El Salvador: orto degli Stati Uniti

9 ottobre 2007 - Pax Christi Taranto (Pio Castagna, Chiara Alessio, Francesco Galasso, Alicia Minutiello )

El Salvador, come tutti i Paesi del Sud del Mondo risente delle conseguenze nefaste del processo di globalizzazione selvaggia imposto dal neoliberalismo economico che sta rendendo i poveri sempre più poveri.
Alla fine di un viaggio di ulteriore conoscenza delle problematiche di questo Paese e di solidarietà a un tempo alle comunità che da anni il gruppo Pax Christi di Taranto incontra, commentavo con Mariella – la volontaria che dal 1986 condivide le pene e le speranze di un popolo oppresso da anni di dittatura e ora da una cosiddetta “guerra a bassa intensità” – le mie impressioni a caldo sull’esperienza vissuta.
Il più grande torto del Salvador è quello di essere un Paese vicino agli Stati Uniti.
Altrettante sacche di povertà e di ingiustizia si riscontrano in Africa, in alcune zone anche in forme più virulenti rispetto a El Salvador. I volti denutriti e le immagini della fame in Africa, facilmente inducono in noi occidentali sentimenti di compassione o, peggio, di pietismo, al limite si mette mano al portafoglio e così si crede, illusoriamente, di aver risolto il problema o di far tacitare la coscienza.
Quindi, seppur i meccanismi e le regole delle ingiustizie sono uguali in tutto il mondo, ogni area ha una sua specificità: quella riscontrata in El Salvador è il controllo senza scrupoli e più diretto, con forme anche repressive, del diritto di un popolo a poter organizzare la propria vita sul piano economico, politico, sociale e culturale.
Se sul piano economico la bimonetarizzazione (a causa del divieto costituzionale il Salvador non può eliminare la moneta locale e allora il trucco è stato quello di lasciare a corso legale sia la moneta locale che il dollaro americano che però, di fatto, è diventata l’unica moneta di riferimento non solo per le rimesse dall’estero essendoci molti emigrati proprio negli Usa, ma soprattutto per il mercato interno) rende l’economia salvadoregna asservita tramite il Trattato di libero commercio alla… madrepatria?!? (= Usa), sul piano politico le cose non vanno certamente meglio: il partito Arena, fondato dal maggiore D’Abuisson, il mandante dell’impunito omicidio di Mons. Romero, tanto per intenderci, ha trasformato il paese da un regime militare ad un regime civile, con spazi di partecipazione, in termini di decisionalità per i poveri, praticamente inesistenti, provvedendo a rimuovere l’unica voce istituzionale che poteva dare ancora speranza a un popolo a cui si nega ancora il diritto di conoscere i mandanti dei massacri durante la dittatura, ossia la procuratrice dei diritti umani la dott. Beatrice Alemanno De Carrillo.
Questo, a grandi linee, il Salvador visitato nel luglio scorso e per questo Salvador ancora profetiche risuonano le parole di Mons. Romero secondo cui è “ il popolo che può salvare il popolo”. Più che uno slogan, è la convinzione che parte da un preciso assunto secondo cui se il popolo nelle sue varie espressioni di comunità, associazioni, comitati, sindacato e così via dicendo, non si autoorganizza, difficile o quasi vane saranno le speranze di cambiamento per un mondo migliore.
I poveri questo lo sanno ed è proprio in questa direzione sono stati destinati gli aiuti economici al SER.CO.BA ( Servizio alle Comunità di base: associazione che attraverso un modello di rete di “promotori locali” attua un lavoro di presa di consapevolezza dei problemi individuali e sociali della comunità sia per mezzo della lettura della Bibbia che della Costituzione al fine di trovare iniziative e/o soluzioni per far valere e rispettare i propri diritti e doveri) che il gruppo locale di Taranto ha raccolto in questi ultimi due anni, per il suo servizio alla pace profuso in parrocchie, scuole e convegni.
Anche nel campo della cooperazione i soldi non sono tutto, ma possono essere parte del motore di una solidarietà mirante a dare speranza e voce a chi non ce l’ha.


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