Un autunno... caldo
Una stagione “molto calda” ci attende, per il prossimo autunno. Il grande popolo della pace dovrebbe rimboccarsi le maniche e cominciare a impegnarsi seriamente su alcuni punti che, in questo momento, ritengo estremamente importanti. Innanzitutto, l’Africa, il continente dimenticato, che paga più di tutti le assurdità della globalizzazione di questo sistema. Sono almeno 17 i conflitti ancora in corso nel continente africano che continuano a uccidere, a creare rifugiati, sfollati. L’Africa è un continente dissanguato. Galeano aveva definito l’America Latina un continente dissanguato, ma l’Africa lo è di più.
La situazione in Liberia, come quella in Sierra Leone, è estremamente grave e necessita di una forte pressione dall’esterno. E non dimentichiamo la grande guerra del Congo, che ha provocato 4 milioni di morti. I grandi mass media non ne vogliono parlare perché da questa guerra noi occidentali traiamo grandi vantaggi, soprattutto per l’estrazione di minerali – il cobalto, estremamente importante per la difesa americana, e il coltan, essenziale per l’informatica (l’80% mondiale di questo minerale viene dal Congo!). E poi ancora la guerra in Ruanda, in Burundi, in nord Uganda…
È la povera gente a pagare le conseguenze dei conflitti. Questo è il salto di qualità che dobbiamo fare: diamo più importanza all’Africa nel lavoro per la pace, più importanza alle guerre dimenticate, più forza nel parlare di queste realtà!
Il secondo punto che ci deve coinvolgere durante l’autunno sono l’Iraq e l’Afghanistan: nessuna guerra di queste è terminata! La gente continua a essere uccisa. E noi lo dobbiamo dire, così come dobbiamo dire “no alle missioni di pace”, cioè ai contingenti militari inviati in questi Paesi: non sono missioni di pace!
Una terza realtà su cui dobbiamo lavorare durante i prossimi mesi è la costituzione europea che sarà varata l’anno prossimo. Il popolo della pace non può accettare una costituzione in cui il ripudio della guerra non compare.
E non possiamo accettare che nella costituzione sia previsto un fondo per gli armamenti, costituito da un contributo degli Stati membri, perché questo vuol dire preparare la strada per un’Europa che diverrà una potenza militare in grado di contrastare la superpotenza America. Questo è di una gravità estrema e non è su questa strada che possiamo trovare la pace mondiale.
Quarto punto, infine, è la Nato: i Paesi dell’Est Europa lentamente entreranno nel l’UE e questo porrà seriamente il problema della Nato e del suo nuovo concetto strategico, passato al vertice di Washington, in cui si afferma che la Nato non è più solo strumento difensivo. Questa è una mutazione genetica sconcertante. Sono giunti all’idea del legittimo attacco preventivo, un punto che non è stato discusso nei Parlamenti nazionali né in alcun altro luogo democratico e che rende la Nato soggetta agli interessi economici. La costituzione europea nasce con una Nato che si trasforma da alleanza di difesa in attacco militare e in guerra preventiva.
Tutto questo va perseguito senza pessimismo. Spesso ascolto scoraggiamento nelle nostre azioni: non è vero che non serve a nulla ciò che facciamo! In prossimità dell’autunno abbiamo anche buone notizie: la campagna “Banche Armate” , per esempio, – a cui è dedicato il dossier – produce molti frutti. Molti istituti bancari stanno recependo il nostro appello e ci hanno garantito che non investiranno più in armi. Ed è il frutto delle nostre pressioni in tal senso!
Se ci mettiamo in rete, se agiamo insieme, se facciamo emergere questo grande movimento per la pace, consolidato durante la guerra in Iraq, penso che potremo vedere giorni migliori.