La posta in gioco

Il rilancio del nucleare è guerra dichiarata alla natura, alle risorse necessarie per tutti, alla sopravvivenza dello stesso genere umano.
Angelo Baracca

L’articolo di Giorgio Ferrari mette a fuoco i problemi di fondo della tecnologia nucleare. I reattori di 3a generazione, che sono commercializzati oggi, anche se migliorati rispetto a quelli costruiti nel passato e attualmente in funzione (2a generazione), mantengono invariati tutti i problemi di questa tecnologia: produzione di scorie radioattive con vita estremamente lunga per le quali nessun paese ha trovato una soluzione (chi può garantire, con gli imprevedibili cambiamenti futuri del mondo, che tra centinaia o migliaia d’anni rimarrà memoria di depositi estremamente pericolosi?); rischi di proliferazione militare, che hanno segnato il cammino di tutta l’Era Nucleare; immutata dipendenza energetica da un pugno di  imprese che controllano il mercato dell’uranio (“sette cugine” invece delle “sette sorelle” del petrolio di infausta memoria), il quale costituisce una risorsa forse più esauribile dei combustibili fossili.

La tecnologia nucleare

C’è un aspetto fondamentale che bisogna sempre richiamare: non per alimentare allarmismi, ma perché la radioattività è la tecnologia più pericolosa che la nostra civiltà ha prodotto, in contrasto inconciliabile con i meccanismi della natura! Senza dubbio sostanze chimiche tossiche si accumulano in quantità dannosissime e persistenti. Ma quando sono in gioco i fenomeni attinenti al nucleo dell’atomo, sviluppati solo artificialmente dallo scienziato “Apprendista Stregone” – la natura li utilizza, ma nei nuclei delle stelle! – siamo su un piano assolutamente diverso, le energie sprigionate sono incomparabili con quelle in gioco nei processi biologici e ambientali, milioni di volte superiori: non è per caso che i primi a utilizzare questi processi siano stati i militari! I processi naturali sulla superficie terrestre, di natura chimica, non sono in grado di eliminare la radioattività che proviene dal nucleo atomico. E ora il rilancio del nucleare può venire proposto solo a patto di celare completamente all’opinione pubblica il gravissimo, persistente livello di inquinamento radioattivo dell’atmosfera terrestre: dalle centinaia di test nucleari, al disastro di Chernobyl, alle munizioni a uranio depleto, per limitarci ai principali! Non è onesto, non è morale, continuare a diffondere i risultati di studi raffinati che paragonano tra loro… cose incommensurabili, quali le probabilità di un incidente in una centrale elettrica convenzionale e nucleare! Perché se nel secondo caso la probabilità fosse anche milioni di volte inferiore, le conseguenze di un incidente come quello di Chernobyl sono su una scala assolutamente non confrontabile. Non ci basta sapere che un tale incidente ha una probabilità “bassissima”: vogliamo proprio escluderlo! E vogliamo escludere in modo assoluto anche ogni ulteriore fattore che possa alimentare la proliferazione militare: e per questo bisogna chiudere tutte le attività energetiche legate alla tecnologia nucleare.

Crisi di civiltà

Non vi è dubbio che il mondo sta andando incontro a una crisi di tutte le risorse, che si accompagna a una serie di crisi più generali, e che impone scelte nuove e drastiche. Sul problema delle risorse si giocano le grandi manovre geopolitiche – Israele-Palestina, Iraq, Iran, Afghanistan, e così via – che avvicinano terribilmente il mondo a una catastrofe nucleare.

La Campagna per la ripresa del nucleare fa leva sull’onda emotiva, alimentata con profonda e intenzionale disinformazione, della scarsità delle risorse energetiche: eccovi la soluzione, addirittura un “nucleare sostenibile” – i reattori di 4a generazione (cfr. articolo di Marotta) – che perpetuerà la disponibilità di combustibile nucleare e ridurrà o risolverà tutti i problemi che questa tecnologia ha creato nel passato. Ma la crisi energetica non è una “crisi di elettricità”, poiché l’energia elettrica corrisponde a meno di un quinto dei consumi mondiali di energia! E il nucleare ha a che fare solo con questo quinto (Electricité de France continua a promuovere il riscaldamento elettrico e poi chiede nuove centrali nucleari; e la Francia importa più petrolio di noi).

Questo dimostra che vi è ampio spazio per ristrutturare le nostre forme di vita: che sono in primo luogo quelle del mondo capitalista ricco; e mai potrebbero estendersi a tutta l’umanità! Con o senza centrali nucleari. Il pianeta non lo consentirebbe!

Solo una svolta radicale potrà tirarci fuori da tutto questo. Consumare meno energia non vuol dire “tornare alla candela”. L’esasperazione di questo tipo di sviluppo ci porta sempre più a vivere non solo separati dalla natura, ma in crescente contrasto con essa: megalopoli invivibili; intolleranze etniche, culturali, religiose; subordinazione di qualsiasi risorsa alla logica del profitto, e così via. Bisogna fare un passo indietro, prima che sia troppo tardi. Non è chiaro se la direzione presa dall’intelligenza superiore a cui ha condotto l’evoluzione biologica sarà compatibile con i meccanismi stessi dell’evoluzione e gli equilibri naturali. Il genere umano potrebbe essere destinato a scomparire su questo pianeta in tempi enormemente minori di quelli delle altre specie, per effetto delle sue capacità superiori, con cui ha dichiarato guerra alla natura.

Il nucleare è una delle tante realizzazioni tecnologiche, artificiali, una delle peggiori, che si contrappongono ai meccanismi della natura. La sola speranza per sopravvivere, per creare un mondo di pace, è cambiare radicalmente i nostri modi di vivere, produrre, consumare, spostarci, rapportarci fra noi: è sicuramente possibile (il problema è se lo sia socialmente, contro chi detiene il potere nel mondo) un modo di vivere completamente diverso, più armonioso, meno stressante, più sano, più giusto, e assai meno divoratore di energia. Anzi, basato sull’energia che la natura ci fornisce, con i suoi flussi naturali (cfr. l’articolo di Nebbia). Non c’è altra via.

La crisi economica

Perché si delinea oggi un ulteriore problema dirimente, una contraddizione profonda, che probabilmente taglierà le gambe ai grandi programmi di rilancio dell’energia nucleare. La crisi economica mondiale sta rimettendo in discussione tutti i meccanismi che il mitico “mercato” non è affatto riuscito a regolare. L’aspetto finanziario della crisi solleva molti dubbi sulla possibilità che negli anni a venire si troveranno le decine o centinaia di miliardi di dollari necessari da immobilizzare per 5-10 anni per la costruzione massiccia di centrali nucleari. Il dubbio è stato sollevato perfino da una fonte autorevole come il Wall Street Journal il 12 maggio 2008.

Il balletto sul problema dei costi del nucleare è grottesco. Non solo viene presentato considerando solo la costruzione e l’esercizio delle centrali e occultando tutti i costi a monte e a valle (articolo di Ferrari). Vi sono due centrali di 3a generazione in costruzione, in Finlandia e in Francia. La prima, iniziata nel 2005, è in ritardo di 2 anni rispetto ai tempi previsti, i costi sono quasi raddoppiati rispetto alla stima iniziale (da 2,5 miliardi di € a più di 4), durante i lavori si sono verificati gravi problemi (cattiva qualità dei materiali, saldature di componenti chiave per la sicurezza che non soddisfano i criteri richiesti). Anche in Francia le ditte coinvolte hanno difficoltà a ottemperare i requisiti tecnologici: figuriamoci che cosa potrebbe accadere in Italia!

La costruzione di centrali nucleari in Italia non creerà nessun beneficio né per un’industria che non è all’altezza, né per l’occupazione stabile. Non abbiamo più sufficienti competenze e capacità tecniche. Sarebbe molto più proficuo, economicamente e tecnologicamente compatibile, per il nostro paese impegnarsi sulle energie rinnovabili, sulle quali “o Paise do Sole” è invece il fanalino di coda in Europa!

 

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