Alcune considerazioni attorno alla legge sulla sicurezza e l'immigrazione

Diocesi di Vicenza - Ufficio Diocesano Migrantes, Caritas Diocesana
e Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso

In occasione dell’approvazione della legge sulla sicurezza da parte del Parlamento Italiano l’Ufficio Diocesano Migrantes, la Caritas Diocesana e l’Ufficio per l’Ecumenismo ed il Dialogo Interreligioso hanno condiviso con il vescovo, mons. Cesare Nosiglia, alcune riflessioni sulla situazione e sulle conseguenze che la nuova norma determina sulle persone migranti irregolari e senza dimora e che, in continuità con quanto più volte affermato dalla Chiesa, intendono ora ribadire pubblicamente.
Papa Benedetto XVI, nella sua recente enciclica “Caritas in veritate”, scrive: «Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti in ogni situazione» (n. 62). E la Conferenza Episcopale Italiana, nella assemblea generale di maggio, ha ricordato che «una risposta (al problema dell’immigrazione) dettata dalle sole esigenze di ordine pubblico - che è comunque necessario garantire in un corretto rapporto tra diritti e doveri - risulta insufficiente» se non ci si interroga sulle cause profonde di un simile fenomeno e non è accompagnata da percorsi di effettiva integrazione di quanti sono giunti sul nostro territorio.
Non condividiamo il fatto che la irregolarità diventi un reato da punire penalmente, perché ciò fa del migrante un soggetto socialmente pericoloso, prima e senza la responsabilità del suo comportamento. Così, oltre che ledere la dignità inviolabile della persona, si incentiva il nascondimento di tanti, ricattabili ogni qual volta debbano accedere a servizi pubblici o ad atti di stato civile. Anche i minori, saranno spinti alla “invisibilità”, poiché pure le deroghe annunciate per il loro accesso alla scuola, non sono in grado di rimediare il messaggio che la legge nell’insieme determina per la famiglia di migranti irregolari, costretti al sommerso e perciò in balia, facilmente prevedibile, di quelle organizzazioni illegali se non criminali che troveranno facile incentivo.
In tal senso possiamo tutti inoltre constatare “il tunnel” in cui viene costretta la vita di molte “badanti” che non hanno il permesso di soggiorno o che, pur desiderandolo, non lo potranno avere. Del resto anche la non retroattività della nuova norma non permette di intravedere vie di regolarizzazione possibili. Nella sua visita pastorale il Vescovo incontra moltissime di queste persone e raccoglie giudizi molto postivi sia da parte di malati ed anziani che delle loro famiglie.
Non possiamo non ricordare ancora la condizione di quanti fuggono dai loro paesi costretti dalla persecuzione che mina la loro vita e che, anche secondo le norme internazionali, hanno il diritto di veder vagliata la legittimità della loro richiesta di aiuto e di asilo, dopo l’indispensabile urgente accoglienza.
Da ultimo come non registrare vivissima preoccupazione per il significato culturale che l’istituzione del registro per le persone senza dimora va ad alimentare. Ogni qualvolta scaviamo più profondi solchi per difenderci dalla diversità sociale e culturale, non facciamo altro che indebolire le fondamenta di una pacifica convivenza capace di includere le diversità riconoscendone dignità inviolabile, piuttosto che escludere discriminando.
Sono pertanto necessarie nuove vie di flessibilità e gradualità normativa per saper portare alla legalità la grande e complessa diversità di situazioni di cui gli immigrati sono portatori. Occorre conseguentemente porre mano alle procedure amministrative per il rinnovo e la la richiesta del permesso di soggiorno: tortuoso e inutile calvario che punisce i regolari e gli onesti.
Urge inoltre considerare la necessità di una proroga alla scadenza del permesso di soggiorno per quanti perdono il lavoro, come più volte il vescovo stesso ha chiesto, evitando di esporre le famiglie dei migranti allo sfaldamento culturale ed affettivo, costringendole ad abbandonare il nostro Paese dopo anni di faticoso inserimento e di concreto contributo alla comune crescita economica.
Legalità, dignità di ogni essere umano e solidarietà non sono vie impossibili da coniugare assieme. Si trova sempre la via per armonizzare accoglienza e sicurezza. Evitiamo le scorciatoie, consapevoli come il Papa richiama, che «siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale» e che «nessun Paese da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo».
La stragrande maggioranza degli immigrati vive tra noi in pace e vuole solo assicurare a sé e alla propria famiglia un futuro di serenità, lavorando ed operando assieme a noi nella nostra società.
Invitiamo pertanto le comunità cristiane e le famiglie a rapportarsi con questi fratelli e sorelle con spirito aperto all’accoglienza, alla solidarietà, alla promozione della legalità. Ma se la giustizia è la prima forma di carità, dobbiamo far crescere una pubblica opinione capace di chiedere giuste e adeguate soluzioni ai complessi problemi della nostra società plurale, sapendo vivere ed esigere gradualità e pazienza nella costruzione del Bene Comune.
Ogni persona povera ed esposta troverà sempre nella Chiesa appoggio concreto e sostegno ai suoi diritti e alle sue necessità di vita, di lavoro, di casa, di educazione dei figli, di sanità, di esercizio della libertà religiosa e di integrazione nella società.

Ufficio Diocesano Migrantes
Caritas Diocesana
Ufficio per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso

Vicenza 9 luglio 2009

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