La Chiesa, i migranti, Pax Christi
Stimolante e significativo il convegno promosso l’11-13 settembre 2009 dall’Istituto di Scienze Sociali Nicolò Rezzara di Vicenza sul tema “Contro la xenofobia una nuova cultura” a Recoaro, località circondata da varie sperimentazioni di populismo etnico.
Le relazioni di Giuseppe Dal Ferro, Cesare Nosiglia, Salvatore De Giorgi, Agostino Marchetto, Ulderico Bernardi, Maurizio Ambrosini, Vincenzo Pace, Ilvo Diamanti, Vincenzo Cesareo, Stefano Allievi, Antonio Papisca e Felice Rizzi hanno convenuto nella necessità di sviluppare una nuova cultura popolare dei diritti umani. Molti interventi hanno evidenziato la gravità di progetti politici che, sfruttando paure legittime, utilizzano abusivamente il richiamo ai “valori cattolici” ostentati come arma di consenso.
Spesso il “popolo cattolico” appare più vicino alla “teologia identitaria” del leghismo che alla Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) o all’attività della Caritas o del mondo missionario.
“Guardando alle radici cristiane del nostro popolo - ha affermato Cesare Nosiglia, vescovo di Vicenza, nel suo indirizzo di saluto - verrebbe da chiedersi se, di fatto, il Vangelo dell’amore e del saper vincere il male con il bene, sia penetrato nel tessuto concreto della nostra gente”.
Per la Chiesa, ha osservato il presule vicentino, l’emigrazione non è solo un fatto sociale o politico ma anche “un fattore positivo dove si misura la sua capacità di essere e di manifestarsi quale sacramento di unità e di pace per l’intero genere umano”.
Calma e vibrante è stata la riflessione di Agostino Marchetto, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti, cui ho rivolto un saluto grato e solidale a nome di Pax Christi che l’ha citato nel suo documento del 5 luglio (contrario al decreto sicurezza). Marchetto ha illustrato la sostanza della Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) in merito ai diritti umani e alla difesa della vita delle persone. Ha ricordato l’alto magistero ecclesiale sul tema: dalla fondamentale l’Istruzione vaticana Erga migrantes caritas Christi (EMCC) del 2004 ai Messaggi per la Giornata mondiale dei Migranti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, al Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata mondiale della pace del 2001 (“Dialogo tra le culture per una civiltà dell’amore e della Pace”).
Il cammino del dialogo è lungo ma può essere liberante perché riguarda esperienze reali. “Il vero incontro, - ha osservato Marchetto - non avviene tra culture astrattamente considerate ma tra persone concrete” che possono acquisire una responsabilità comune. Superando sia “l’imperialismo culturale” che porta alla piatta assimilazione che “il relativismo che conduce alla balcanizzazione sociale”, alla reciproca chiusura delle culture, occorre promuovere una “fecondazione reciproca di culture”con percorsi comuni di bene comune.
Molti interventi hanno analizzato i complessi problemi di inserimento in una società dove “la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica” (Caritas in veritate, CIV, 75) e dove il mercato del lavoro è quello segmentato delle cinque P (precario, pesante, pericoloso, poco pagato, penalizzato socialmente), dove esistono forme di semi-schiavitù e dove si forma nei fatti una cittadinanza dimezzata. Decisivo è al riguardo il ruolo innovatore di pratiche sociali accoglienti, di forze che sappiano lavorare in modo progettuale al di là dell’emozione scatenata dai mass media e dai politici volti solo alla conquista del consenso immediato con scelte definite “popolari” ma in realtà ideologiche, controproducenti e dannose per tutti. Nella relazione di Papisca le discussioni sul diritto di voto per gli immigrati, oscillanti tra chi sostiene lo jus sanguinis (appartenenza etnica) e chi afferma lo jus soli (residenza territoriale) come criteri di valutazione per la cittadinanza, devono sfociare nell’emersione dello jus dignitatis humanae (dignità della persona) secondo il nuovo diritto internazionale dei diritti umani intrecciato alla prospettiva della DSC.
Per tutti diventa urgente un’opera educativa lungimirante orientata a tessere i fili interculturali di una “società educante”. Troppe volte si usa una fraseologia violenta o volgare centrata sulla paura e sul possesso esclusivo dei beni. È importante educare a uno sguardo cosmopolita e a un linguaggio mite che non de-umanizza. Il linguaggio è relazione, costruisce rapporti.
Il presidente dell’Istituto Rezzara Giuseppe Dal Ferro (che ha presentato l’iniziativa ricordando l’opera di Levinas, Buber, Cassirer Sundermaier e Italo Mancini), ha concluso con la categoria dell’ “inclusione relazionale” affermata nella CIV nel contesto del mistero trinitario (n. 54).
Stimolante il lungo telegramma di Mariano Crociata, segretario generale della Cei, che invita la Chiesa a lottare per “indurre modificazioni dei comportamenti sociali”, a intraprendere “una battaglia che va combattuta proprio perché la cultura cristiana ha i mezzi per smascherare molti inganni che l’acquiescenza dei nostri tempi favorisce”. Occorre proprio “congedarsi dal Novecento e dalle ristrettezze del secolo caratterizzato da una mentalità troppo spesso drammaticamente segnata dalla paura dell’altro e del ‘diverso’, per appropriarsi di strumenti più efficaci con cui costruire l’alfabeto sociale del secolo XXI”.
E’ un alfabeto che il magistero cattolico sta elaborando e proponendo da decenni. Su questa scia abbiamo davanti appuntamenti interessanti: il II° Sinodo africano dell’ottobre 2009, la Giornata Mondiale del 1 gennaio 1010 (“Coltivare la pace, custodire il creato”), la settimana per l’unità dei cristiani (gennaio 2010), la preparazione della Settimana sociale dei cattolici di Reggio Calabria (ottobre 2010). Nelle diocesi italiane stanno fiorendo realtà e iniziative di vario tipo col rischio di dispersione. Penso che il cammino giusto sia quello di creare luoghi ecclesiali che rilancino la DSC sviluppando la CIV (2209), la citata EMCC (2004) e un bel testo elaborato dalla Commissione Teologica Internazionale dei Teologi, “Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale” (2009). A tal fine ritengo necessario l’attivazione di Pax Christi per promuovere in ogni diocesi (pochissime ce l’hanno) la Commissionediocesana Giustizia e pace.