Quelle relazioni pericolose
Era implicato in affari di armi il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, il banchiere trovato impiccato nel giugno 1982 sotto un ponte a Londra. Una delle grandi operazioni degli anni ’70 era stato il finanziamento della vendita di fregate italiane al Perù, ma l’operazione più rischiosa si rivelò il sostegno dato agli acquisti di armi dell’Argentina dei generali e dei desaparecidos. Era traffico di armi e droga quello per cui saltò la Bank of Credit and Commerce International, l’equivoca “banca islamica” degli anni ’80. Erano forniture strategiche quelle che si
Alla DIREZIONE GENERALE – Banca …….
Gentile Direttore,
nella Relazione che ogni anno il Governo presenta al Parlamento Italiano sulle esportazioni di armi e in particolare nella parte curata dal Ministero del Tesoro, divulgata da riviste come Nigrizia, Missione Oggi e Mosaico di Pace, abbiamo rinvenuto il nome di molte Banche e Istituti di Credito.
Siamo preoccupati del coinvolgimento delle Banche in azioni di investimento nel vergognoso commercio di armi, spesso proprio verso i Paesi più poveri del Sud del mondo.
Crediamo sia importante la trasparenza nelle operazioni e negli investimenti in tale triste settore del commercio.
Non possiamo ignorare l’accorato appello del Papa ad Assisi, 24 gennaio 2002 : “Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo!” E quanto affermato dal Card. Ruini, al Consiglio permanente della CEI, 11 marzo 2002: “Occorre prestare attenzione a che la ratifica da parte del Parlamento italiano dell’accordo quadro per la ristrutturazione dell’industria europea di difesa non comporti l’attenuarsi dei controlli sul commercio delle armi” . Riteniamo immorale il commercio di armi, inconciliabile con la nostra coscienza.
Le chiediamo, quindi, di confermare o smentire, per iscritto, il coinvolgimento del Suo Istituto (attraverso finanziamenti o il semplice appoggio) in operazioni di esportazione di armi.
Restiamo in attesa di una Sua risposta, che renderemo pubblica a ogni livello, a partire dalla gente della nostra parrocchia – diocesi – istituto – gruppo – associazione, ecc…
In caso di risposta vaga o di non risposta, o di effettivo coinvolgimento nell’export di armi, valuteremo anche la possibilità di interrompere i rapporti con la Sua Banca.
Distinti saluti.
Luogo, data e firma
Inviare copia della lettera anche ai mezzi d’informazione locali e nazionali e alla redazione di Mosaico di pace.
Di tante relazioni pericolose tra banche e mercato delle armi invece – quelle che non hanno “intoppi” – non sappiamo nulla. Con una eccezione: le operazioni delle banche italiane a partire dal 1991. Questo grazie alla legge 185/90, la legge sul commercio delle armi recentemente “peggiorata” dal governo, che prevede nella Relazione annuale presentata al Parlamento i dati sull’operatività ban caria legata alle esportazioni di armi. Così abbiamo potuto sapere che Banca Intesa c’entra con la vendita di navi da guerra alla Malaysia, Unicredito con quella di cannoni semoventi alla Nigeria, il San Paolo-Imi con l’esportazione di aerei all’Eritrea e Capitalia, il nuovo nome del gruppo Banca di Roma, con la fornitura di sistemi antiaerei al Kuwait. Ma in che senso c’entrano?
Il ruolo delle banche
Il ruolo degli istituti bancari nel commercio internazionale delle armi non è puramente accessorio. Prima ancora che per motivi oscuri, la necessità per produttori, commercianti e compratori d’armi di appoggiarsi alle banche, meglio se grandi ed efficienti, deriva da “normali” esigenze commerciali: presenza internazionale, fluidità e sicurezza nei pagamenti, possibilità di avere anticipi e crediti.
Ma ci sono alcune caratteristiche del sistema bancario attuale che risultano particolarmente interessanti per i produttori e i commercianti in armi, sia per una fornitura legale che, a maggior ragione, per le operazioni illegali. Da qualche decennio si è sviluppata una rete bancaria e finanziaria offshore, espressione che significa “al largo”, al largo dalle coste, cioè su qualche isola, ma soprattutto al largo dai controlli. Tutte le maggiori banche hanno aperto filiali in quelli che vengono comunemente definiti “paradisi fiscali”, ma che sono spesso veri e propri paradisi societari e, talvolta, paradisi criminali.
Nelle Isole Cayman, ai Caraibi, ad esempio, sono presenti 32 mila società, 47 delle 50 maggiori banche mondiali e 500 banche minori, con depositi per circa 460 miliardi di dollari, 900 fondi di investimento e 400 compagnie di assicurazione. Il motivo di questo affollamento è solo in parte di natura fiscale. Alle Cayman, come nelle Isole del Canale della Manica o alle Seychelles, si è fuori dei controlli delle autorità monetarie, ma anche di quelle politiche dei Paesi d’origine. Il segreto bancario è più tutelato e gli obblighi di trasparenza sono quasi inesistenti. Per transazioni come quelle in armamenti la riservatezza è un grande pregio.
Quando poi la fornitura è ai margini della legalità sorgono cruciali problemi di fiducia tra le parti, soprattutto se tra esse vi sono soggetti che operano nei mercati illegali. Chi mi assicura che, se pago, riceverò la merce? Chi mi assicura che, se spedisco la merce, verrò pagato?
Quando una transazione è “coperta”, ovvero riservata o segreta, i consueti metodi legali per risolvere controversie di questo tipo non sono disponibili. Per svolgere funzioni di questo tipo c’è bisogno di apposite figure di mediatori – sono i destinatari di quei “compensi di mediazione” che figurano nei dati sull’operatività bancaria nell’export di armi alla voce “importi accessori” – e di un sistema bancario, che non faccia troppe domande, dove collocare, ad esempio, quei depositi di garanzia di buona esecuzione del contratto chiamati
performance bond.
D’altra parte anche le banche hanno buoni motivi per accettare questi ruoli nel mercato delle armi. È un mercato dove sono spesso coinvolti gli Stati, clienti di cui – in genere – si esclude la possibilità di bancarotta. E dove gli operatori privati che svolgono funzioni chiave, come i mediatori commercianti, hanno generalmente
“ […] Tutte le operazioni in questione sono riconducibili a regolari procedure di approvvigionamento di attrezzature militari e di armamenti disposte da Governi di Stati sovrani per necessità istituzionali e di difesa del proprio territorio; esigenze pertanto finalizzate a garantire la pace fra gli Stati, secondo le Convenzioni Internazionali, e la sicurezza dei cittadini all’interno dei vari Paesi. Posso comunque tranquillizzarLa in quanto la BNL, per tradizione sempre attenta alle istanze sociali, non svolge alcun ruolo di rilievo in questo complesso mercato….”
BNL, marzo 2000
“Ci permetta di precisarLe che nelle operazioni finanziarie in argomento il Banco Ambrosiano Veneto, società del Gruppo Intesa, espleta esclusivamente, nel pieno rispetto della normativa vigente, le previste tradizionali e trasparenti operazioni bancarie per le quali siamo stati soggetti passivi per le transazioni”.
Banco Ambrosiano Veneto, febbraio 2000
clienti “bancabili”.
Perché una campagna
Di fronte a questo quadro molti risparmiatori si sono mossi. Sollecitati dalle riviste missionarie e “alternative”, ma anche da un disagio che si sta diffondendo su molti aspetti del comportamento delle banche, alcune migliaia di persone da qualche anno a questa parte hanno cominciato a fare domande al proprio istituto di credito. Domande del tipo: “Come mai finanziate esportazioni di armi?”. Ne è nata la maggiore campagna d’opinione condotta su temi finanziari in Italia. Ancora oggi, nel sito http://www.banchearmate.it, è possibile trovare le informazioni tratte dalle relazioni governative sulle banche coinvolte e facsimile delle lettere da inviare in cui chiedere chiarimenti e eventualmente dichiarare che si cambierà banca in mancanza di una svolta nei comportamenti in questo campo.
L’azione dei risparmiatori consapevoli ha cominciato a fare effetto. Piccole e grandi banche si sono chieste se valesse la pena essere bersaglio di queste critiche e se non fosse meglio per la loro immagine uscire dal business delle armi o non entrarci affatto. Unicredito Italiano e Monte dei Paschi di Siena hanno preso l’impegno di abbandonare questo tipo di operazioni, anche se lo stanno facendo un po’ troppo lentamente. Ma le iniziative di risparmio critico hanno un’importanza crescente di fronte ai fenomeni che si stanno affermando nel settore finanziario: la concentrazione del sistema bancario – ormai in Italia cinque o sei gruppi controllano il grosso del mercato; l’ingresso delle banche estere, come si può vedere proprio nelle operazioni legate all’export di armi; gli intrecci sempre più fitti tra banche, assicurazioni, fondi di investimento, fondi pensione e aziende industriali, tra cui quelle produttrici di armi. Il settore dei “servizi finanziari” è dentro lo stesso processo di liberalizzazione promosso dall’Organizzazione Mondiale del Commercio e al centro di discussioni e polemiche. Un processo che in realtà, più che liberalizzare, regala il mercato a un oligopolio di operatori. I risparmiatori possono però affermare la propria libertà di scelta. E scegliere quelle banche etiche e quelle “microbanche” che lavorano per la redistribuzione del credito a favore dell’economia sociale e delle fasce più povere della popolazione.
Allegati
- Export italiano di armi (5 Kb - Formato rtf)