Un premier come Zaccheo
Era un uomo basso di statura e molto ricco, Zaccheo. Era il capo dei pubblicani di Gerico. Il capo degli appaltatori delle tasse per conto dell’occupante romano notoriamente si lasciava andare a una vita dissoluta traendo arbitrariamente vantaggio dal sistema indefinito con cui veniva stabilita la tassazione. Ovvero si arricchiva facendo la cresta sulle tasse da richiedere. Ovvero speculava a partire dalla sua stessa posizione. Sta di fatto che quando Zaccheo viene a sapere che Gesù passerà nella sua città a Gerico, spinto dalla curiosità, sale su un albero di sicomoro. Il resto lo conoscete: Gesù lo vede e gli chiede di fermarsi a casa sua.
Zaccheo per risposta devolve ai poveri metà delle sue ricchezze e a coloro che ha derubato rende per quattro volte. I segni della conversione di Zaccheo non sono nel ritorno alla sinagoga da cui presumibilmente era stato espulso per impurità, quanto nei segni di giustizia che mette in atto. Mette riparo alla giustizia che aveva scandalosamente tradito.
Anche il presidente del consiglio del nostro Paese è un uomo basso di statura e molto ricco. Prima che una sua conversione alla giustizia verso i poveri noi ci aspetteremmo che salisse anch’egli su un sicomoro. Che riuscisse cioè a guardare al Paese reale. Che potesse incrociare lo sguardo di Armando che a 63 anni, trasferitosi da tempo da Boscoreale a Milano per ragioni di lavoro, è stato licenziato dalla Flexi Job (un nome che è tutto un programma!) che lo faceva lavorare sabato, domenica e festivi nella portineria di Milan Channel per un massimo di 500 euro al mese. Ora per quel posto avevano trovato una ragazza che conosceva le lingue e Armando non serviva più! E pensare che Armando aveva anche chiesto a suo figlio cassintegrato di andare a vivere nella stessa casa con lui e sua moglie in modo da far fronte alle spese mettendo insieme le rispettive mensilità.
Dal primo giugno si erano perse le sue tracce perché Armando non riusciva più a reggere lo sguardo di sua moglie e tanto meno a riferirle del licenziamento. Per questo Armando aveva anche tentato il suicidio. Poi ne ha parlato la televisione, Chi l’ha visto? Ma il presidente del consiglio del nostro Paese l’ha visto? È salito sul sicomoro? S’è fatto largo tra le fronde per rendersi conto che c’è una famiglia in questo Paese che vive con 500 euro al mese e piange per aver perso anche quel poco che ha?
Non si sa se sia più immorale tutto quel che viene quotidianamente a galla con la Velinopoli barese o ignorare la condizione di un disoccupato. Se sia più immorale regalare gioielli come bonbon alle ospiti di una serata mondana o negare la crisi perché non si ha il coraggio di salire sull’albero.
Il guaio peggiore è che il successo di chi ostenta ricchezze e fortune al punto da potersi permettere tutto, ma proprio tutto, fa scuola nel nostro Paese.
A leggere le cronache, il trentenne imprenditore rampante pugliese che allietava con belle donne le serate del proprietario di Palazzo Grazioli e Villa Certosa, è l’esatto prodotto del modello berlusconiano cui aspira con ogni forza.
Egli è uno dei tanti cloni di personaggi che sembrano giunti dalla mitologia greca metà venditore di mercato rionale e metà illusionista, metà guitto e metà conquistatore.
Questo modello di successo e di potere è nella testa di tanti giovani per i quali si scrive ogni giorno un altro vangelo: a chi dimostra di saper conquistare il successo tutto è permesso, niente è proibito, tutto è lecito, niente è immorale.
La vita è un palcoscenico in cui va quotidianamente e perennemente in onda L’isola dei famosi e Il grande fratello. Darwinianamente ogni giorno quelli come Armando vengo “nominati” e quelli come Tarantini si fanno furbi. Non sappiamo se quella di salire sull’albero sia stata un’idea di Zaccheo o se qualcuno gliel’abbia suggerita. È certo che ci sentiamo orfani in questo Paese di voci autorevoli, credibili e forti che invitino il premier a prendere coscienza del clima di decadenza in cui stiamo scivolando. Di chi inviti, persuada, incoraggi il presidente del consiglio a salire su un sicomoro per incontrare la vita e ridare il primato alla giustizia.