Gli africani di Calabria
Era l’inverno del 2005 quando, grazie a tre giovani rosarnesi, scoprivo che a circa 60 Km da casa mia c’era un inferno fatto di rifiuti e fumi, sfruttamento e violenza. “Vivono come gli animali – ci dissero – e in più i passanti li prendono a pietrate”. Questo pezzo di Calabria era, ed è ancora oggi, abitato da lavoratori africani, perlopiù dell’Africa Subsahariana; andammo a conoscerli.
Sulla strada nazionale che attraversa Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando fu subito possibile incontrarli, incolonnati sul bordo della strada, di ritorno dalle campagne. Erano diretti perlopiù alla Cartiera, o meglio come la chiamano i ragazzi africani alla Fabbrica. Scoprimmo che quel capannone fantasma, uno dei tanti da queste parti soprattutto dopo la 488, all’inizio degli anni Novanta venne costruito con fondi pubblici per ospitare la “Modul System Sud”, uno stabilimento che avrebbe dovuto produrre moduli per computer e telescriventi, divenuto oggi un rifugio per parte di questi immigrati.
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