Messaggio del Santo Padre in occasione della Giornata Mondiale della pace 2007
La persona umana, cuore della pace
8 dicembre 2006
1.
All'inizio del nuovo anno, vorrei far giungere ai Governanti e ai Responsabili
delle Nazioni, come anche a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, il
mio augurio di pace. Lo rivolgo, in particolare, a quanti sono nel dolore e
nella sofferenza, a chi vive minacciato dalla violenza e dalla forza delle armi
o, calpestato nella sua dignità, attende il proprio riscatto umano e sociale.
Lo rivolgo ai bambini, che con la loro innocenza arricchiscono l'umanità di
bontà e di speranza e, con il loro dolore, ci stimolano a farci tutti operatori
di giustizia e di pace. Proprio pensando ai bambini, specialmente a quelli il
cui futuro è compromesso dallo sfruttamento e dalla cattiveria di adulti senza
scrupoli, ho voluto che in occasione della Giornata Mondiale della Pace la
comune attenzione si concentrasse sul tema: Persona umana, cuore della pace.
Sono infatti convinto che rispettando la persona si promuove la pace, e
costruendo la pace si pongono le premesse per un autentico umanesimo integrale.
È così che si prepara un futuro sereno per le nuove generazioni.
La persona umana e la pace: dono e compito
2.
Afferma la Sacra Scrittura: « Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di
Dio lo creò; maschio e femmina li creò » (Gn 1,27). Perché creato
ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignità di persona; non è
soltanto qualche cosa, ma qualcuno, capace di conoscersi, di possedersi, di
liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone. Al tempo
stesso, egli è chiamato, per grazia, ad un'alleanza con il suo Creatore, a
offrirgli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare al posto
suo.1 In questa mirabile prospettiva, si comprende il compito
affidato all'essere umano di maturare se stesso nella capacità d'amore e di far
progredire il mondo, rinnovandolo nella giustizia e nella pace. Con un'efficace
sintesi sant'Agostino insegna: « Dio, che ci ha creati senza di noi, non ha
voluto salvarci senza di noi ».2 È pertanto doveroso per tutti gli
esseri umani coltivare la consapevolezza del duplice aspetto di dono e di
compito.
3.
Anche la pace è insieme un dono e un compito. Se è vero che la pace tra
gli individui ed i popoli — la capacità di vivere gli uni accanto agli altri
tessendo rapporti di giustizia e di solidarietà — rappresenta un impegno che
non conosce sosta, è anche vero, lo è anzi di più, che la pace è dono di
Dio. La pace è, infatti, una caratteristica dell'agire divino, che si
manifesta sia nella creazione di un universo ordinato e armonioso come anche
nella redenzione dell'umanità bisognosa di essere recuperata dal disordine del
peccato. Creazione e redenzione offrono dunque la chiave di lettura che
introduce alla comprensione del senso della nostra esistenza sulla terra. Il mio
venerato predecessore Giovanni Paolo II, rivolgendosi all'Assemblea Generale
delle Nazioni Unite il 5 ottobre 1995, ebbe a dire che noi « non viviamo in un
mondo irrazionale o privo di senso [...] vi è una logica morale che illumina
l'esistenza umana e rende possibile il dialogo tra gli uomini e tra i popoli ».3
La trascendente “grammatica”, vale a dire l'insieme di regole dell'agire
individuale e del reciproco rapportarsi delle persone secondo giustizia e
solidarietà, è iscritta nelle coscienze, nelle quali si rispecchia il progetto
sapiente di Dio. Come recentemente ho voluto riaffermare, « noi crediamo che
all'origine c'è il Verbo eterno, la Ragione e non l'Irrazionalità ».4
La pace è quindi anche un compito che impegna ciascuno ad una risposta
personale coerente col piano divino. Il criterio cui deve ispirarsi tale
risposta non può che essere il rispetto della “grammatica” scritta nel
cuore dell'uomo dal divino suo Creatore.
In
tale prospettiva, le norme del diritto naturale non vanno considerate come
direttive che si impongono dall'esterno, quasi coartando la libertà dell'uomo.
Al contrario, esse vanno accolte come una chiamata a realizzare fedelmente
l'universale progetto divino iscritto nella natura dell'essere umano. Guidati da
tali norme, i popoli — all'interno delle rispettive culture — possono così
avvicinarsi al mistero più grande, che è il mistero di Dio. Il riconoscimento
e il rispetto della legge naturale pertanto costituiscono anche oggi la grande
base per il dialogo tra i credenti delle diverse religioni e tra i credenti e
gli stessi non credenti. È questo un grande punto di incontro e, quindi, un
fondamentale presupposto per un'autentica pace.
Il diritto alla vita e alla libertà religiosa
4.
Il dovere del rispetto per la dignità di ogni essere umano, nella cui natura si
rispecchia l'immagine del Creatore, comporta come conseguenza che della
persona non si possa disporre a piacimento. Chi gode di maggiore potere
politico, tecnologico, economico, non può avvalersene per violare i diritti
degli altri meno fortunati. È infatti sul rispetto dei diritti di tutti che si
fonda la pace. Consapevole di ciò, la Chiesa si fa paladina dei diritti
fondamentali di ogni persona. In particolare, essa rivendica il rispetto della vita
e della libertà religiosa di ciascuno. Il rispetto del diritto alla
vita in ogni sua fase stabilisce un punto fermo di decisiva importanza: la
vita è un dono di cui il soggetto non ha la completa disponibilità.
Ugualmente, l'affermazione del diritto alla libertà religiosa pone l'essere
umano in rapporto con un Principio trascendente che lo sottrae all'arbitrio
dell'uomo. Il diritto alla vita e alla libera espressione della propria fede
in Dio non è in potere dell'uomo. La pace ha bisogno che si stabilisca un
chiaro confine tra ciò che è disponibile e ciò che non lo è: saranno così
evitate intromissioni inaccettabili in quel patrimonio di valori che è proprio
dell'uomo in quanto tale.
5.
Per quanto concerne il diritto alla vita, è doveroso denunciare lo
scempio che di essa si fa nella nostra società: accanto alle vittime dei
conflitti armati, del terrorismo e di svariate forme di violenza, ci sono le
morti silenziose provocate dalla fame, dall'aborto, dalla sperimentazione sugli
embrioni e dall'eutanasia. Come non vedere in tutto questo un attentato alla
pace? L'aborto e la sperimentazione sugli embrioni costituiscono la diretta
negazione dell'atteggiamento di accoglienza verso l'altro che è indispensabile
per instaurare durevoli rapporti di pace. Per quanto riguarda poi la libera
espressione della propria fede, un altro preoccupante sintomo di mancanza di
pace nel mondo è rappresentato dalle difficoltà che tanto i cristiani quanto i
seguaci di altre religioni incontrano spesso nel professare pubblicamente e
liberamente le proprie convinzioni religiose. Parlando in particolare dei
cristiani, debbo rilevare con dolore che essi non soltanto sono a volte
impediti; in alcuni Stati vengono addirittura perseguitati, ed anche di recente
si sono dovuti registrare tragici episodi di efferata violenza. Vi sono regimi
che impongono a tutti un'unica religione, mentre regimi indifferenti alimentano
non una persecuzione violenta, ma un sistematico dileggio culturale nei
confronti delle credenze religiose. In ogni caso, non viene rispettato un
diritto umano fondamentale, con gravi ripercussioni sulla convivenza pacifica.
Ciò non può che promuovere una mentalità e una cultura negative per la
pace.
L'uguaglianza di natura di tutte le persone
6.
All'origine di non poche tensioni che minacciano la pace sono sicuramente le
tante ingiuste disuguaglianze ancora tragicamente presenti nel mondo. Tra
esse particolarmente insidiose sono, da una parte, le disuguaglianze
nell'accesso a beni essenziali, come il cibo, l'acqua, la casa, la salute;
dall'altra, le persistenti disuguaglianze tra uomo e donna nell'esercizio dei
diritti umani fondamentali. Costituisce un elemento di primaria importanza
per la costruzione della pace il riconoscimento dell'essenziale uguaglianza
tra le persone umane, che scaturisce dalla loro comune trascendente dignità.
L'uguaglianza a questo livello è quindi un bene di tutti inscritto in quella
“grammatica” naturale, desumibile dal progetto divino della creazione; un
bene che non può essere disatteso o vilipeso senza provocare pesanti
ripercussioni da cui è messa a rischio la pace. Le gravissime carenze di cui
soffrono molte popolazioni, specialmente del Continente africano, sono
all'origine di violente rivendicazioni e costituiscono pertanto una tremenda
ferita inferta alla pace.
7.
Anche la non sufficiente considerazione per la condizione femminile
introduce fattori di instabilità nell'assetto sociale. Penso allo sfruttamento
di donne trattate come oggetti e alle tante forme di mancanza di rispetto per la
loro dignità; penso anche — in contesto diverso — alle visioni
antropologiche persistenti in alcune culture, che riservano alla donna una
collocazione ancora fortemente sottomessa all'arbitrio dell'uomo, con
conseguenze lesive per la sua dignità di persona e per l'esercizio delle stesse
libertà fondamentali. Non ci si può illudere che la pace sia assicurata finché
non siano superate anche queste forme di discriminazione, che ledono la dignità
personale, inscritta dal Creatore in ogni essere umano.5
L'« ecologia della pace »
8.
Scrive Giovanni Paolo II nella Lettera enciclica Centesimus annus: « Non
solo la terra è stata data da Dio all'uomo, che deve usarla rispettando
l'intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata; ma l'uomo
è stato donato a se stesso da Dio e deve, perciò, rispettare la struttura
naturale e morale, di cui è stato dotato ».6 È rispondendo a
questa consegna, a lui affidata dal Creatore, che l'uomo, insieme ai suoi
simili, può dar vita a un mondo di pace. Accanto all'ecologia della natura c'è
dunque un'ecologia che potremmo dire “umana”, la quale a sua volta richiede
un”‘ecologia sociale”. E ciò comporta che l'umanità, se ha a cuore la
pace, debba tenere sempre più presenti le connessioni esistenti tra l'ecologia
naturale, ossia il rispetto della natura, e l'ecologia umana. L'esperienza
dimostra che ogni atteggiamento irrispettoso verso l'ambiente reca danni alla
convivenza umana, e viceversa. Sempre più chiaramente emerge un nesso
inscindibile tra la pace con il creato e la pace tra gli uomini. L'una e l'altra
presuppongono la pace con Dio. La poesia-preghiera di San Francesco, nota anche
come « Cantico di Frate Sole », costituisce un mirabile esempio — sempre
attuale — di questa multiforme ecologia della pace.
9.
Ci aiuta a comprendere quanto sia stretto questo nesso tra l'una ecologia e
l'altra il problema ogni giorno più grave dei rifornimenti energetici.
In questi anni nuove Nazioni sono entrate con slancio nella produzione
industriale, incrementando i bisogni energetici. Ciò sta provocando una corsa
alle risorse disponibili che non ha confronti con situazioni precedenti. Nel
frattempo, in alcune regioni del pianeta si vivono ancora condizioni di grande
arretratezza, in cui lo sviluppo è praticamente inceppato anche a motivo del
rialzo dei prezzi dell'energia. Che ne sarà di quelle popolazioni? Quale genere
di sviluppo o di non-sviluppo sarà loro imposto dalla scarsità di rifornimenti
energetici? Quali ingiustizie e antagonismi provocherà la corsa alle fonti di
energia? E come reagiranno gli esclusi da questa corsa? Sono domande che pongono
in evidenza come il rispetto della natura sia strettamente legato alla necessità
di tessere tra gli uomini e tra le Nazioni rapporti attenti alla dignità della
persona e capaci di soddisfare ai suoi autentici bisogni. La distruzione
dell'ambiente, un suo uso improprio o egoistico e l'accaparramento violento
delle risorse della terra generano lacerazioni, conflitti e guerre, proprio
perché sono frutto di un concetto disumano di sviluppo. Uno sviluppo infatti
che si limitasse all'aspetto tecnico-economico, trascurando la dimensione
morale-religiosa, non sarebbe uno sviluppo umano integrale e finirebbe, in
quanto unilaterale, per incentivare le capacità distruttive dell'uomo.
Visioni riduttive dell'uomo
10.
Urge pertanto, pur nel quadro delle attuali difficoltà e tensioni
internazionali, impegnarsi per dar vita ad un'ecologia umana che favorisca la
crescita dell'« albero della pace ». Per tentare una simile impresa è
necessario lasciarsi guidare da una visione della persona non viziata da
pregiudizi ideologici e culturali o da interessi politici ed economici, che
incitino all'odio e alla violenza. È comprensibile che le visioni dell'uomo
varino nelle diverse culture. Ciò che invece non si può ammettere è che
vengano coltivate concezioni antropologiche che rechino in se stesse il
germe della contrapposizione e della violenza. Ugualmente inaccettabili sono concezioni
di Dio che stimolino all'insofferenza verso i propri simili e al ricorso
alla violenza nei loro confronti. È questo un punto da ribadire con chiarezza:
una guerra in nome di Dio non è mai accettabile! Quando una certa
concezione di Dio è all'origine di fatti criminosi, è segno che tale
concezione si è già trasformata in ideologia.
11.
Oggi, però, la pace non è messa in questione solo dal conflitto tra le visioni
riduttive dell'uomo, ossia tra le ideologie. Lo è anche dall'indifferenza
per ciò che costituisce la vera natura dell'uomo. Molti contemporanei
negano, infatti, l'esistenza di una specifica natura umana e rendono così
possibili le più stravaganti interpretazioni dei costitutivi essenziali
dell'essere umano. Anche qui è necessaria la chiarezza: una visione « debole
» della persona, che lasci spazio ad ogni anche eccentrica concezione, solo
apparentemente favorisce la pace. In realtà impedisce il dialogo autentico ed
apre la strada all'intervento di imposizioni autoritarie, finendo così per
lasciare la persona stessa indifesa e, conseguentemente, facile preda
dell'oppressione e della violenza.
Diritti umani e Organizzazioni internazionali
12.
Una pace vera e stabile presuppone il rispetto dei diritti dell'uomo. Se però
questi diritti si fondano su una concezione debole della persona, come non ne
risulteranno anch'essi indeboliti? Si rende qui evidente la profonda
insufficienza di una concezione relativistica della persona, quando si
tratta di giustificarne e difenderne i diritti. L'aporia in tal caso è palese:
i diritti vengono proposti come assoluti, ma il fondamento che per essi si
adduce è solo relativo. C'è da meravigliarsi se, di fronte alle esigenze
“scomode” poste dall'uno o dall'altro diritto, possa insorgere qualcuno a
contestarlo o a deciderne l'accantonamento? Solo se radicati in oggettive
istanze della natura donata all'uomo dal Creatore, i diritti a lui attribuiti
possono essere affermati senza timore di smentita. Va da sé, peraltro, che i
diritti dell'uomo implicano a suo carico dei doveri. Bene sentenziava, al
riguardo, il mahatma Gandhi: « Il Gange dei diritti discende
dall'Himalaia dei doveri ». È solo facendo chiarezza su questi presupposti di
fondo che i diritti umani, oggi sottoposti a continui attacchi, possono essere
adeguatamente difesi. Senza tale chiarezza, si finisce per utilizzare la stessa
espressione, ‘diritti umani’ appunto, sottintendendo soggetti assai diversi
fra loro: per alcuni, la persona umana contraddistinta da dignità permanente e
da diritti validi sempre, dovunque e per chiunque; per altri, una persona dalla
dignità cangiante e dai diritti sempre negoziabili: nei contenuti, nel tempo e
nello spazio.
13.
Alla tutela dei diritti umani fanno costante riferimento gli Organismi
internazionali e, in particolare, l'Organizzazione delle Nazioni Unite, che con
la Dichiarazione Universale del 1948 si è prefissata, quale compito
fondamentale, la promozione dei diritti dell'uomo. A tale Dichiarazione si
guarda come ad una sorta di impegno morale assunto dall'umanità intera.
Ciò ha una sua profonda verità soprattutto se i diritti descritti nella
Dichiarazione sono considerati come aventi fondamento non semplicemente nella
decisione dell'assemblea che li ha approvati, ma nella natura stessa dell'uomo e
nella sua inalienabile dignità di persona creata da Dio. È importante,
pertanto, che gli Organismi internazionali non perdano di vista il fondamento
naturale dei diritti dell'uomo. Ciò li sottrarrà al rischio, purtroppo sempre
latente, di scivolare verso una loro interpretazione solo positivistica. Se ciò
accadesse, gli Organismi internazionali risulterebbero carenti
dell'autorevolezza necessaria per svolgere il ruolo di difensori dei diritti
fondamentali della persona e dei popoli, principale giustificazione del loro
stesso esistere ed operare.
Diritto internazionale umanitario e diritto interno degli Stati
14.
A partire dalla consapevolezza che esistono diritti umani inalienabili connessi
con la comune natura degli uomini, è stato elaborato un diritto
internazionale umanitario, alla cui osservanza gli Stati sono impegnati
anche in caso di guerra. Ciò purtroppo non ha trovato coerente attuazione, a
prescindere dal passato, in alcune situazioni di guerra verificatesi di recente.
Così, ad esempio, è avvenuto nel conflitto che mesi fa ha avuto per teatro il
Libano del Sud, dove l'obbligo di proteggere e aiutare le vittime innocenti e di
non coinvolgere la popolazione civile è stato in gran parte disatteso. La
dolorosa vicenda del Libano e la nuova configurazione dei conflitti, soprattutto
da quando la minaccia terroristica ha posto in atto inedite modalità di
violenza, richiedono che la comunità internazionale ribadisca il diritto
internazionale umanitario e lo applichi a tutte le odierne situazioni di
conflitto armato, comprese quelle non previste dal diritto internazionale in
vigore. Inoltre, la piaga del terrorismo postula un'approfondita riflessione sui
limiti etici che sono inerenti all'utilizzo degli strumenti odierni di tutela
della sicurezza nazionale. Sempre più spesso, in effetti, i conflitti non
vengono dichiarati, soprattutto quando li scatenano gruppi terroristici decisi a
raggiungere con qualunque mezzo i loro scopi. Dinanzi agli sconvolgenti scenari
di questi ultimi anni, gli Stati non possono non avvertire la necessità di
darsi delle regole più chiare, capaci di contrastare efficacemente la
drammatica deriva a cui stiamo assistendo. La guerra rappresenta sempre un
insuccesso per la comunità internazionale ed una grave perdita di umanità.
Quando, nonostante tutto, ad essa si arriva, occorre almeno salvaguardare i
principi essenziali di umanità e i valori fondanti di ogni civile convivenza,
stabilendo norme di comportamento che ne limitino il più possibile i danni e
tendano ad alleviare le sofferenze dei civili e di tutte le vittime dei
conflitti.7
15.
Altro elemento che suscita grande inquietudine è la volontà, manifestata di
recente da alcuni Stati, di dotarsi di armi nucleari. Ne è risultato
ulteriormente accentuato il diffuso clima di incertezza e di paura per una
possibile catastrofe atomica. Ciò riporta gli animi indietro nel tempo, alle
ansie logoranti del periodo della cosiddetta « guerra fredda ». Dopo di allora
si sperava che il pericolo atomico fosse definitivamente scongiurato e che
l'umanità potesse finalmente tirare un durevole sospiro di sollievo. Quanto
appare attuale, a questo proposito, il monito del Concilio Ecumenico Vaticano II:
« Ogni azione bellica che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere
città o di vaste regioni con i loro abitanti è un crimine contro Dio e contro
l'uomo, che deve essere condannato con fermezza e senza esitazione ».8
Purtroppo ombre minacciose continuano ad addensarsi all'orizzonte dell'umanità.
La via per assicurare un futuro di pace per tutti è rappresentata non solo da
accordi internazionali per la non proliferazione delle armi nucleari, ma
anche dall'impegno di perseguire con determinazione la loro diminuzione e il
loro definitivo smantellamento. Niente si lasci di intentato per arrivare, con
la trattativa, al conseguimento di tali obiettivi! È in gioco il destino
dell'intera famiglia umana!
La Chiesa a tutela della trascendenza della persona umana
16.
Desidero, infine, rivolgere un pressante appello al Popolo di Dio, perché ogni
cristiano si senta impegnato ad essere infaticabile operatore di pace e strenuo
difensore della dignità della persona umana e dei suoi inalienabili diritti.
Grato al Signore per averlo chiamato ad appartenere alla sua Chiesa che, nel
mondo, è « segno e tutela della trascendenza della persona umana »,9
il cristiano non si stancherà di implorare da Lui il fondamentale bene della
pace che tanta rilevanza ha nella vita di ciascuno. Egli inoltre sentirà la
fierezza di servire con generosa dedizione la causa della pace, andando incontro
ai fratelli, specialmente a coloro che, oltre a patire povertà e privazioni,
sono anche privi di tale prezioso bene. Gesù ci ha rivelato che « Dio è
amore » (1 Gv 4,8) e che la vocazione più grande di ogni persona è
l'amore. In Cristo noi possiamo trovare le ragioni supreme per farci fermi
paladini della dignità umana e coraggiosi costruttori di pace.
17.
Non venga quindi mai meno il contributo di ogni credente alla promozione di un
vero umanesimo integrale, secondo gli insegnamenti delle Lettere encicliche
Populorum progressio e Sollicitudo rei socialis, delle quali ci
apprestiamo a celebrare proprio quest'anno il 40o e il 20o
anniversario. Alla Regina della Pace, Madre di Gesù Cristo « nostra pace » (Ef
2,14), affido la mia insistente preghiera per l'intera umanità all'inizio
dell'anno 2007, a cui guardiamo — pur tra pericoli e problemi — con cuore
colmo di speranza. Sia Maria a mostrarci nel Figlio suo la Via della pace, ed
illumini i nostri occhi, perché sappiano riconoscere il suo Volto nel volto di
ogni persona umana, cuore della pace!
Dal
Vaticano, 8 Dicembre 2006.
Benedictus
PP XVI
1Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 357.
2Sermo 169, 11, 13: PL 38, 923.
3N. 3.
4Omelia all'Islinger Feld di Regensburg (12 settembre 2006).
5Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo (31 maggio 2004), nn. 15-16.
6N. 38.
7A tale riguardo, il Catechismo della Chiesa Cattolica ha dettato criteri molto severi e precisi: cfr nn. 2307-2317.
8Cost. past. Gaudium et spes, 80.
9Conc. Ecum. Vat. II, ibid. n. 76.