Come ascoltare gli altri in modo più attento e disponibile
Una delle competenze comunicative più importanti relative all’ascolto consiste nel riconoscere ciò che il nostro interlocutore dice, anche se non siamo d’accordo con lui, prima ancora di parlare della nostra esperienza o esprimere il nostro punto di vista.
Per poter infatti ottenere più attenzione da parte del nostro interlocutore in situazioni tese, è necessario innanzitutto che prestiamo attenzione al suo messaggio, riformulando a parole nostre ciò che abbiamo ascoltato (specialmente i suoi sentimenti) prima di esprimere i nostri bisogni o la nostra posizione.
Il tipo di ascolto che vi vorrei suggerire in questo articolo tiene distinti due elementi che spesso nella nostra comunicazione con gli altri tendiamo a confondere: riconoscere e approvare. Infatti riconoscere i pensieri ed i sentimenti di una persona NON significa approvare o essere d’accordo con le azioni dell’altro o il suo modo di percepire e di vivere le esperienze, né accettare di fare tutto ciò che ci viene chiesto di fare.
Ascoltare in modo disponibile è sempre un modo valido per far capire agli altri che ci stanno a cuore e che ci prendiamo cura di loro. I nostri interlocutori non si rendono conto automaticamente se e quanto li abbiamo capiti, ed è anche possibile che non possano o vogliano chiederci conferme. Specialmente quando una conversazione è tesa o difficile, è importante ascoltare e riconoscere quanto ci viene detto. Altrimenti, le possibilità di venire a nostra volta ascoltati dagli altri saranno molto basse.
Ascoltare gli altri costituisce una premessa indispensabile per far sì che anche gli altri ascoltino.
Nell’imparare a coordinare meglio le nostre attività di vita con quelle degli altri, è bene che evitiamo due diffusi ma terribili modelli di comunicazione:
1. difendere a tutti i costi la nostra “causa” come in un tribunale;
2. dibattere.
Nei tribunali e nei dibattiti, ciascuna delle parti cerca di far prevalere la propria opinione ed ascolta l’altra parte solo per dimostrare l’infondatezza del suo punto di vista. Ma siccome coloro che sono incaricati di argomentare o perorare una causa non devono raggiungere necessariamente un accordo o lavorare ad un progetto comune, non conta che il loro stile di conversazione sia positivo.
Ma la maggior parte di noi si trova in una situazione completamente differente. Noi infatti passiamo una parte considerevole della nostra vita cercando di collaborare con gli altri e di raggiungere degli accordi, per questo dobbiamo preoccuparci non di sconfiggerli, ma di coinvolgerli. Al lavoro e in famiglia la persona che sconfiggiamo oggi potrebbe essere la persona con cui avremo bisogno di collaborare domani!
Quando siamo preoccupati per qualcosa e ne vogliamo parlare, la nostra capacità di ascoltare diminuisce sensibilmente. Per questo, farci capire da una persona che sta tentando di esprimere dei sentimenti piuttosto forti spingerà ancor più quella persona a ricercare un riconoscimento delle sue emozioni. D’altro canto, quando sentiamo che il contenuto del nostro messaggio e i nostri sentimenti sono stati ascoltati, cominciamo a rilassarci e siamo più disponibili ad ascoltare gli altri.
Come scrive Marhall Rosemberg nel suo libro Nonviolent Communication “studi relativi alle negoziazioni nel mondo del lavoro dimostrano che il tempo necessario a risolvere un conflitto si dimezza quando ciascun negoziatore ripete, prima di rispondere, ciò che il suo interlocutore ha detto”.
Ad esempio in un ospedale un’infermiera, dopo aver ascoltato un paziente, potrebbe esprimersi così:
Vedo che ti senti molto a disagio, Franco, e vorresti alzarti da quel letto e muoverti. Ma il tuo dottore dice che la frattura non potrà sanarsi a meno che tu non rimanga a letto per almeno una settimana.
È probabile che il paziente in questo caso sia più disposto ad ascoltare l’infermiera rispetto al caso in cui quest’ultima avesse invece detto:
Mi dispiace molto, Franco, ma devi stare a letto. Il tuo dottore dice che la frattura non potrà sanarsi a meno che tu non rimanga a letto per almeno una settimana.
Quello che manca in questa seconda versione è il riconoscimento dello stato fisico ed emotivo del paziente. È il riconoscere i pensieri ed i sentimenti dell’altro che potenzia enormemente le nostre capacità si ascoltare e fa’ veramente la differenza nelle nostre relazioni con loro.