Il giardino delle libertà
Agorà è il termine con cui nella Grecia antica veniva indicata la piazza principale della polis. Fulcro economico e commerciale, religioso e politico era il luogo della democrazia, cui partecipavano tutti i cittadini che si riunivano per decidere delle cose comuni.
L’idea di spazio pubblico inteso come spazio aperto a tutti, luogo simbolico della politica e delle libertà civili – libertà di manifestazione, di parola, d’espressione – è un’idea ancora presente nel contesto attuale. È un luogo simbolico che costituisce il terreno delle libertà democratiche che a loro volta consentono di regolare i conflitti sociali e politici e il confronto con i poteri costituiti. D’altra parte la parola pubblico si riferisce a ciò che appartiene/riguarda/è accessibile alla collettività.
I cambiamenti degli ultimi tempi, l’avvento della globalizzazione, del mercato e della post modernità hanno portato, però, alla necessità di definire un nuovo limite/spazio del pubblico, che per alcuni aspetti sembra ridotto a mero luogo di incontro tra domanda e offerta. Pubblica pare debba essere solo la garanzia che questo spazio esista, che tutti (tutti?) vi possano accedere, che vengano rispettate alcune regole. Anche se il prezzo è vedere i propri diritti rappresentati, ad esempio, perché consumatori e non perché cittadini.
Esistono settori economici che non dovrebbero essere assoggettati alla logica del profitto, e che invece in toto o in parte vengono delegati al privato. Così come esistono un’economia e una finanza che in crisi come quella attuale sembrano affrontabili solo con importanti interventi statali. Esiste d’altra parte un privato no profit, terzo e quarto settore, cooperazione: una sorta di libera imprenditoria volta, almeno nelle intenzioni, alla promozione del bene comune, dei propri soci come della collettività. Così come esiste un privato che riveste rilevanza pubblica. Un privato con un rischio d’impresa praticamente nullo perché finanziato da fondi pubblici.
In questa società liquida appare arduo tentare di definire confini, fosse pure concettuali.
Il tentativo di questo dossier è quello di provare a guardare al “pubblico”, oggi in fase di profonda trasformazione e molte volte con caratteristiche e modalità tutt’altro che inclusive, perché guardare come mutano gli scenari, e con essi il nostro modo di pensare e di relazionarci con il reale, pare imprescindibile per la tutela dei diritti di tutti, terra compresa.