Dalla Murgia a Scanzano
In Basilicata contro le scorie nucleari.
Storie di un Sud che non si arrende.
Siamo stati in quindicimila alla marcia Gravina-Altamura dello scorso 8 novembre. Ci ha guidato per tutto il cammino il progetto di una Murgia finalmente libera da veleni e poligoni militari, la splendida area, il suo parco rurale nazionale da istituire. Un sogno che viene da lontano, svanito più volte per miopia politica, rapaci interessi, vergognose connivenze, potentati economici. Sul suolo murgiano c’è stato un esteso, devastante attacco, coacervo di miserabili guadagni, di impensabile brutalità, di cieca violenza. Tollerati da grandi e piccole omissioni istituzionali, da controlli non effettuati nel lontano passato e nel preoccupante presente, i veleni con le discariche tossiche, i fanghi inquinanti, il barbarico spietramento, hanno inflitto colpi pesanti all’identità della Murgia, suggellata prevalentemente da una straordinaria bellezza, da custodire e incrementare. La gente della Murgia, com’è in un fondamentale diritto, vuole la sua terra pura, neppure minimamente inquinata, non intaccata nella sua vocazione, non violentata da nessun tipo di veleni e armi, neanche dal più piccolo ordigno di morte. Per il futuro bisogna disvelare la sua grande ricchezza naturale non del tutto conosciuta, il prezioso patrimonio culturale, storico, artistico, difendere tutto l’ambiente, ogni frammento incastonato di eccezionale grazia.
Le esistenti professionalità, le dovute trasformazioni possono mettere in luce le peculiari caratteristiche, il formidabile comparto dell’alimentazione, i pregevoli prodotti conosciuti nel mondo, con il pane da tutti desiderato. Temi questi affrontati da Gianni Fabris nel suo incisivo intervento. Nella scelta della difesa intransigente dell’ambiente potranno dischiudersi nuovi orizzonti, basati sulla nevralgica valenza della permanente tutela di una terra preziosa e ineguagliabile. Potrà incominciare ad ardere l’insostituibile fiamma del parco della pace.
Un grande ruolo in tale direzione deve essere svolto dalle istituzioni, ampiamente rappresentate alla marcia. Ai loro responsabili si è rivolto Flavio Lotti nel suo lodevole discorso. Durante il cammino, il pensiero è corso alla storia del passato, alle lotte contro le basi militari americane, alle marce dell’ 85 e 87, sostenute con coraggio, fatica, passione civile, dalle cittadine e dai cittadini murgiani, dai braccianti, dagli studenti. Per raggiungere i vitali obiettivi bisogna lottare contestualmente per liberare la Murgia dai poligoni permanenti di tiro. Su di essi è tornata alla mente, riscaldando il cuore, la luminosa opera di don Tonino Bello. Meraviglioso il suo appello rivolto ai consiglieri regionali della Puglia. Sull’importante messaggio si registrò una diffusa mobilitazione, vennero raccolte dodicimila firme.
Il suo legame alla popolazione murgiana è tutto nel seguente episodio. Ricevendo una delegazione in vescovado, nel giorno della marcia dell’87, disse: “Questa mattina appena sveglio mi sono affacciato alla finestra per vedere se il tempo fosse bello per i partecipanti alla marcia”. Si scusò della sua non presenza perché precedentemente impegnato. Sui poligoni permanenti di tiro ci fu anche un bellissimo documento dei vescovi della metropolia di Bari che per la terra murgiana chiese “trattori e non carri armati, granai e non arsenali sviluppo e non armi”, aggiungendo ”solo la cooperazione positiva con i Paesi emergenti del Mediterraneo, divenuto lago di pace potrà garantire l’unico sviluppo di cui la nostra terra ha bisogno”. In queste parole sono chiaramente rintracciabili lo stile e il linguaggio del ministero profetico di don Tonino Bello, il quale aveva già invitato la gente murgiana a opporsi ai progetti di antigenesi e di decreazione che minacciavano la loro terra.
Messaggio che riguarda nell’oggi l’intera Puglia. Le aree attrezzate per l’uso delle armi, i luoghi ad esse adibiti sono incompatibili con il suo sviluppo. Viene del tutto cancellata la sua feconda funzione di cerniera tra il bacino del Mediterraneo e l’Europa. La regione pugliese prende il volto, soprattutto agli occhi della storica, importantissima area mediterranea, di una sofisticata, pericolosissima moderna postazione bellica. Diventa così luogo di miopia politica, braccio del complesso industriale e militare, che trasforma la gente, dal cammino e dal destino comune, in “potenziale nemico“. La Puglia invece è chiamata ad essere, con le parole dell’indimenticabile vescovo, “arca di pace e non arco di guerra” come ha ricordato padre Alex Zanotelli nel pregevole intervento auspicando che la Gravina-Altamura diventi la marcia di tutto il mezzogiorno. Quel valore della pace sottolineato nei significativi interventi di Sveva Haertter e di Omar Suleiman. Bisogna che si riprenda un lavoro sistematico, su tale determinante materia, come ha ricordato più volte Piero Castoro nell’appello conclusivo.
È quanto è accaduto in Basilicata, con la scelta di Scanzano Ionico come sito del deposito nazionale delle scorie nucleari. Il fiero popolo lucano ha risposto con una forte e adulta mobilitazione. La manifestazione dei centomila, con la partecipazione delle regioni meridionali, svoltasi domenica 23 novembre, e i lunghi giorni di presidio del territorio ne sono chiari segni. È giunto il tempo di avviare finalmente il processo di liberazione del Sud.
Il suo futuro, soprattutto per le nuove generazioni, non passa attraverso veleni e armi ma risiede nel lavoro e nella pace.