In Medio Oriente la pace è possibile
In Medio Oriente la pace è possibile
Libreria Leoniana – Centro Russia Ecumenica
Roma 19 ottobre 2007
Testimonianze di:
S.E. mons Elias Chacour, arcivescovo della Galilea, autore dei libri:
. Blood Brothers (Fratelli di sangue, Rubbettino editore, 2006)
. Apparteniamo tutti a questa terra (Yaca Book 1994)
. Ho fiducia in noi (Yaca Book 2003)
Tracy Chamoun, autrice dei libri Il mio cuore fra le rovine (Marlin editore, 2007)
Amaré (non ancora pubblicato in italiano)
G. Francesco Malvezzi Campeggi (moderatore)
Oggi abbiamo un incontro con p. Chacour e con Tracy Chamoun per parlare del tema enunciato dal titolo stesso dell’incontro: In Medio Oriente la pace è possibile. Sono due persone che hanno vissuto esperienze violente, drammatiche, dolorose in una terra che è nota a tutti per i conflitti che ormai da decenni la distruggono. La cosa straordinaria è che il loro percorso doloroso, il loro percorso attraverso la violenza li ha portati a maturare un desiderio di pace che si matura anche nell’attività della loro vita. E’ per questo che probabilmente la loro esperienza, che questa sera condivideranno con noi, e di cui li ringraziamo, può essere un veicolo verso la pace per i potenti e un modo per capire la storia e la situazione attuale del Medio Oriente, del Libano, della Palestina, di Israele, per noi tutti.
Vorrei ora fare una breve presentazione di entrambi per chi non li conosce:
Padre Chacour è nato in Palestina, è stato cacciato da casa sua quando era piccolo, ha vissuto da profugo nella sua terra, ha avuto un percorso di vita incredibile e straordinariamente avventuroso, piuttosto cruento, quanto meno in una parte della sua vita. Ha incontrato in qualche modo la vita di Tracy Chamoun nel 1975, quando Tracy Chamoun conosceva le prime violenze in Libano e padre Chacour veniva rapito dall’OLP dopo una visita e Beirut. Dopo queste esperienze e una formazione anche all’estero, padre Chacour è stato parroco a Ibillin fino a non tanto tempo fa, quando è diventato arcivescovo della Galilea e ha fondato, piano piano, lottando e faticando, una scuola per formare i giovani, per dare la possibilità ai giovani di quella terra martoriata, a tutti i giovani, di tutte le confessioni religiose, di intraprendere un percorso di tolleranza, di pace, di conoscenza reciproca, probabilmente la base verso la pace.
Tracy Chamoun è la nipote di un ex presidente del Libano, Camille Chamoun, presidente negli anni ’50, figlia di Dany Chamoun, un leader politico del Libano, che è stato ucciso negli anni ’90 insieme ai suoi due figli piccoli e alla sua seconda moglie. Tracy Chamoun si è impegnata a raccontare la sua storia perché possa essere testimonianza di pace e soprattutto perché aver vissuto questa esperienza, questa violenza, questi traumi, anche in lei ha fatto nascere il desiderio di offrire il suo contributo per la pace raccontando la sua storia nel libro pubblicato ora in italiano dall’editrice Marlin, Il mio cuore tra le rovine, e impegnandosi in prima persona.
Mi fermo qui e lascio il tempo a chi sicuramente ha cose più profonde da dire. Volevo semplicemente presentarli.
Lascio ora la parola a Sua Eccellenza Abuna Chacour.
S.E. mons. Elias Chacour
Mi dispiace di non parlare abbastanza bene l’italiano. Lo capisco, ma non lo parlo.
Signore e Signori è una grande gioia per me essere con voi. Grazie per essere venuti ad ascoltarmi. Mi si è chiesto di parlare della pace possibile in Medio Oriente. La pace non è qualcosa che si compra e si vende. La pace è qualcosa che si vive. La pace si fa con i propri nemici, non con gli amici. In Medio Oriente è tuttora in atto un conflitto molto crudele fra gli ebrei israeliani e i palestinesi arabi. Non tutti gli arabi, ma gli arabi palestinesi. Ci sono infatti 20 paesi arabi e non tutti sono in conflitto con Israele. Che cos’è che non va fra ebrei e palestinesi? Perché c’è questo conflitto fra loro che ormai dura da più di un secolo? Potete concordare con me, e se non lo fate sbagliate, che il conflitto non è un conflitto razziale o religioso. E’ il conflitto fra due popoli che avanzano identiche pretese sullo stesso territorio. Gli ebrei dicono: questa è la nostra terra promessa. Ma non prendono in considerazione il fatto che la controparte non è ebrea e non crede a tutto ciò cui gli ebrei credono. Noi sicuramente rispettiamo la fede ebraica, ma gli chiediamo di non ignorare che siamo diversi da loro e che anche noi crediamo nello stesso Dio in cui loro credono e che siamo tutti orgogliosi, sia che si sia musulmani o cristiani, di essere tutti discendenti di un iracheno. Da alcuni volti ho visto che dicevate Abramo: è vero. Abramo, secondo il Talmud, il Corano, non era giudeo, era un gentile che viveva in mezzo alle nazioni dei gentili. Questo è estremamente importante. Da dove cominciamo? Iniziamo da Abramo o iniziamo con il Dio di Abramo? Penso che dovremmo iniziare con il Dio di Abramo. Ed Egli ha creato ogni essere umano a sua immagine e somiglianza. Dio non discrimina. Ancora, Dio non uccide. E quando nella Bibbia c’è un’uccisione, è sempre l’essere umano che uccide e poi registra il fatto come opera del Dio silente. I miei fratelli ebrei dopo la seconda guerra mondiale volevano una patria, una identità e la libertà di esprimersi. A chi dovevano rivolgersi? Nessuna organizzazione umana ha titolo per garantire questi diritti agli ebrei. Questi non sono diritti dati dagli uomini. Questi sono diritti dati da Dio ad ogni essere umano, e come palestinese io sono d’accordo. Il problema non è questo. Il problema è iniziato quando i nostri fratelli ebrei volevano per garantire ai loro figli la libertà di espressione, privare i miei figli palestinesi della loro libertà di espressione. Su questo non potevamo essere d’accordo. Quando la casa che volevano per loro significava che noi palestinesi dovevamo rimanere senza casa, non potevamo essere d’accordo. Quando il dare una patria a loro voleva dire rimanere noi senza patria, come si poteva essere d’accordo? Con la creazione dello Stato di Israele è iniziata la fuga dei palestinesi. Siamo diventati gli ebrei degli ebrei. Deportati, sradicati, etnicamente epurati. 460 villaggi, cittadine palestinesi furono completamente distrutti per fare spazio agli ebrei giunti dalle altre nazioni, dall’Unione Sovietica, dall’Europa, dai paesi arabi…Questa è la situazione, cari amici. Israele vuole la pace, solo la pace, nient’altro che la pace. Ma ciò che hanno avuto è guerra su guerra, paura, timore e assenza di pace. I palestinesi volevano giustizia, solo giustizia, nient’altro che giustizia. Ma non abbiamo avuto che miseria su miseria e ancora miseria. Perché questo? Globalmente penso perché nessuno fra ebrei e palestinesi ha il coraggio di dire “questa è anche la mia terra” il che significa “questa è anche la terra del mio rivale”. Non è ciò che ci diceva il profeta: “Se vuoi pace e sicurezza, Israele, persegui giustizia e integrità”. Nessuno ha veramente cercato giustizia e integrità in Medio Oriente.
Voglio concludere con un’osservazione: il mondo occidentale dopo la seconda guerra mondiale ha accettato la responsabilità di ciò che è accaduto nella Germania nazista, ma accettando quella responsabilità hanno accettato anche il senso di colpa e hanno voluto riparare il male che era stato fatto. Ma signore e signori, nessuno può riparare questo male. E’ troppo. E’ irreversibile. Dobbiamo riconoscere di averlo fatto e pentircene. Ma purtroppo la riparazione del male è stata imposta a una terza parte, debole, che non c’entrava niente con la seconda guerra mondiale. E questa terza parte che ha pagato il conto sono i palestinesi. E la pace dipende dal fatto se saremo capaci di riconoscere la reale sofferenza dei palestinesi e la riconciliazione non dovrebbe avvenire fra Italia e Israele, America e Israele, ma fra Israele e i palestinesi. Noi abbiamo ancora speranza e vogliamo tenere viva questa speranza. Noi continuiamo a parlare con i nostri vicini ebrei e siamo contenti che a Natale e a Pasqua la residenza dell’arcivescovo diventi come un luogo di pellegrinaggio per i membri della Knesset, per il presidente, per il primo ministro… vengono a portarmi gli auguri di Buon Natale, Buona Pasqua. Non mi fermo qui. Consegno loro documenti sulle nostre necessità, sulle nostre aspirazioni, sui nostri sogni.
Quando l’ultima volta il ministro della difesa è venuto a trovarmi nella mia residenza mi ha detto “Buona Pasqua, padre Chacour”. Io gli ho detto: “Quando diventerà un vero ebreo?” Egli ha risposto: “Come?” Io allora gli ho spiegato: “Quando viene da me a Pasqua faccia come noi. Non mi dica ‘Buona Pasqua’. Ci dica quello che ci diciamo fra noi: “Cristo è risorto” e l’altro risponde “Egli è veramente risorto”. La nostra vita quotidiana è molto più semplice di quella descritta dai mezzi di comunicazione. Io vi invito, se siete amici degli ebrei, a continuare ad essere loro amici. Hanno bisogno della vostra amicizia. Per piacere, però smettetela di interpretare l’amicizia con gli ebrei come una necessaria antipatia per i palestinesi. E se siete stati in contatto con noi palestinesi, se avete fruito della nostra ospitalità, se avete visto che i nostri bambini nei campi profughi continuano a sorridere e decidete di schierarvi dalla nostra parte, va benissimo, schieratevi dalla nostra parte. Per una volta starete dalla parte giusta, ma signore e signori, se schierarvi dalla nostra parte vuole dire incoraggiarci a odiare gli ebrei, allora non abbiamo bisogno della vostra amicizia. O se mostrate simpatia per i gesti violenti di alcuni palestinesi, in questo caso non siete nostri amici. Siete un ulteriore nemico in questa crudele battaglia, e non abbiamo bisogno di ulteriori nemici. Abbiamo bisogno di amici comuni. Potete esserlo? Venite avanti. Se non potete, rimanete a casa, in pace., anziché ridurci in pezzi.
Vorrei esprimere alla Signora Chamoun la mia grande gioia per essere sul podio con lei. Amo moltissimo il Libano. Non solo le montagne e le acque del Libano, ma la gente del Libano. Gente che è stata sempre nel nostro cuore e ci duole moltissimo vedere che non c’è pace in Libano e che un numero sempre crescente di cristiani abbandona il paese. Vi auguriamo di avere un Libano in cui regnino stabilità, pace e prosperità. Non esiterò ad essere con lei perché la sua famiglia ci è ben nota. Avete contribuito come avete potuto al benessere del Libano, avete pagato un prezzo altissimo il vostro amore per il paese, ma il Libano merita di essere amato.
Grazie
F. Malvezzi Campeggi
Grazie tanto, padre Chacour, passo subito la parola, dato l’invito e il gesto di affetto di padre Chacour, a Tracy Chamoun
Tracy Chamoun
Padre Chacour, Signore e Signori, il mio cuore sanguina per la causa palestinese. Sento la vostra sofferenza. Vedo il processo di disumanizzazione in atto in entrambi i lati ed è una cosa che suscita in me grande tristezza perché è lo stesso processo di disumanizzazione che è alla radice di tutte le guerre, di tutti gli odi e di tutte le giustificazioni di qualsiasi crimine. Nella mia breve vita ho imparato che il contrario dell’amore è la paura. Abbiamo paura di ciò che non conosciamo, abbiamo paura di perdere ciò che pensiamo di possedere. Siamo governati dalla paura e così diventiamo attori di violenza. Per superare la paura, dobbiamo guardare nei nostri cuori per vedere come siamo tutti collegati, come condividiamo tutti lo stesso respiro. Il mio respiro è il tuo respiro. La mia espirazione è la tua espirazione. Non c’è differenza. Dobbiamo pensare di essere tanti colori su un unico tappeto, ma il filo del tappeto è lo stesso per tutti. Dobbiamo godere i diversi colori, celebrarli. Dobbiamo abbracciare la diversità e nello stesso tempo apprezzare soprattutto l’unicità della nostra umanità. Come popolo, noi libanesi, oggi ci troviamo in una posizione privilegiata. Lo abbiamo già fatto una volta. Abbiamo vissuto tutti insieme in armonia. E all’epoca il mondo diceva che avevamo creato il paradiso. La gente amava venire in Libano proprio a causa della sua diversità. E questa è una cosa che dobbiamo apprezzare della nostra nazione. Questa è la visione che dobbiamo conservare. L’unità attraverso la diversità. Questo è ciò che oggi dobbiamo ricreare. Ma dobbiamo ricrearlo in modo non egoista, con altruismo. Ciò che infatti sta dividendo il Libano sono i piccoli interessi individuali, di partito, le piccole conquiste territoriali, su una terra che è già troppo piccola per questo. Non stiamo servendo noi stessi e non stiamo servendo la visione del Libano. Mi chiedo chi oggi in Libano mantenga ancora questa visione. Io sono privilegiata nel senso che mi pongo un po’ come un ponte fra i due mondi: il Libano come paradiso e il Libano come luogo di confusione. Ho ancora l’impronta nella mia costituzione genetica di come era. Ritengo che sia mia responsabilità oggi diffondere questa visione del Libano, di un paese capace di comporre le diversità. E prego e spero che mentre il mondo continua a procedere, noi impariamo dal prezzo che paghiamo a seguire la strada dell’amore e a capire che come persone sul pianeta siamo piccolissimi che non ci resta che abbracciare il contrario dell’odio. Possiamo fare questo soltanto vedendo noi stessi negli altri, sapendo che i nostri sogni sono i loro sogni, le nostre speranze le loro speranze, riumanizzando i nostri nemici, vedendoli come un padre, una madre,un figlio, un fratello, una sorella, e ricucendo il tappeto della nostra comunità. Non ho soluzioni esterne a noi stessi. La soluzione è dentro di noi. Ogni momento della nostra vita è una scelta che dobbiamo fare. Possiamo scegliere di avere paura, di odiare, ma possiamo scegliere di amare, di perdonare. Ogni momento della vita è il tuo futuro. Con ogni respiro puoi ricreare la tua realtà. Così penso più raggiungiamo il massimo del nostro potenziale, più possiamo trasformare le cose, e ogni trasformazione incrementa la successiva. Se una persona è in grado di cambiare, il mondo può cambiare, ma dobbiamo accettare di essere capaci di creare ogni giorno questo cambiamento in noi. La pace quindi è un percorso non è una meta; ogni passo è un passo verso la pace, ed ogni passo che si compie verso la consapevolezza è un passo che si compie verso la completezza.
Vi posso parlare delle influenze globali, delle influenze locali, ma i fin dei conti si tratta di ognuno di noi. Tocca a ognuno di noi scegliere se amare o odiare. Tocca a ognuno di noi scegliere di amare, crescere, dare la mano ai propri nemici, evolvere come esseri umani. E credo veramente che sia un percorso come esseri umani su questa terra. Non è un percorso statico. E’ un percorso evolutivo da un io inferiore a un io superiore, a un io che agisce e reagisce in un determinato modo.
Concludo dunque così e ringrazio tutti. Desidero solo aggiungere: non ho soluzioni, ho solo la mia esperienza.
F. Malvezzi Campeggi
Desidero innanzitutto ringraziare entrambi per questi interventi pieni di passione e vorrei invitare chi volesse porre delle domande
Domanda: La domanda che le faccio è: Vorresti tornare in Libano e potresti mai perdonare la persona che magari ha premuto il grilletto e ha ucciso tuo padre?
Tracy Chamoun
Io ho un figlio di dodici anni e per il momento preferisco rimanere in America. Credo di aver fatto il mio dovere per cercare di trovare chi ha ucciso mio padre. In questo modo sono tranquilla. Ho il cuore tranquillo, nel senso che ho fatto il mio dovere. Non ho rancore. Credo di aver fatto il mio dovere come figlia di mio padre. Credo che ognuno di noi abbia un destino diverso. Se oggi dovessi vivere la vita con un sentimento di vendetta e di odio, intossicherei me stessa. Non provo queste emozioni. Sento che il destino ha per ognuno di noi i suoi insegnamenti. Per ogni azione c’è una reazione. Credo che se metti del bene nel mondo, dal mondo ti ritorna del bene. Se ci metti del male, ti ritorna del male. Non posso controllare la vita degli altri; posso controllare solo la mia. Mi piace scegliere di non portare nella mia vita queste emozioni di odio e di vendetta; il resto lo lascio a Dio.
Domanda:
Vorrei rivolgere la mia domanda a mons. Chacour: la situazione nel suo Paese è migliorata o peggiorata rispetto a quando scriveva il suo libro?
Mons. Elias Chacour
Abbiamo imparato una cosa: non essere profeti in casa propria. Non scommettere, e soprattutto non iniziare a ballare prima che il matrimonio sia stato celebrato. Noi prima facevamo così: ballavamo una settimana prima che le nozze fossero celebrate. E il giorno del matrimonio uno dei due coniugi non si presentava. Ciò nonostante, ci sembra che la guerra fra Libano e Israele sia stata estremamente strumentale ai fini di cambiare alcuni atteggiamenti. E’ stata una guerra diversiva a tutti i livelli. Sono stati distrutti 15.000 edifici nel Libano del sud, ma anche in Israele è stato distrutto molto, anche di più importante degli edifici stessi. E’ stato completamente distrutto il mito dell’invincibilità dell’esercito. E così è stata distrutta la sicurezza psicologica di tutti i cittadini di Israele. La sicurezza psicologica che faceva loro dire: ‘non ti preoccupare, ogni volta che c’è una guerra, l’esercito può essere portato oltre i confini. Con la guerra del Libano era difficilmente possibile proteggersi. Abbiamo tutti corso il rischio di essere uccisi. Spero che questo abbia dato una nuova visione a tutti i leader politici, e che questa visione li porti a capire che con i mezzi militari si possono soltanto peggiorare le situazioni. Non si può fare la pace. Si può uccidere il nemico, ma non puoi convertirlo in un amico. Ora in Israele sentiamo che qualcosa si sta muovendo fra i primi ministri di entrambi i paesi. Si incontrano, parlano di nuove concessioni. Di che cosa parlano? Forse solo Dio lo sa. Io certamente no. Ma c’è speranza. Ebrei e palestinesi cominciano a disperare della loro stessa violenza gli uni nei confronti degli altri e la popolazione ha bisogno di qualcosa di diverso.
Domanda
Mi sembra che limitare la questione al conflitto Israelo-palestinese sia un po’ semplificare le cose. Credo che la questione sia molto più complessa e vada molto più allargata, nel senso che ci sono fattori esterni che hanno alimentato il conflitto e quindi vorrei fare un distinguo. Purtroppo sappiamo che in molte scuole islamiche si insegna l’odio contro Israele, e questo purtroppo è un’arma altrettanto violenta di quelle degli eserciti dei talebani. Mi interesserebbe in proposito un suo parere. Io credo, o almeno a me non risulta che gli israeliani alimentino l’odio come viene alimentato nelle scuole islamiche in diversi paesi e persino nelle nostre moschee, lo abbiamo visto in Italia.
Mons. Elias Chacour
Grazie. Lei ha ragione. Se si cerca la corruzione, ovunque c’è una montagna di corruzione. Se lei va a Damasco a cercare le moschee in cui la gente prega, troverà migliaia di persone in ginocchio a pregare. Qual è la verità? Ognuno va a trovare quello che cerca. Io sono appena tornato da San Francisco e ho visto in un giornale americano un articolo a proposito di uno scontro fra israeliani e palestinesi. Riguardava un fatto di dieci anni fa. I palestinesi avevano avuto dieci feriti, gli ebrei otto feriti. L’articolo riportava che vi erano stati dieci ebrei uccisi e dieci palestinesi morti. E’ vero, tutti sono morti, ma chi è stato ucciso e chi no? Ci sono tanti pregiudizi! Ci sono tante sofferenze da entrambi i lati! Finché non riconosceremo che entrambi (l’ebreo e il palestinese) sono esseri umani, come diceva la signora Tracy, finché non riconosciamo entrambi i lati come esseri umani, con gli stessi diritti, le stesse necessità, andremo sempre incontro a ulteriori guerre, e spero che sarete d’accordo con me, altrimenti vi sbagliate. Non esiste una guerra giusta. Ci sono solo delle guerre.
Grazie
Domanda
Ricollegandomi anche a questo discorso che abbiamo sentito da entrambi di partire dal riconoscere dentro noi stessi la necessità per la pace di riconoscere l’altro, vorrei chiedere a mons. Chacour se ci dice qualcosa del lavoro che si sta facendo al Mar Elias, perché è il lavoro, credo, di questa costruzione di pace.
Mons. Chacour
Grazie di cuore. Con riferimento all’insegnamento nelle scuole, credo che la soluzione stia nell’educazione. Credo che dobbiamo continuare a portare i ragazzi ebrei, palestinesi, cristiani, musulmani, drusi intorno allo stesso tavolo, non perché un ebreo diventi cristiano o un musulmano ebreo, ma perché un ebreo diventi un vero ebreo e così anche un cristiano un vero cristiano e un musulmano un vero musulmano. L’unità si deve costruire con il rispetto della diversità. Avete sentito che due anni fa una povera famiglia ebrea attaccò la basilica dell’Annunciazione a Nazareth. Io ero lì. Ero arcivescovo da una settimana. Ho inalato il gas delle bombe. E quella sera mi chiamò Holmert per dirmi “noi siamo contro ciò che è accaduto a Nazaret”. Gli risposi: “La ringrazio, ma non è abbastanza”. “Che cosa vuole che facciamo?” mi ha chiesto. “Dovete formare un comitato di ebrei e arabi palestinesi per studiare quale immagine diamo di noi ai nostri ragazzi” e state sicuri, amici, che non è un’immagine umana quella che comparirà sui libri ebrei e palestinesi. Forse nelle moschee parlano troppo, ma non bisogna parlare troppo per insegnare l’odio. E ciò che cerchiamo di fare noi cristiani è di essere una voce di moderazione, per esempio nelle scuole. Ci sono scuole cristiane, scuole cattoliche, ma mai solo per cristiani o per cattolici. Io, fra le altre cose, ho cercato di costruire una scuola. Chiese la licenza edilizia. Due settimane dopo mi fu negata. Dovevo scegliere. O rinunciare, o andare avanti. Decisi di andare avanti e di costruire la scuola senza licenza edilizia. Due mesi dopo, venne la polizia. “Dov’è la licenza edilizia?” “Non ho la licenza edilizia”. “Come può costruire senza licenza edilizia?” “Cari amici, ho sempre costruito senza licenza edilizia, costruisco sempre con cemento, sabbia, mattoni…”: La polizia, offesa, disse “Non si fa così in un paese civile”. “Avrei voluto che si fosse civili, mi avreste dato la licenza edilizia per costruire la scuola”. Credo di essere andato in tribunale 37 volte per la licenza edilizia. Ora non più, sono arcivescovo, e la cosa è molto triste. Vorrei che ci fosse un modo per tornare indietro ed essere un semplice sacerdote, costruire senza licenza. Cominciammo con 80 ragazzi. Due anni fa, prima di diventare arcivescovo, avevamo 4500 studenti. La maggioranza di questi studenti è musulmana, ragazzi e ragazze e sono ragazzi e ragazze stupendi. Sono esattamente come me. Io non sono nato cristiano, e ringrazio Dio. Non so voi italiani, siete nati cristiani cattolici? O come me? Io sono nato bambino, ma un bambino con un certificato di nascita: creato a immagine e somiglianza di Dio Così sono anche i ragazzi musulmani della mia scuola, il 60% degli studenti. Abbiamo circa 80 ragazzi ebrei. Un giorno mi è stato chiesto quanti ragazzi ebrei avremmo accettato. Risposi che sarei stato pronto ad accettare e ad abbracciare tutti i bambini di Israele. Solo accettandoci gli uni con gli altri possiamo sperare in qualcosa di positivo e le nostre scuole in Israele continuano a svolgere un ottimo lavoro. La scuola di cui sto parlando è l’unica istituzione in Israele in cui trovate insieme ragazzi cristiani, musulmani, drusi ed ebrei. Sono felice di vedere tra noi un giovane prete. Si è diplomato in questa scuola. Abuna Simon, ti puoi alzare? Si è diplomato a Ibillin, ora studia a Roma.
Abbiamo sicuramente dei problemi. Non siamo completamente accettati, ma che cosa importa? Pensate che Cristo sia stato completamente accettato? Quante volte hanno cercato di ucciderlo? Noi uomini di Galilea uccidiamo uccidere tanto facilmente. Dovette andare a Gerusalemme, dove fu crocifisso e morì, ma come uomo della Galilea non è mai morto. Tre giorni dopo accadde una cosa unica: spero che sappiate che cosa. E’ risorto. Grazie
Domanda
In Libano oggi vivono diverse generazioni, che hanno vissuto situazioni politiche diverse. Come vedono la situazione odierna?
Tracy Chamoun
Penso sia nostra responsabilità mantenere viva la visione per loro. Ci sono molte generazioni, generazioni che hanno vissuto come prima della guerra, generazioni che sono nate durante la guerra e quelle che sono nate nel breve periodo della ricostruzione dopo la guerra. Ed è molto interessante vedere quando si parla a queste diverse generazioni come reagiscono al concetto di soluzione per il loro paese. La mia generazione ha conosciuto delle perdite terribili. La generazione che è nata durante la guerra, in un certo senso gli è mancata la guerra. E la generazione che è nata nel periodo della ricostruzione è nutrita di metodologia o di Libano anteguerra, ma anche della confusione e della corsa al potere verificatisi durante questa guerra. C’è quindi tanta confusione. C’è tanta nostalgia sia per la guerra che per il tempo prima della guerra. Così la mia sensazione è che dovremmo superare entrambi. Dovremmo superare il passato e l’attualità e cercare di ricreare un nuovo Libano. Questa sarebbe la cosa migliore. Ma perché questo accada, ci vorrebbe una fortissima volontà di cambiamento e la natura del potere e come viene espressa in Libano, così come viene mantenuta dai leader tradizionali, dovrebbe essere ceduta alla nuova generazione.
Domanda
Tracy, hai parlato molto della visione, che bisogna mantenere viva, vedi dei semi di speranza di questa visione in Libano oggi?
Tracy Chamoun
Credo di si, perché mi sembra che costituisca il sottofondo della psiche di ogni libanese. Qualunque motivazione infatti esprimano, sottolineano sempre la visione di un Libano unito, di un Libano libero e questa è l’anima del paese. Questo è il motivo per cui la Costituzione è ancora pendente, diciamo sulla sedia a rotelle, ma costituisce comunque il fondamento scritto del desiderio di trovare un compromesso per coordinare e dividere il potere e le ricchezze del paese in modo eguale fra tutte le confessioni. Questo potere è stato corrotto dall’influenza delle potenze esterne e magari cercavamo l’equilibrio, ma poi l’influenza delle forze esterne a favore di un gruppo o dell’altro ce ne allontanava. Ma i libanesi lottano ogni giorno per mantenere viva questa visione, altrimenti saremmo già finiti. Saremmo già diventati parte della Siria. I cristiani del Libano sarebbero scomparsi. L’equilibrio è il Libano.
Domanda
C’è un futuro per il Libano?
Tracy Chamoun
I cristiani del Libano non se ne vanno. Le montagne del Libano conservano al loro interno i tesori e il fervore della cristianità. In questo gigantesco tsunami, bisogna aiutare a proteggere a tutti i costi i cristiani del Libano e della Galilea.
Domanda
Grazie a tutti e due per questi discorsi molto belli, sotto certi punti di vista e anche incoraggianti, almeno sotto il profilo spirituale. Ci insegnano molte cose a tutti noi. Vorrei però fare una domanda che susciterà un’eco anche pesante in voi, e cioè i rapporti con il fondamentalismo islamico. Padre, lei ha parlato tanto dei rapporti anche cruciali con Israele, però noi abbiamo letto recentemente anche sui giornali di un cristiano che è stato rapito nella striscia di Gaza ed è stato ucciso. Sembra quasi che il problema più forte sia sentito nei confronti della tradizione ebraica e dello Stato di Israele, ma non si avverte tanto nei rapporti con la rinascita del fondamentalismo islamico.
E lo stesso anche la signora Chamoun: come lei pensa, come immagina che questo equilibrio si possa ricostituire in Libano con questo emergere… Certamente i problemi con Israele ci sono, sono evidenti agli occhi di tutti, ma d’altra parte questa marea montante del fondamentalismo islamico, come vi ponete nei confronti di essa, che problemi avete? Questo è l’elemento su cui volevo avere qualche motivo di chiarificazione.
Mons. Elias Chacour
E’ una domanda molto importante. Ho paura del fondamentalismo islamico? No. Non ho paura del fondamentalismo islamico, ho il terrore del fondamentalismo, punto. Il fondamentalismo islamico è esattamente come il fondamentalismo ebraico. Il fondamentalismo islamico non è peggiore del fondamentalismo cristiano. La destra americana cristiana ha creato la tragedia dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Palestina. Il fondamentalismo nel nome di Dio è un crimine contro Dio. Dio non è mai operato discriminazioni fra esseri umani e io mi chiedo come possiamo presentarci a un Dio che ci ha detto “Non uccidere”, è uno dei dieci comandamenti, no?, quando la nostra pratica va nella direzione esattamente opposta, in nome di Dio, povero silenzioso Dio. Credo che con il fondamentalismo abbiamo creato i nostri dei fatti dagli uomini, e se oggi dobbiamo fare qualcosa, è proprio uccidere questi dei che ci siamo fabbricati e cercare di trovare la nostra dignità sul volto del nostro vicino. Invece di cercare il nemico nell’altro, dovremmo cercarvi l’amico. E troveremo quello che stiamo cercando.
Il fondamentalismo islamico è un fenomeno molto pericoloso, ma non lo vedo più pericoloso del fondamentalismo cristiano. Molti gruppi cristiani vengono da me, come arcivescovo. Fra questi è venuto un gruppo di sette predicatori dall’America che mi hanno chiesto di accettare di essere rinato, altrimenti sarei andato all’inferno. Ho risposto loro che se quella era la condizione, preferivo andare all’inferno, perché in inferno avrei trovato Dio, mentre in un nuovo paradiso sarei stato solo. Penso che noi cristiano abbiamo molto da fare per migliorare la nostra religione. Dove sono stage fabbricate le armi peggiori? Nei paesi islamici? Chi ha usato le bombe atomiche? I paesi islamici? Le armi di distruzione di massa che sono state usate in Medio Oriente sono state costruite dagli islamici? Usavano il linguaggio del fondamentalismo e noi cristiani non lo adoperiamo spesso anche noi? Preferisco non andare oltre. Sono così vicino al Vaticano, potrebbe condannarmi….è solo uno scherzo!!!
Tracy Chamoun
Per quanto riguarda il fondamentalismo, sono meno preoccupata del Libano che di qualsiasi altra parte perché vi è questo elemento di check and balance (sistema costituzionale di equilibrio di poteri) e c’è una sensibilità alla supremazia di un gruppo o dell’altro. Per cui, per quanto riguarda il fondamentalismo in Libano, penso che il problema sia sempre limitato.
G. Francesco Malvezzi Campeggi
p. Chacour vorrebbe dire ancora qualcosa
mons. Elias Chacour
Spero che quando andrete a casa vi porrete tante domande. Gli interrogativi sono estremamente salutari. Se non ci poniamo domande rischiamo di diventare ciechi. Non vogliamo che qualcuno di voi diventi cieco. Voglio ringraziare tantissimo alcuni qui per avere offerto questo bellissimo luogo. In mezzo a queste icone mi sento a casa. Ma vi è una persona che desidero ringraziare in modo speciale, il nostro interprete.
Tracy Chamoun
Desidero ringraziare Anna Maria per averci condotto qui, per essere una guerriera di pace e per avere gettato un ponte fra i due mondi.
G. Francesco Malvezzi Campeggi
Grazie allora ancora a p. Chacour, a Tracy Chamoun, grazie tante a don Sergio, del Centro Russia Ecumenica a cui volevo passare la parola e grazie anche a don Gino della Libreria Leoniana. Desidero ringraziare infine Fred, marito di Tracy, che la ha accompagnata e sostenuta. Ringrazio infine il dottor Avagliano che ha portato Tracy Chamoun in Italia pubblicandone il libro.
Lascio ora la parola a don Sergio Mercanzin.
Don Sergio Mercanzin
Non ho voluto prendere la parola all’inizio perché avrei potuto dire solo cose convenzionali. Adesso alla fine posso dire cose convinte, vere e cordiali perché ho conosciuto queste persone e le ho trovate veramente meravigliose. Sono contento di avere ospitato questo argomento, ma sono contento in modo particolare di avere ospitato queste persone stupende. Hanno detto cose drammatiche, ma hanno saputo dirle con forza e con mitezza insieme e quindi sono contento che con don Gino abbiamo scelto questo titolo In Medio Oriente la pace è possibile. Einstein in un momento forse di pessimismo diceva “finché ci saranno uomini ci saranno guerre”. Noi siamo più ottimisti, e più realisti forse anche e diciamo: “In Medio Oriente la pace è possibile”. Ci auguriamo che oltre che possibile sia anche veloce.
Due annotazioni: una è che è possibile aiutare questa opera Mar Elias: basta prendere lì in fondo i foglietti. Sui cartoncini è indicato come inviare la propria offerta. Poi, naturalmente, ci sono i libri in vendita.
Grazie