Alla ricerca di nuovi reattori

Nucleare, nuove tecnologie, vecchie problematiche: dalla sicurezza alla non proliferazione.
Il ventaglio dei problemi irrisolti.
Leonardo Marotta (Entropia Snc. Collaboratore alla didattica Università IUAV di Venezia)

Secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, OCSE NEA/IEA, Projected Costs for Generating Electrivcity, 2005, nda) i costi del nucleare, oggi, variano tra i 36 e i 68 $ per MWh (megawatt ora, unità di misura dell’energia), compreso il decommissioning, la fase di gestione dell’impianto a fine vita e un tasso di sconto del 10%. Sono costi paragonabili a quelli dell’attuale produzione di energia, utilizzando il carbone.

Sullo stato del nucleare esistono voci discordanti. I 439 reattori in funzione nel mondo produrrebbero 368 GW (gigawatt) elettrici, circa il 16% della produzione elettrica mondiale, il 35% per l’Unione Europea. Attualmente sono 25 i reattori in costruzione nel mondo (22 secondo Greenpeace, di cui 17 in Asia) per complessivi 19 GW e 39 reattori ordinati per 41 GW (www.enea.it).

Problemi irrisolti

Il rapporto The Future of Nuclear Power, pubblicato dal MIT (Massachussetts Institute of Tecnology, uno dei più importanti centri di ricerca del mondo) nel 2003, sosteneva che il nucleare non si configurava come scelta competitiva dal punto di vista economico, in quanto pone problemi significativi in termini di sicurezza, proliferazione e rifiuti. La non economicità del nucleare è segnalata anche da un rapporto indipendente commissionato da Greenpeace: la costruzione di una centrale nucleare può superare anche del 300% il budget previsto, mentre i tempi i costruzione sono da ipotizzarsi a 3 o 4 anni in più, da 66 mesi a 116 mesi, rispetto a quelli previsti. Sono tempi e costi che rendono sempre più necessari investimenti statali, non incentivano gli investitori e rendono il nucleare un’alternativa non percorribile nel tempo breve come strategia di riduzione dei gas serra (www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/costi-nucleare).

Si pone poi il problema della sicurezza, necessaria a limitare i rischi e le conseguenti fughe di sostanze radioattive. Strategie per la sicurezza sono state implementate con la progressiva standardizzazione degli impianti e delle procedure, con la valorizzazione di sistemi di sicurezza passivi/intrinseci, con la struttura di reti nucleari globali, con il potenziamento delle salvaguardie fisiche. La sicurezza dipende anche dal luogo e dai metodi di stoccaggio del materiale radioattivo, nonché dal trasporto dei materiali stessi, in particolare dal sito della centrale al sito di stoccaggio, come testimonia, negli USA, la polemica sull’ipotesi del trasporto delle scorie, via treno, dalle centrali al sito di stoccaggio di Yucca Mountain.

Non risulta ancora risolto il problema della non proliferazione, in quanto dovremmo essere in grado di evitare la diffusione incontrollata di materiali e componenti a doppio uso, per quanto esista un trattato di non proliferazione che risale al tempo della costituzione dell’AIEA (1956), nonché dei meccanismi di controllo del commercio e dell’uso di materiali nucleari. Allo stato attuale delle cose dovrebbe prendere corpo la revisione del trattato di non proliferazione, nonché il rafforzamento del sistema di salvaguardia nucleare contro il terrorismo internazionale.

Nuovi reattori?

Non sappiamo se queste problematiche potrebbero essere risolte con i nuovi modelli di reattori, di terza o quarta generazione. La prima generazione dei reattori nucleari è praticamente, a oggi, in fase di smantellamento. La seconda generazione si presenta a vita lunga, con la sua grande varietà di opzioni tecnologiche: acqua leggera, pressurizzata, bollente, acqua pesante, gas-grafite, acqua grafite, sodio e altri.

I soli reattori di terza generazione sono l’ABWR, Advanced Boiling Water Reactor, da 1.400 MWe, progettato da General Electric e Toshiba (4 reattori in servizio e due in costruzione a Taiwan alla fine del 2006) e l’EPR, European Pressurized-water Reactor da 1.600 MWe, di Framatome ANP (partecipazione al 12,5% dell’Enel), con due reattori in costruzione, a Olkiluoto in Finalandia e a Flamanville in Francia.

Il caso della costruzione del reattore Olkiluoto 3 in Finlandia,  ad opera di Areva-Siemens, è esemplare: si sono accumulati ritardi di oltre 2 anni e mezzo e un aumento dei costi valutato in 3 miliardi di euro.

Tra il 2010 e il 2015 dovrebbero essere disponibili i reattori di Generazione III+ (A. Baracca, L’Italia Torna al Nucleare?, Jaca Book, Milano, 2008): 

- l’Advanced CANDU Reactor (il CANDU è un reattore canadese di seconda generazione a uranio naturale e acqua pesante) in corso di certificazione in Canada, Cina, USA e Regno Unito;

- i reattori refrigerati a gas ad alta temperatura come il Pebble Bed Modular Reactor (PBMR, “a letto di sfere”), sviluppato in Sudafrica con il supporto di esperti tedeschi:

- il GT-MHR, reattore modulare refrigerato a gas da 100 MWe progettato da General Atomics in USA:

- l’IRIS, International Reactor Innovative & Secure, sviluppato da un consorzio internazionale guidato da Westinghouse, di cui fanno parte anche università, centri di ricerca e imprese italiane.

I reattori più moderni dovrebbero essere quelli del Generation IV International Forun (GIF) in cui si ritrovano Argentina, Brasile, Canada, Francia, Giappone, Corea, Regno Unito, Stati Uniti, Sudafrica, Svizzera, il russo IUEC (International Uranium Enrichment Center) e lo statunitense GNEP (Global Nuclear Energy Partnership). Gli obiettivi sono molteplici, ma se ne possono specificamente definire quattro:

1-sostenibilità, con uso efficiente del combustibile e ridotta produzione di rifiuti nucleari,

2-economicità, con un costo competitivo dell’energia e una realizzazione dei primi impianti commerciali prototipo entro il 2030,

3-elevato grado di sicurezza, affidabilità, bassa probabilità di danno al nocciolo del reattore, assenza di piani esterni di emergenza,

4-resistenza alla proliferazione e agli attacchi terroristici.

Non mancano però le difficoltà, che si possono sintetizzare nella necessità di mantenere in uso le centrali attualmente in funzione, con miglioramenti e innovazioni che ne potrebbero prolungare la vita e nella difficoltà/resistenza/eterogeneità della collaborazione internazionale. A questo si aggiunga il fatto che la produzione di energia concentrata in pochi siti, ovvero il modello nucleare classico, genera problemi di sicurezza e gestione della rete elettrica, con non irrilevanti problemi di inquinamento elettromagnetico.

Per la 4a generazione già si definiscono alcuni modelli:

- GFR, reattore veloce raffreddato a gas, che produce energia elettrica e idrogeno, in grado di minimizzare la produzione di scorie nucleari,

- LFR, reattore veloce raffreddato a piombo, con possibilità di piccole taglie,

- MSR, reattore termico a sali fusi, che produce energia elettrica e idrogeno, in grado di funzionare anche con il ciclo torio-uranio,

- SFR, reattore veloce raffreddato con sodio, ciclo di combustibile chiuso, possibilità di piccole taglie

- SCWR, reattore supercritico raffreddato ad acqua, derivato dall’evoluzione degli attuali reattori giapponesi,

- VHTR, reattore termico a gas, ad alta temperatura.

Ci dicono che i nuovi sistemi di 4a generazione dovrebbero risolvere sia il problema della disponibilità del combustibile nucleare, sia il problema delle scorie, chiudendo il ciclo. Se sarà vero, quando succederà? Nel frattempo, se si deve attendere ben oltre il 2030, sono da individuare specifiche, chiare e definitive alternative al nucleare.


 

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