Vangelo senza confini

14 ottobre 2009 - Mario Bandiera (Direttore CMD Novara)

Lo slogan della Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno è: “Vangelo senza confini”, nella sua semplicità la frase bene illustra la tensione ideale che soggiace all’interno stesso di questo messaggio. Il Vangelo, ovvero la buona notizia per eccellenza, germogliata in una provincia periferica dell’Impero Romano è diventata lungo i secoli una proposta di vita che ha affascinato e attratto generazioni di persone e popoli interi. Eppure, ai giorni nostri il cristianesimo pur essendo una delle religioni più consistenti al mondo, sia pur nelle sue svariate confessioni, resta un messaggio di salvezza ignorato da oltre i due terzi dell’umanità. Per certi versi – erroneamente - esso è considerato la religione dell’Occidente, per questo è visto, specie nel mondo islamico, come un temibile concorrente da cui difendersi. D’altro canto la comunità cristiana sa benissimo che essa non può rinchiudersi in se stessa elevando recinti e steccati per barricarsi da intrusioni poco gradite, ma in forza del mandato del suo Fondatore, essa deve portare il lieto annuncio di salvezza fino agli estremi confini della terra. Il Papa nel messaggio della Giornata Missionaria di quest’anno, ha declinato questo slogan con un’altra frase significativa: “Le nazioni cammineranno alla Sua luce” un ulteriore invito a tutti i credenti affinché il messaggio evangelico non resti un’esclusiva particolare di un limitato gruppo di persone. Tutti i popoli hanno diritto di accedere alla luce del Vangelo e tutti i cristiani hanno il sacrosanto dovere di portare questa fiaccola fino agli estremi confini della terra. Tutto ciò ovviamente pone dei seri problemi, in quanto oggi non è più pensabile un’azione e uno stile missionario come quello praticato nei secoli passati dove a volte la Croce viaggiava di pari passo con la spada, e meno che meno è pensabile oggi costringere qualcuno ad aderire ad una fede che sente estranea e non sua. Tutto ciò pone in evidenza quanto fondamentale e importante sia il difficile ed esaltante lavoro del dialogo con le altre religioni e come sia sempre più necessario definire fino in fondo qual è la caratteristica più vera e autentica dell’essere cristiano proprio per offrirla e testimoniarla di fronte al mondo intero. Per ciò che riguarda l’impegno missionario, oggi grazie a Dio possiamo dire che in quasi tutti i Paesi è presente una comunità cattolica con la sua gerarchia, sono veramente poche le nazioni dove i cristiani sono una minoranza irrilevante e questo fa si che la stessa azione missionaria sia profondamente mutata, infatti, se fino a pochi decenni fa si poteva andare in una zona impervia, poco conosciuta e lì mettersi a costruire la Chiesa, la scuola, il dispensario, ecc., oggi in qualunque parte del mondo si vada bisognerà confrontarsi con la comunità cattolica presente e con molto rispetto mettersi al servizio di ciò che quella comunità ha elaborato per il bene comune del proprio popolo e della propria nazione. Non a caso oggi si preferisce parlare di comunione tra le Chiese piuttosto che utilizzare altri termini. Se in quasi tutte le nazioni del mondo è presente una comunità cattolica, resta il fatto che in alcuni paesi questi sono emarginati e perseguitati, l’appello quindi ad un Vangelo senza confini pone in evidenza quanto fondamentale sia mettere nel cuore stesso della riflessione e della preghiera personale e comunitaria nei nostri Paesi, il ricordo e il sostegno verso questi fratelli che vivono in situazioni difficili. Né si può dimenticare come Paesi di antica cristianità come in Europa, il cristianesimo resti solo una sorta di riferimento culturale, ma senza più lo smalto della profonda spiritualità in esso contenuto; a furia di cercare le radici si è quasi dimenticato che bisogna produrre anche dei frutti. La missionarietà quindi diventa non solo un elemento geografico: “andare lontano”, ma diventa lo spirito autentico dell’essere cristiano in quanto spinge ad andare verso i lontani e come ben sappiamo, questi “lontani” sono ben presenti anche nelle nostre contrade e negli ambienti in cui viviamo. La Giornata Missionaria quindi non può trasformarsi nella domenica in cui ci si limita a fare un’offerta più sostanziosa per le missioni, anche se questo gesto non va certo disprezzato! Essa deve stimolare il nostro interesse, la nostra attenzione, la nostra preghiera, la nostra generosità verso gli estremi confini della terra, che possono essere sì lande e territori lontani, ma possono diventare anche l’occasione propizia per riscoprire il senso più vero di una fede che per trovare la sua caratteristica più autentica ha bisogno di riscoprire e vivere la propria missionarietà, magari semplicemente un po’ appannata, bisognosa pertanto di un autentico rilancio.

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