non può mai essere lecita né come fine, né come mezzo per un fine buono. È infatti grave disobbedienza alla legge morale, anzi a Dio stesso, autore e garante di essa, contraddice le fondamentali virtù della giustizia e della carità” (n. 57). Per questo “si dovranno rimuovere le cause che favoriscono gli attentati alla vita” (n. 90). Penso che l’esplicita condanna della Evangelium vitae vada estesa a ogni vita sempre e ovunque. Essa ricorda un’analoga solenne affermazione della Gaudium et spes: “Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato” (n. 80). Nella Centesimus Annus del 1991, Giovanni Paolo II esclamava: “No, mai più la guerra che distrugge la vita degli innocenti, che insegna a uccidere e sconvolge ugualmente la vita degli uccisori, che lascia dietro di sé uno strascico di rancori e di odi, rendendo più difficile la giusta soluzione degli stessi problemi che l’hanno provocata” (n. 52).
Una trama colorata
Oggi nella percezione comune, questo magistero viene dimenticato o ammorbidito. Sulla scena politica e mediatica, per responsabilità differenti (informative, politiche, ecclesiali), l’intervento episcopale appare quasi esclusivamente attento ai temi della vita nascente, della sessualità e della famiglia. Spesso il panorama si irrigidisce. Quando si affrontano i temi della vita o della famiglia, spuntano sempre due schieramenti contrapposti orientati a esasperare i toni, a dividere il mondo in bene e male, vita e morte, buoni e cattivi. Da un lato si ripropongono costantemente i diritti dell’embrione, il superamento della legge 194, il rifiuto dei patti di solidarietà civile. Dall’altro lato, si ripetono antichi pregiudizi verso la religione cattolica considerata sempre antimoderna, clericale, intollerante. Di fronte ai nodi
Sii lodato, o Signore, per la terra che ci donasti come Patria; e fai che con Essa il Tuo nome sia onorato, che la fede in Te sia Luce che illumini la nostra vita. Dona o Signore, vanto alla nostra Bandiera; gloria eterna ai nostri Eroi; pace, nella Tua Luce, ai nostri Morti.
Noi Ti preghiamo onde voglia rendere il nostro cuore forte come la tempra dei nostri cannoni; puro il nostro animo come la fiamma che erompe dai nostri pezzi.
Fa che aleggino, a noi d’intorno, gli Spiriti dei nostri Caduti; che avvampi a noi la fiamma che ravviva la fragile materia, e l’Anima esalta nell’adempimento del Dovere.
Proteggi, o Signore, la nostra Patria, le nostre famiglie, le nostre case, e noi tutti che in te confidiamo. Benedici!
I credenti, allora, non possono annunciare il messaggio cristiano della vita con processi alle intenzioni, con giudizi perentori, con divieti e condanne. Possono celebrare la bellezza della vita solo in modo globale e gioioso, valorizzando il decisivo contributo femminile. È importante fare sintesi, pensare- vivere i temi della vita e della pace in modo coerente e completo come beni interconnessi, nel contesto di una reciproca fecondazione. È, quindi, urgente sperimentare la costruzione di percorsi comuni, laici-cristiani, riconoscendo la complessità delle problematiche, la dimensione aperta della ricerca e del dialogo, la legittimità di diverse risposte politiche in ambito giuridico, il valore della laicità come progetto di convivialità umana. Benedetto XVI, nel maggio 2005, in occasione della vicenda referendaria sulla procreazione assistita, ha chiesto “misure economiche e legislative che sostengano le giovani famiglie nella generazione e nell’educazione dei figli”, ha ribadito che “ogni essere umano non può mai venire ridotto a un mezzo, ma è sempre un fine”. Ha, poi, aggiunto: “la stessa sollecitudine per il vero bene dell’uomo che ci spinge a prenderci cura delle sorti delle famiglie e del rispetto della vita umana si esprime nell’attenzione ai poveri che abbiamo tra noi, agli ammalati, agli immigrati, ai popoli decimati dalle malattie e dalla fame”.
Pochissimi allora hanno evidenziato questi elementi. La trama colorata della vita e della pace è immensa: superamento dell’aborto, paternità e maternità responsabile, politiche competenti e rispettose nell’ambito dell’interruzione della gravidanza, della fecondazione assistita o della cura di malattie come l’Aids; prevenzione e cura delle varie forme di violenza contro le donne e i bambini; prevenzione e cura dei tossicodipendenti; rispetto delle biodiversità e dei beni essenziali dell’umanità; accoglienza degli immigrati per costruire la cittadinanza umana; attenzione ai problemi delle sorelle e dei fratelli omosessuali; politiche di disarmo, difesa nonviolenta, sicurezza umana; lotta alla morte per fame o per malattie; accesso ai farmaci essenziali; trasparenza per le “banche armate”; riduzione della produzione e del commercio delle armi; sminamento; azione contro la tratta degli esseri umani e le nuove schiavitù, la tortura, la pena di morte, la complicità mafiosa; percorsi di “riconciliazione nella verità e nella giustizia”; lotta alla disoccupazione, al precariato permanente, al caporalato, agli incidenti sul lavoro; educazione alla pace, alla legalità, alla socialità, alla promozione dei diritti umani: sono tutti capitoli dell’unico libro della vita e della pace nella nonviolenza.
Nonviolenti
La passione per la nonviolenza ci porta ad affermare l’urgenza del “non uccidere” e del “non lasciar morire” sempre e ovunque come progetto quotidiano e planetario, come impegno per una rete di politiche preventive e una gestione positiva dei conflitti, l’apertura di percorsi di guarigione e di riconciliazione, l’attivazione di strategie conviviali. È vivere il magistero della prassi, la teologia-pratica della nonviolenza, la laicità credente (sacerdotale-profetica- regale) nella corresponsabilità ecclesiale. La maturazione di una teologia della nonviolenza può essere solo frutto dell’azione comune del popolo di Dio in cammino. “Chi salva una vita salva il mondo”, dicono alcuni testi sacri. L’amore per la pace, che cura la vita sempre e ovunque, custodisce in noi la freschezza dell’alba. È nuova nascita. È parto di un mondo. Se fosse questa la “nuova creazione” di S. Paolo e dell’Apocalisse?