TESTIMONI

Passio Sancti Maximiliani

19 luglio 2007 - Anselmo Palini

Lo splendido documento della Passio Sancti Maximiliani è un testo emblematico e riconosciuto unanimemente dagli studiosi come autentico. L’interrogatorio di Massimiliano avviene nel foro. Alcune informazioni precise contenute nella Passio ci consentono di fissare al 12 marzo 295 la data della morte di Massimiliano. È questo un periodo in cui dura ancora la politica di tolleranza verso i cristiani instaurata da Diocleziano, il quale emanerà il primo editto di persecuzione il 23 febbraio del 303, sotto pressione del suo Cesare (Massimo) Galerio. Anche questo fatto ci conferma che Massimiliano viene martirizzato non tanto per il suo essere cristiano e nemmeno per avere rifiutato di compiere gesti idolatrici, di cui nella Passio non vi sono che semplici cenni, bensì propriamente per il suo rifiuto di essere arruolato nell’esercito.
La Passio è composta da due parti ben distinte. La prima contiene un cenno rapido ai consoli sotto cui avviene il fatto che sta per essere narrato, la precisa indicazione del giorno e del luogo, nonchè la presentazione dei personaggi che intervengono nella vicenda. Segue l’interrogatorio, i cui protagonisti sono Dione Cassio e Massimiliano. L’interrogatorio termina con una vera e propria sentenza letta da Dione, con la quale si condanna la recluta alla decapitazione. Una breve e circostanziata notizia sull’età del giovane chiude questa sezione dello scritto.
La seconda parte fornisce qualche particolare sulla morte del martire e sulla sua sepoltura nei pressi della tomba del vescovo Cipriano per iniziativa di una matrona, Pompeiana. Una parola finale riguarda l’atteggiamento del padre che gioisce per il martirio del figlio e fa capire che lui stesso sta per seguirlo sulla stessa via.

Militia saeculi, militia Christi
La Passio S. Maximiliani ci fa assistere allo scontro frontale di due ordini di ragioni: quelle di carattere militare e civile, impersonate dal proconsole Dione, e quelle che prescindono dalle vicende contingenti di questo

Per saperne di più
Anselmo Palini, Massimiliano, un obiettore di coscienza nella Roma antica, in Testimoni della coscienza. Da Socrate ai nostri giorni, editrice Ave, Roma 2005
E. Pucciarelli (a cura di), I cristiani e il servizio militare. Testimonianze dei primi tre secoli, Nardini, Firenze 1987
mondo per affermare in maniera intransigente un principio, espresse dal giovane cristiano. Il proconsole Dione non mostra astio né violenza nei confronti di Massimiliano, anzi al contrario sembra manifestare una certa pazienza. Sicuramente il proconsole non prova stupore di fronte alle parole del giovane e ciò forse sta ad indicare che tali casi non erano rari. Tuttavia Dione non poteva tollerare che fossero contestati i pilastri su cui reggeva l’impero romano: l’identificazione del militare con il malefacere equivaleva a contestare radicalmente l’esercito romano e ciò non poteva essere accettato. Da qui la condanna esemplare, affinché servisse da lezione per tutti.
Il proconsole si trova di fronte un giovane nelle cui parole non vi è polemica, né disprezzo nei confronti dell’autorità. La posizione di Massimiliano non è venata neppure da propaganda o da apologia. Il suo argomentare è limpido e semplice: il servizio militare è, per il giovane cristiano, una professione intrinsecamente negativa in quanto si identifica con malefacere, termine che si riferiva non solo agli atti idolatrici che i soldati erano tenuti a compiere, ma anche e soprattutto alla violenza e alla sopraffazione che caratterizzavano il servizio militare. Alla militia saeculi Massimiliano contrappone la militia Christi. Massimiliano è convinto che il cristianesimo non sia compatibile con la vita militare e con gli atti che implica. Da qui il rifiuto, espresso con fermezza, ma senza alcuna punta di superiorità o di tracotanza. Il proconsole Dione mette in atto dei tentativi di convinzione, ma Massimiliano non cede e pone a giustificazione del suo atteggiamento un motivo, espresso in due semplici parole: Christianus sum. A fronte di una tale chiara e precisa posizione, il proconsole Dione pronuncia la condanna e lo fa senza odio religioso e senza particolare accanimento nei confronti di Massimiliano. La sentenza di condanna è la conseguenza del fatto che la situazione politica e militare della regione non permetteva defezioni dall’esercito o tolleranza verso chi non intendeva vestire la divisa.

La mediazione di una comunità
L’analisi testuale della Passio S. Maximiliani operata dagli studiosi ha evidenziato l’uso da parte del giovane cristiano di una terminologia che risente del chiaro influsso della Bibbia e della precedente letteratura cristiana. Ciò mette in evidenza la necessaria mediazione di una comunità di cui il giovane è espressione e in un certo senso portavoce. L’annuncio di Massimiliano sembra aver presente alcune formule della professione di fede diffuse nella comunità cristiana primitiva, mentre risulta invece assente qualsiasi forma di fanatismo. Le parole del giovane cristiano (militia Christi, signum Christi, militare saeculo…militare Deo, anima mea cum Christo, sacramentum, Deo gratias…) riecheggiano l’insegnamento del vescovo di Cartagine, Cipriano, ed evocano la visione e l’impegno a cui il cristiano era

“Come ti chiami?”.
Massimiliano rispose: “Perché vuoi sapere il mio nome? Non mi è lecito prestare il servizio militare, poiché sono cristiano”.
Il proconsole Dione disse: “Accostatelo (all’asta di misurazione)”.
Mentre veniva preparato (per essere misurato), Massimiliano affermò: “Non posso prestare il servizio militare; non posso fare del male. Sono cristiano” (Non possum militare; non possum malefacere. Christianus sum).

preparato durante il catecumenato.
Per un altro verso, soprattutto negli interventi del proconsole Dione e dell’advocatus Pompeiano, abbiamo una terminologia di carattere prevalentemente militare e giuridico, a testimonianza del fatto che ci troviamo di fronte a dei giudici o ai responsabili di un consiglio di leva.
Risalta, dunque, nel linguaggio e nella terminologia, la perfetta coerenza e linearità che ciascun personaggio ha rispetto al ruolo che svolge.

Christianus sum
Dalle risposte di Massimiliano appare indubbio che vi è il rifiuto di tutto il sistema su cui si regge il servizio militare. Anche formalmente impressiona la serie delle sue negazioni: non possum militare; non possum malefacere; non facio; non milito; non possum saeculo militare; non accipio signaculum; non licet mihi plumbum collo portare; mihi non licet militare
In opposizione a tante negazioni, Massimiliano pone a giustificazione del suo agire un motivo espresso più volte in due semplici parole: Christianus sum. Giova ricordare che militare al tempo di Massimiliano equivaleva a bellare, ossia combattere, esercitare violenze ed uccidere. L’esercito romano, infatti, era costantemente impegnato, soprattutto nelle zone di confine, a reprimere ribellioni e a contrastare l’avanzata di nuove popolazioni, dunque i soldati erano chiamati inevitabilmente a combattere e, se necessario, a uccidere.
Pur nella loro brevità, le parole Christianus sum racchiudono una sorta di confessione di fede ed erano intese dai magistrati come dichiarazioni impegnative per chi le pronunciava. L’annuncio di Massimiliano, fatto con queste e con le altre parole che usa nelle risposte, sembra aver presente le formule della professione di fede e si sviluppa attorno alla figura di Gesù Cristo. Di lui si dice che è Figlio di Dio e che è stato inviato per riscattare i peccati degli uomini. È Gesù Cristo che i cristiani seguono e servono. Queste formule, di derivazione catechistica, stanno a testimoniare che la concezione che il giovane Massimiliano aveva della fede era quella che gli era stata comunicata nel cammino di fede dalla sua comunità.
La Passio S. Maximiliani ci mostra dunque come una comunità cristiana primitiva, a seguito anche dell’esempio e del pensiero di precedenti autorevoli maestri, abbia diffuso una profondità di fede tale da incidere nella vita dei suoi membri, al punto da indurre uno di loro a sacrificare se stesso pur di rimanere fedele al messaggio di Cristo.

La condanna per obiezione di coscienza
Massimiliano, come ampiamente dimostrato fin qui, trae le motivazioni per il proprio agire dalla fede cristiana. Tuttavia egli non è propriamente condannato perché cristiano, bensì perché si rifiuta di “militare”. In altri termini, se Massimiliano fosse stato dispensato dal portare il signaculum, ciò non sarebbe probabilmente stato sufficiente per convincerlo ad entrare nell’esercito, in quanto per lui militare significava malefacere.
Se obiezione di coscienza designa l’opporsi da parte del singolo ad un comando dell’autorità, ad un obbligo giuridico e, in particolare, all’ordine di prestare servizio militare e se tale rifiuto viene motivato da profonde ragioni di coscienza, ecco che il caso di Massimiliano si presenta chiaramente come quello di un obiettore di coscienza, uno dei primi di cui abbiamo notizia.
Massimiliano con questo suo gesto ci presenta la novità di una manifestazione di opposizione assoluta ad uno degli imperi più militaristici che mai siano esistiti; ci offre una testimonianza resa col sangue all’idea della pace tra gli uomini in un mondo che non conosceva se non la pace imposta con la forza .
La memoria di san Massimiliano viene celebrata dalla Chiesa cattolica il 12 marzo. Questo giovane martire della Chiesa di Cartagine ebbe il raro privilegio di essere sepolto ai piedi del vescovo Cipriano e la sua vicenda venne a lungo proclamata durante le azioni liturgiche.

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