La povertà è peccato
La Campagna delle Nazioni Unite sugli Obiettivi del Millennio, fortemente voluta da Kofi Annan a due anni dalla Dichiarazione sottoscritta nel 2000 da 189 Governi, ha l’obiettivo di contribuire a rafforzare l’efficacia delle politiche di lotta alla povertà attraverso la mobilitazione e la raccolta di voci che – numerosissime – chiedono un mondo migliore. La pressione dell’opinione pubblica e di quei cittadini consapevoli dell’importanza di porre la lotta alla povertà tra le priorità politiche dei governi, la determinazione di milioni di persone che pretendono che gli impegni internazionali siano mantenuti, sono alla base dell’azione della Campagna che trasferisce queste voci all’interno delle istituzioni. L’organizzazione di eventi cui partecipano centinaia di migliaia di persone, dunque, non è fine a se stessa. Queste persone ci chiedono di raccogliere la grande energia, passione e voglia di contribuire a un mondo più giusto che si sprigiona in queste occasioni in un percorso quotidiano che possa veramente far comprendere ai leader che ci governano che lottare contro la povertà è in primis una questione di giustizia, ma anche di lungimiranza, perché un mondo con meno
Il traguardo: dimezzare, entro il 2015, la percentuale di persone che vivono con
meno di un dollaro al giorno e di persone che soffrono la fame.
2. Raggiungere l'istruzione primaria universale
Il traguardo: assicurare, entro il 2015, che in ogni luogo i bambini e le bambine
siano in grado di portare a termine un ciclo completo di istruzione primaria.
3. Promuovere l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne
Il traguardo: eliminare la disuguaglianza di genere nell’istruzione primaria e secondaria
preferibilmente entro il 2005 e a tutti i livelli di istruzione entro il 2015.
4. Diminuire la mortalità infantile
Il traguardo: ridurre di due terzi, entro il 2015, il tasso di mortalità infantile al di
sotto dei cinque anni d’età.
5. Migliorare la salute materna
Il traguardo: ridurre di tre quarti, entro il 2015, il tasso di mortalità materna.
6. Combattere l’HIV/AIDS, la malaria e le altre malattie
Il traguardo: arrestare, entro il 2015, e invertire la tendenza alla diffusione dell’HIV/
AIDS, della malaria e di altre malattie, quali la tubercolosi.
7. Assicurare la sostenibilità ambientale
Il traguardo: integrare i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi
dei Paesi, arrestare la perdita delle risorse ambientali, dimezzare il numero
di persone che non hanno accesso all’acqua potabile.
8. Sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo sostenibile
I 189 Stati membri delle Nazioni Unite che nel 2000 hanno sottoscritto la dichiarazione
del millennio si sono impegnati a costruire un partenariato per lo sviluppo
sostenibile, attraverso politiche e azioni concrete volte a eliminare la povertà: la
cooperazione allo sviluppo, un commercio internazionale che risponda ai bisogni
dei Paesi poveri, la riduzione e la cancellazione del debito dei Paesi più poveri,
il trasferimento di tecnologie.
(fonte: Campagna delle Nazioni Unite sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio - Italia)
Stand up
Il 15 e 16 ottobre, alla vigilia della giornata mondiale di lotta alla povertà, è accaduto proprio questo. Quasi 25 milioni di persone, nell’arco di 24 ore, hanno deciso di registrare il proprio nome in segno di adesione allo “STAND UP contro la povertà, per gli Obiettivi del Millennio” promosso dalla Campagna.
Dai villaggi più remoti del nord della Nigeria alle scuole in Canada, dalle autorità locali nelle Filippine agli stadi di Germania, dalle periferie di Gaza e dell’America Latina alle chiese del Malawi, dalle autorità spirituali in India a Times Square a New York, dalle mobilitazioni in Spagna a quelle in Australia... in quasi 12.000 eventi e in 100 Paesi, milioni di persone si sono alzate insieme per dire ai propri leader: “Dobbiamo porre fine alla povertà, all’analfabetizzazione, alle malattie.Abbiamo meno di 10 anni per raggiungere gli Obiettivi del Millennio, non accettiamo più scuse”.
L’Italia ha risposto con grande entusiasmo all’appello delle Nazioni Unite. Più di 2.600 eventi sono stati organizzati (molti sorti spontaneamente) su tutto il territorio, quasi 270.000 persone si sono registrate sul sito della Campagna per dire “non ci sono più scuse, non le accettiamo più”.
Anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto unire la sua voce a quelle che oggi si levano sempre più numerose per invocare il rispetto degli impegni assunti allorché, sei anni or sono, fu solennemente approvata la Dichiarazione del Millennio [nell’augurio che questi] sforzi valgano a rinnovare oggi la visione, lo spirito e l’impegno che animarono l’adozione universale della Dichiarazione del Millennio. Un messaggio importante, simbolo di questa unione tra la volontà dei cittadini e l’impegno, necessario, delle istituzioni.
Il ruolo dell’Italia
La vera sfida, dunque, è proprio adesso, ora che c’è un mandato popolare così importante. L’Italia si trova a dover recuperare molto del tempo perduto. Anche l’Italia, infatti, nel 2000 ha promesso che non “risparmierà alcuno sforzo” per aumentare gli aiuti ai Paesi poveri e per migliorare la qualità e l’efficacia di questi aiuti, per cancellare il debito dei Paesi in cui gli Obiettivi del Millennio sono a rischio, e per promuovere politiche commerciali che offrano effettive opportunità di mercato ai prodotti delle popolazioni
L’Italia, infatti, si è impegnata a dare lo 0,7% del proprio PIL in aiuto pubblico allo sviluppo (APS), risorse, cioè, impiegate per sconfiggere la povertà nei Paesi del Sud del mondo.
Lo ha promesso a New York nel 2000, lo ha ribadito a Barcellona nel 2002 (al Consiglio dei Ministri dell’UE, dove si è impegnata a raggiungere lo 0,33% entro il 2006) e nel 2005 a Bruxelles (al Consiglio Europeo, dove si è impegnata a raggiungere lo 0,51% entro il 2010 condizionando, unico Paese, tale impegno alla situazione economico-finanziaria del Paese e lo 0,7% entro il 2015. Anche la Germania aveva posto la stessa condizione, venuta meno il 22 gennaio 2006, quando il Cancelliere Angela Merkel ha dichiarato il suo impegno incondizionato al Vertice di Davos).
Promesse disattese
Ed ecco il dato che indigna centinaia di migliaia di italiani: nonostante le promesse e gli impegni assunti in questi importanti fora internazionali, l’Italia non solo è lontana dal raggiungere lo 0,7%, ma è agli ultimi posti della classifica dei donatori. Mentre la media europea è dello 0,46% del PIL destinato all’APS e quella dei Paesi donatori dell’OCSE dello 0,47% nel 2004 l’Italia ha donato solo lo 0,15%. Nel 2005 ha raggiunto lo 0,29%, ma è opportuno segnalare che questo dato è comprensivo della cancellazione del debito, degli aiuti per lo Tsunami che ha colpito il Sud Est asiatico nel 2004 e dell’una tantum agli istituti finanziari internazionali.
Che cosa è accaduto con lo STAND UP del 15-16 ottobre? 270.000 cittadini si sono alzati per chiedere al nostro Governo di invertire la rotta, di recuperare il tempo perduto, di non lasciare alla lotta alla povertà le briciole di una finanziaria, ma di inserire questo impegno nella programmazione politica e strategica del Paese. Sappiamo che la quantità degli aiuti da sola non basta e che è necessario accompagnarla anche dalla qualità, ovvero dalla sicurezza che questi aiuti arrivino effettivamente ai più poveri, come per esempio ai Paesi dell’Africa Sub Sahariana, eliminando pratiche di cooperazione che non sono degne di tale nome, quali l’aiuto legato che impone ai Paesi beneficiari di acquistare beni e servizi del Paese donatore (i Paesi dell’OCSE si sono peraltro impegnati a cancellare questa prassi che in Italia è ancora troppo presente) e armonizzando le procedure di erogazione degli aiuti.
Tuttavia, la scarsità di risorse con cui l’Italia contribuisce al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio, non può che essere trattata come un’urgenza. Va anche ricordato che le ristrettezze economiche non hanno impedito ad altri partner, per esempio quelli europei, di mantenere gli impegni presi.
Impegno reciproco
La bellezza della Dichiarazione del Millennio, inoltre, sta nel fatto che non sono solo i Paesi ricchi a essersi impegnati per far uscire milioni di persone dalla povertà estrema, ma anche i Paesi poveri. I primi sette Obiettivi, infatti, sono di responsabilità primaria dei Paesi più poveri che si sono impegnati a porre in essere politiche di buon governo, quali la lotta alla corruzione e la promozione di riforme istituzionali. Tuttavia se i Paesi ricchi non mantengono l’impegno dell’ottavo Obiettivo, tutti gli sforzi dei Paesi più poveri risulteranno vani. Il segreto del successo del raggiungimento di certi Obiettivi, come per esempio in Mozambico, sta proprio nell’attuazione degli impegni da parte sia dei Paesi donatori che del Paese beneficiario. E se la si è fatta in un Paese, non si vede perché non ce la si possa fare anche in altri. Ancora una volta si tratta di volontà politica.
È per questo che le Nazioni Unite, con la Campagna sugli Obiettivi del Millennio e con lo STAND UP in particolare, sono “scese in piazza”. Infatti se da un lato continueremo il nostro dialogo con le istituzioni (siamo in procinto di lanciare anche un gruppo di parlamentari di entrambi gli schieramenti per gli Obiettivi del Millennio), dall’altro saremo al fianco, insieme al Coordinamento Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, alle autorità locali che sempre più numerose sostengono gli Obiettivi del Millennio, stiamo costruendo una rete di scuole per il Millennio, lavoriamo con i grandi movimenti, le organizzazioni non governative, le associazioni religiose, gli scouts, perché sono in molti a credere che siamo la prima generazione che può sconfiggere la povertà e che ci rifiutiamo di perdere questa occasione.Ora lo sanno anche i leader di governo e non avranno più scuse per non mantenere le promesse.