Una nuova sobrietà, per abitare la Terra
del 1° settembre 2008.
1. Una casa comune, una casa minacciata
Anche quest’anno la celebrazione della Giornata per la salvaguardia del creato intende essere un’occasione per riflettere sulla vocazione della famiglia umana, in quella casa comune che è la Terra. Davvero il pianeta è la casa che ci è donata, perché la abitiamo responsabilmente, custodendone la vivibilità anche per le prossime generazioni. È un dovere richiamato con forza da Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata mondiale per la pace 2008: «Dobbiamo avere cura dell’ambiente: esso è stato affidato all’uomo perché lo custodisca e lo coltivi con libertà responsabile, avendo come criterio orientatore il bene di tutti» (n. 7). È un impegno che ci rimanda a san Francesco d’Assisi e alla lode da lui rivolta al Creatore per «sora nostra madre terra», che tutti ci sostiene.
Sappiamo bene, però, che oggi la Terra è minacciata da un degrado ambientale di vasta portata, in cui l’eccessivo sfruttamento di risorse anche fondamentali – a partire da quelle energetiche – si intreccia con varie forme di inquinamento. Spesso tali dinamiche colpiscono anzitutto i soggetti più disagiati, che sono meno in grado di difendersi dalle loro conseguenze. Non è certo un caso che numerosi conflitti che agitano le diverse aree del pianeta presentino – in misura più o meno grande – una componente ambientale. Per questo, la terza Assemblea ecumenica europea, svoltasi a Sibiu nel settembre 2007, ha espresso preoccupazione per la creazione di Dio, invocando «una maggiore sensibilità e rispetto per la sua meravigliosa diversità».
Emerge dalla questione ambientale una triplice esigenza di giustizia: verso le future generazioni, verso i poveri, verso il mondo intero. Un forte appello si leva verso le comunità che riconoscono nel Dio della Scrittura la sorgente di ogni giustizia: è un impegno a cui esse devono fare responsabilmente fronte.
Siamo consapevoli che tale situazione dipende da numerosi fattori storici e culturali: tuttavia, essa è indubbiamente collegata a comportamenti e stili di vita ormai tipici dei Paesi più industrializzati e che gradualmente si stanno diffondendo anche in altre aree. Si tratta della cosiddetta «società dei consumi», espressione che sta a indicare un sistema economico che, più che a soddisfare bisogni vitali, mira a suscitare e incentivare il desiderio di beni diversi e sempre nuovi. Molti vedono in tale dinamica un segno di benessere, che arricchisce le esistenze di coloro che ne beneficiano. È innegabile, però, che il suo impatto ambientale sta diventando insopportabile per il pianeta e per l’umanità che lo abita, imponendone il ripensamento radicale.
2. Per una nuova sobrietà
La sfida della sostenibilità è complessa e interpella le istituzioni politiche e i soggetti economici. Vorremmo, però, soffermarci in questa sede su un aspetto che interessa tutti i cittadini dei Paesi più industrializzati: quello di un profondo rinnovamento delle nostre forme di consumo. Occorre, infatti, un nuovo stile di sobrietà, capace di conciliare una buona qualità della vita con la riduzione del consumo di ambiente, assicurando così un’esistenza dignitosa anche ai più poveri e alle generazioni future. È il richiamo formulato dal Santo Padre in occasione della Solennità dell’Epifania 2008: c’è bisogno di una speranza grande che faccia «preferire il bene comune di tutti al lusso di pochi ed alla miseria di molti»; solo «adottando uno stile di vita sobrio, accompagnato dal serio impegno per un’equa distribu¬zione delle risorse, sarà possibile instaurare un ordine giusto e sostenibile».
Si apre qui uno spazio importante per l’impegno delle comunità ecclesiali: la dimensione educativa, che da sempre caratterizza la loro azione, oggi deve esprimersi anche nella capacità di formare a comportamenti sostenibili. Si tratta, in particolare, di ridurre quei consumi che non sono realmente necessari e di imparare a soddisfare in modo ragionevole i bisogni essenziali della vita individuale e sociale. In questa direzione, sarà possibile valorizzare in forme nuove quella tradizione di essenzialità che caratterizza tante comunità religiose, facendola diventare pratica quotidiana per tutte le realtà cristiane. È pure necessario promuovere un’attenzione per tutti quegli accorgimenti per la riduzione dell’impatto ambientale messi a disposizione dalla scienza e dalla tecnica, in campi quali la mobilità, il riscaldamento e l’illuminazione.
In generale, è fondamentale la cura per un uso efficiente dell’energia, come pure la valorizzazione di fonti energetiche rinnovabili e pulite.
Un efficace rinnovamento delle pratiche – personali, familiari e comunitarie – non potrà realizzarsi senza una vera e propria «conversione ecologica», cioè senza uno sguardo rinnovato sulle nostre esistenze e sui beni che le caratterizzano. Tale dinamica potrà trovare alimento in una spiritualità eucaristica, capace di promuovere l’apprezzamento e la gratitudine per quanto ci è dato, orientando a gustare con sapienza la densità dei beni della creazione, senza cedere alla tentazione che induce a volerne sempre di più.
3. Il rovescio del consumismo: i rifiuti
Una sobrietà intelligente potrà anche contribuire a rendere meno gravoso il problema della gestione dei rifiuti, prodotti in quantità crescenti dalle società industrializzate. L’emergenza che da lungo tempo affligge talune aree del nostro Paese dimostra, infatti, come sia impossibile parlare di futuro sostenibile, quando sin da ora non si può abitare serenamente la Terra né godere della bellezza dei suoi doni, perché essa è invasa da cumuli di sostanze sgradevoli. I rifiuti non adeguatamente gestiti divengono veleno per la Terra e per chi la abita, minacciano l’esistenza di uomini, donne e bambini e mettono a rischio le stesse modalità di un’ordinata convivenza sociale. È una responsabilità che chiama direttamente in causa le istituzioni, ma mette in gioco una varietà di aspetti, cui occorre prestare attenzione in un discernimento attento. Pur non essendo questa la sede per un confronto puntuale con tali complessi problemi nella loro dimensione tecnica, riteniamo utile richiamare alcuni elementi qualificanti.
Il primo dato è che, se i rifiuti costituiscono una traccia praticamente ineliminabile dell’agire umano, tuttavia la loro crescente quantità rivela anche un rapporto distorto con la Terra. Non stupisce che gestire i rifiuti sia difficile quando – per limitarsi solo a quelli urbani – chi abita in Italia ne produce ogni anno oltre mezza tonnellata. Sono perciò rilevanti e apprezzabili tutte le iniziative miranti a contenerne la produzione, quali la riduzione degli imballaggi o la realizzazione di prodotti facilmente riutilizzabili e riciclabili. Promuovere la sobrietà nel consumo significa anche imparare ad apprezzare i beni per la loro capacità di durare nel tempo, magari per usi diversi da quelli originari, piuttosto che per l’attrattiva della confezione. Quando i rifiuti sono prodotti, è pur vero che vanno smaltiti: è un dovere che incombe in primo luogo sulle aree da cui provengono, ma che deve essere gestito nel segno della solidarietà, soprattutto di fronte a situazioni di emergenza che chiedono iniziative eccezionali. D’altra parte, è necessario superare la logica dell’emergenza, progettando, per un futuro sostenibile, soluzioni efficaci sul lungo periodo, attente alle più avanzate acquisizioni della tecnica. In questa prospettiva, merita senz’altro un’attenzione privilegiata la raccolta differenziata, che riduce la quantità di materiali da smaltire, ricuperando nuove materie prime, e favorisce un consumo più consapevole, orientando a pratiche di sobrietà.
Un approccio adeguato al problema richiede comunque una varietà di soluzioni. In questo senso, è fondamentale che tutte le scelte siano compiute nel segno della trasparenza e della partecipazione dei cittadini e vengano gestite garantendo la piena legalità, nella consapevolezza che la salvaguardia del creato e il bene della comunità sociale può esigere la rinuncia alla difesa a oltranza del vantaggio individuale e del proprio gruppo. Una politica dei rifiuti non può essere efficace se gli stessi cittadini non divengono protagonisti della loro gestione attiva, favorendo il diffondersi di comportamenti corresponsabili in tutti i soggetti coinvolti. Laddove crescono relazioni armoniose e giuste, anche la gestione delle risorse diventa un’occasione di progresso e orienta a un rapporto più rispettoso e armonioso con il creato. Che davvero il Signore della pace conceda un buon futuro alla nostra Terra, risvegliando i cuori al senso di responsabilità, perché essa possa restare per tutti casa abitabile, spazio di vita per le generazioni presenti e future.
Roma, 2 febbraio 2008 Festa della Presentazione del Signore
Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo