Più strumenti civili di promozione della pace e gestione dei conflitti per l'Italia
Nel dibattito italiano di questi mesi
sul come intervenire nei conflitti internazionali c'è un grande assente: la
gestione civile dei conflitti.
Non si tratta di qualche trovata
utopica, ma di una serie di misure che, ad esempio, l'Unione Europea ha
intrapreso dal 2000 e che ha portato il Consiglio Europeo a darsi, lo scorso
anno, un percorso per il potenziamento delle capacità civili di intervento
nelle crisi per il 2008, che prevede tra l'altro Corpi Civili di Risposta Rapida
(Civilian Response Teams). Anche a livello nazionale altri paesi europei
stanno decisamente imboccando questa strada, come la Germania con il suo Piano
per la Prevenzione dei conflitti armati (con 128 misure concrete, tutte
rigorosamente non militari). Senza dimenticare i reiterati appelli del
Parlamento Europeo per creare i Corpi Civili di Pace Europei.
L'intervento di team civili nei
conflitti è al momento attuato, ad esempio, da OSCE, Unione Europea nelle
missioni PESD e in progetti di peacebuilding finanziati dalla Commissione, dai
Servizi Civili di Pace del governo tedesco, etc.
A questo quadro si aggiunge la
peculiarità dell'esperienza italiana: la società civile nelle sue diverse
espressioni ha espresso interventi che, accomunati dalla scelta nonviolenta,
hanno realizzato già a partire dai primi anni 90 una costruzione della pace dal
basso con una qualità ed una fantasia che hanno pochi termini di paragone in
Europa e probabilmente nel mondo. Sia
che si trattasse di interventi di interposizione, di diplomazia popolare, di
ricostruzione del tessuto civile, di riattivazione di processi democratici, di
accompagnamento civile, tutti nell'ottica non partigiana di una riconciliazione
tra le parti, hanno svolto il ruolo di un corpo civile di pace. Nonostante ciò
in questi anni gli interlocutori istituzionali sono stati in Italia quasi
unicamente gli Enti Locali (comuni, provincie, provincie autonome, regioni),
mentre alcune esperienze sono stati riconosciute e sostenute dalle istituzioni
europee. Il dialogo con il governo nazionale, invece, si è spesso arenato di
fronte al fatto che questi interventi non erano riconducibili ad azioni di
cooperazione intese in senso classico.
Parallelamente si è sviluppata, per la
tenace lotta della società civile, una legislazione estremamente avanzata in
materia di obiezione di coscienza che ha portato la possibilità per gli
obiettori di un intervento civile all'estero ( primo caso al mondo) e
recentemente alla nascita di un comitato consultivo sulla difesa civile.
Le associazioni firmatarie ribadiscono
al Governo italiano la necessità di:
1.
affiancare in modo netto agli obiettivi di politica
estera, sia europea che italiana, il peacebuilding civile,
valorizzando le miriadi di esperienze di diplomazia popolare di cui sono
portatrici organizzazioni della società civile italiana ed europea e prevedendo
un sostegno e adeguati finanziamenti in aggiunta agli obiettivi della
cooperazione allo sviluppo. I progetti focalizzati sulla costruzione
della pace sono a pieno titolo parte della cooperazione allo sviluppo. Recenti
documenti unanimi dell'Unione Europe (European Consensus on Development) e dei
governi donatori (OECD-DAC) lo ribadiscono.
2.
Occorre un referente
politico (ad esempio un vice-ministro) e una struttura riconoscibile e
trasparente incaricata di seguire in maniera continuativa le iniziative
politiche di prevenzione dei conflitti violenti, di gestione civile delle crisi
e di mediazione di pace e di riconciliazione post-conflitto. In particolare c'è
bisogno di una iniziativa forte di coordinamento delle attività esistenti e di
finanziamento di progetti sul campo..Cio' faciliterebbe
la costituzione di una vera e propria «filiera» della pace, fornendo
sapere e progettualità in maniera coerente per politiche di prevenzione e
soluzioni civili dei conflitti in tutti i principali ambiti di politica estera:
dall'Unione europea all'Osce, all'Onu, dalla cooperazione allo sviluppo, alle
politiche commerciali, fino ad arrivare al settore cruciale del commercio di
armi. A livello europeo, la gestione civile delle crisi esiste ma è
enormemente sottodimensionata rispetto a quella militare, e spesso i paesi
nordici sono lasciati praticamente soli a difenderla. L'Italia ha possibilità e
interesse a rinforzare gli strumenti europei in questo ambito, specialmente in
termini di apertura alla società civile.
3.
Il nuovo governo dovrà
realizzare (come da suo programma elettorale) al più presto
i corpi civili di pace, che combinino il meglio degli approcci ai
servizi civili di pace già esistenti in altri paesi europei: la Germania
col suo Servizio civile di Pace fatto di piccoli team di esperti a lungo
termine, la Svizzera e la Norvegia con la preparazione e il finanziamento di
esperti civili rapidamente disponibili per le agenzie ONU, partecipazione a
coalizioni internazionali della società civile (come Nonviolent Peaceforce) che
inviano peace teams a
protezione e supporto delle iniziative locali di pace nei paesi in conflitto,
alle specificità proprie del contesto italiano, sinergizzando ad esempio la
risorsa del servizio civile volontario che già prevede la sperimentazione di «forme
di difesa non armata e nonviolenta» anche all’estero e il relativo Comitato
Nazionale con le attività nell’ambito cooperazione internazionale
4.
Con questi strumenti a
disposizione, l'Italia potrebbe
mettere in cantiere iniziative politiche forti, istituzionali e della società
civile, per prevenire possibili escalation in zone a rischio. Le
sperimentazioni in materia non dovrebbero attendere i tempi biblici di una
riforma complessiva ma partire immediatamente in aree dove la presenza italiana
ha particolari responsabilità o esperienza, coma ad esempio in Libano con
l’avvio di una missione esplorativa per l’invio di un corpo civile di pace
nel paese.
5.
In Italia la ricerca per la pace è ancora poco
sviluppata con poche iniziative e pochissimi finanziamenti disponibili. Vanno
rilanciati i corsi di laurea, di dottorato e i corsi professionalizzanti che
prepareranno una nuova generazione di operatori di pace in grado di intervenire
nei conflitti, ma in parallelo va anche sostenuta la definizione di un
“Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace e la Risoluzione dei
Conflitti” (o “Scuola Superiore diStudi sulla Pace” come è stato
rinominato recentemente). La necessità di un think tank italiano sulle
tematiche della pace e della guerra in grado di realizzare studi, formulare
proposte policy oriented e produrre alternative alle soluzioni militari
e/o della cooperazione commerciale è
sotto gli occhi di tutti.. Non bastano più gli sforzi volontari delle tante
associazioni, centri studi, corsi universitari che lavorano su queste tematiche,
c'è bisogno di una iniziativa istituzionale in questo senso e di un
riconoscimento pieno e pubblico per la creazione di un "Centro" in
grado di produrre ed elaborare dati con un approccio ispirato alla Peace
Research. Il ritardo dell'Italia in questo campo è demoralizzante, basta
ricordare che il PRIO - Peace Research Istitute di Oslo è stato fondato nel
1959. Nella scorsa legislatura, grazie ad una campagna promossa da MIR e CSDC,
cofinanziata da Banca Etica, sono state presentate diverse proposte di legge sul
tema. Dunque un
Istituto di ricerca e formazione sulla pace e i conflitti, sul modello degli
istituti dei paesi del nord Europa (come il Sipri svedese o il Zivik tedesco)
6.
Commissione per il Peacebuilding.
Le forze armate o di polizia possono svolgere un compito importante per porre
argine alla violenza, sotto mandato delle istituzioni politiche di controllo
(parlamento in Italia, ONU in ambito internazionale). Eppure non è semplice
garantire che l’obiettivo prioritario dell'azione militare sia creare uno
spazio di tregua affinché i civili possano ristabilire condizioni pacifiche di
convivenza e ricostruire le infrastrutture. L'ONU, nel corso della riforma
attuata nel 2005, ha creato un nuovo organo, la "Commissione per il
Peacebuilding", che ha il compito di coniugare controllo della violenza,
ritorno alla normalità in situazioni post-conflitto e gestione dei processi di
ricostruzione (http://www.un.org/peace/peacebuilding/).
7.
Promuovere una forte azione culturale sui temi del disarmo la mediazione
e la risoluzione nonviolenta dei conflitti su tutto il territorio nazionale.
Anche per questo pensiamo sia necessario una
nuova ricostituzione del
Comitato Consultivo DCNANV. In
Italia ci sono istituiti corsi di laurea sulla pace e vi sono numerose scuole di peace
keeping civile; il personale italiano inviato in missioni civili ONU e OSCE
viene spesso reclutato tra
questi soggetti, Inoltre vi sono numerose
attivita’ di riceca per una soluzione nonviolenta nei conflitti internazionali
realizzate da numerose ONG attive in questo campo. Si chiede pertanto alle
istituzioni governative nazionali di riaprire un dialogo
tra tutti i soggetti che si sono occupati di DCNANV per ricostituire il
comitato consultivo, perche’ e’ necessario rivitalizzare un processo
istituzionale per promuovere una iniziativa di Corpi Civili di Pace sul
territorio nazionale sulla base delle normative vigenti. Crediamo che le
numerose emergenze sociali in Italia siano da affrontare anche con questo
importante strumento civile, e le numerose esperienze
gia’ attuate negli anni in raccordo con gli enti locali di varie
regioni italiane sono una documentazione sufficiente, per iniziare a formulare
progetti in tal senso.
Alcuni documenti internazionali:
-
European
Commission, Communication on Conflict Prevention (COM(2001)
211 - C5-0458/2001 - 2001/2182(COS),
April 2001
-
European Parliament resolution (A5-0394/2001)
on the Commission communication on Conflict Prevention (COM(2001) 211 -
C5-0458/2001 - 2001/2182(COS), December 2001
-
OSCE, Carta per la Sicurezza in Europa,
art.42, Istanbul 1999
-
OEACD-DAC, meeting March 2005...
-
European Consensus on Development, 2006....
Promosso
da :
-
Rete Italiana disarmo , Rete IPRI-Corpi Civili di Pace,
Rete Caschi Bianchi, Rete Lilliput, Noviolent Peaceforce Europe, European
Network for Civilian Peace Services Operazione Colomba, Csdc, Pax
Christi, Libera, Servizio Civile Internazionale, Assopace, Un ponte per, Beati
Costruttori di Pace, Centro Gandhi e gruppo Jagerstatter di Pisa, Movimento
Nonviolento, Action for Peace/Fiom, Un Ponte Per .