Occhi nuovi
Il termine pace – diceva don Tonino vescovo – non è solo un vocabolo ma un vocabolario, perché ci si trova dentro giustizia e libertà, accoglienza e dialogo, crescita e solidarietà e tante altre cose ancora; la cultura della pace diventa il tessuto di una convivenza umana che promuove la vita dell’individuo, del popolo e delle nazioni nella direzione di una civiltà dell’amore (Paolo VI).
Proprio perché Pax Christi vive in mezzo alla gente e ne condivide inquietudine e attese pensa di avere alcune parole da dire nel contesto dell’attuale situazione italiana; all’interno della comunità cristiana, per tenere alta e presente l’attenzione alla pace, lo shalom biblico che è promessa di Dio e insieme compito affidato alle mani dell’uomo; nell’orizzonte più ampio dell’opinione pubblica e di quanti hanno responsabilità per il bene comune, per far conoscere quanto la voce dei Pastori e la tradizione della Chiesa possono dire sul versante della costruzione di una convivenza degna della persona.
Parole semplici e comprensibili che ritiene utili per il bene di tutti.
Per prima cosa la concordia, il convenire insieme sulla stessa direzione. Ci troviamo dentro a una crisi economica che non appare né breve né di tranquilla soluzione. Come una famiglia, di fronte a un problema grave, raccoglie i suoi membri e chiede la collaborazione di tutti. Ognuno per la sua parte, è necessario in questo momento, imprevisto e carico di inquietudine l’unione di quanti hanno buona volontà.
Gli antichi hanno coniato un proverbio: “concordia parva crescunt”. Altri momenti difficili ha attraversato l’Italia, penso al dopo guerra e agli anni di piombo, ma ha trovato una coesione di forze pur nella diversità delle opzioni politiche.
C’è però bisogno di un chiaro esempio dove non può continuare una rissosità politica che all’affermazione di una parte contrappone sistematicamente la negazione dell’altra. Autorevoli ammonimenti si sono levati e qualche timido confronto si è affacciato, ma è condizione indispensabile per favorire la compattezza dei cittadini.
Scorrono continuamente sui teleschermi indici di rialzo e caduta di titoli e azioni e notizie di interventi di salvataggio e rilancio. Informazioni legittime ma che denotano un’impostazione prevalentemente economicista e sudditanza finanziaria, cui non poco si deve la causa dell’attuale crisi, mentre “l’autore, il centro e il fine della vita economico-sociale è l’uomo” (GS 63).
Uomo vuol dire persona, e persone sono le famiglie che in numero crescente toccano la soglia della povertà e temono lo spettro della disoccupazione e i giovani, sempre meno fiduciosi nel loro futuro. Su queste persone Pax Christi vuole richiamare l’attenzione, collocandole in primo piano, il posto che loro spetta.
Ciò richiama immediatamente una coppia di parole, come ci ricorda Benedetto XVI il 1° gennaio 2009: “Occorre scoprire la sobrietà e la solidarietà, valori evangelici e nello stesso tempo universali”. Comporta rivedere il nostro stile di vita, fare a meno delle cose superflue per una concreta solidarietà che richiederà responsabilità e sacrifici, ma è strada obbligata verso quel “fare eguaglianza” che l’apostolo Paolo raccomanda alle sue comunità.
Un invito anche a confrontare due parole che riguardano gli stranieri che vengono in mezzo a noi: accoglienza e indesiderabilità. La bilancia sembra pendere decisamente verso il secondo termine leggendo i tasselli delle impronte digitali dei Rom, le scuole separate per immigrati fino alla tassa per il permesso di soggiorno. Non si tratta di essere buonisti, perché regole e sicurezza sono necessarie, ma di avere un occhio diverso che vede l’immigrato come un compagno di viaggio e non come un pericoloso concorrente.
Per finire: se dal rapporto Civicus, che opera su piano internazionale, si rileva che nella situazione italiana l’86% dei cittadini manifesta fiducia nelle organizzazioni di volontariato, e solo l’8% dice lo stesso dei partiti (Avvenire 22/01/09) mentre nel determinare scelte e indirizzi strategici, in una scala da 1 a 10, il governo vale 8,5, appare chiaro l’obbligo di un ripensamento da parte di chi regge le sorti della nazione onde ridurre lo scollamento dalla base popolare, senza della quale non si legittima la rappresentanza.