CCCP... Censura Crimini Cecenia Putin
“Io vivo la mia vita e scrivo di ciò che vedo”, ripeteva la giornalista russa Anna Politkovskaja. Ma ha visto e scritto troppo: è stata uccisa il 7 ottobre 2006. Per ricordarla, e aiutare chi coraggiosamente si ostina, come lei, a “raccontare quel che vede”, a Bologna lo scorso 10 febbraio le Donne in nero hanno organizzato una “Giornata per Anna Politkovskaja”.
“Noi Donne in nero ci opponiamo alla violenza a partire dalle relazioni che costruiamo con altre donne nei luoghi dei conflitti”, dice Patricia Tough. Francesca Sforza, inviata de “La Stampa”, racconta che per due volte è entrata da clandestina in Cecenia perché i giornalisti embedded “servono a poco”. La censura è quasi totale: l’unica organizzazione – Memoriale – che in Cecenia si batte per difendere i diritti umani quando riesce a raccogliere le denunce è comunque costretta a pubblicarle anonime. Durante la giornata prima Elena Dundovich che è tra le fondatrici della sezione italiana di Memoriale (nato negli anni ’80 in Urss come istituto di ricerca sulle vittime dello stalinismo, oggi è l’unica organizzazione per la difesa dei diritti umani presente in quasi tutti i Paesi dell’Est europeo) poi Roberta Freudiani, traduttrice della ricerca Le fidanzate di Allah (manifesto libri) di Julia Juziki, aiutano a capire cosa davvero succede nella Russia di una transizione ambigua e autoritaria e nel Caucaso dimenticato.
Scrittori in esilio
Nel pomeriggio c’è Majnat Abdullaeva: 32 anni, giornalista cecena esiliata in Germania, ora inserita nel programma del centro Pen Scrittori in esilio che sostiene scrittori e giornalisti perseguitati per ragioni politiche. Carmela Lavorato, avvocata dei Giuristi democratici, affronta il tema del femminicidio (cfr il sito
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