Passando per i Balcani
Dall’UE al Mar Caspio, passando per i Balcani. Qualcuno più esperto di geopolitica dirà che è stato già scritto, e la direzione è esattamente opposta: dal Mar Caspio al Mare Adriatico, passando per il Mar Nero, “il sistema” dei tre mari (Limes, 5/2000, p. 13) Il controllo di questi tre mari e dei territori da essi bagnati o esistenti nelle loro vicinanze sarà determinante per l’economia del mondo nei prossimi secoli. Sto pensando chiaramente al petrolio del Mar Caspio, al gas dell’area siberiana e transiberiana.
Gasdotti e democrazia
Ho letto che il terminale di un oleodotto arriverà a Valona; mi pare di aver visto che gli “interessati” stiano già costruendo il villaggio per le loro vacanze a Orikum, con attracchi supermoderni per yacht e simili. A Spalato giungerebbe un altro oleodotto o un gasdotto. Trieste è stata da sempre il porto della Mitteleuropa nel Mediterraneo e dunque non potrà mancare nell’elenco, per la grande gioia di noi italiani: un gasdotto, forse il più importante, anche a Trieste. Per realizzare tutto questo nella “pace”, evidentemente nei Balcani e nei Paesi coinvolti dai tracciati andranno al potere uomini e partiti di cui ‘ci si potrà fidare’. Oppure la democrazia esportata, magari anche con la forza, e facilmente condizionabile, risolverà tutti i problemi. I Balcani sono il boccone prelibato. Senza dimenticare il bel Danubio blu, che resta bello e utilissimo, anche dopo essere stato inquinato dai proiettili all’uranio impoverito seminati abbondantemente nella guerra per la salvezza del Kosovo. C’è poi la riottosa Turchia che, ormai ammaliata, si aggira per i palazzi del potere dell’UE alla ricerca di consensi e approvazioni per la propria politica e per lo sforzo “formale” per il rispetto dei diritti umani con i propri e altrui cittadini. In tutto questo scenario non credo esista lettore attento della realtà che non veda quanto la guerra all’Iraq di Saddam Hussein costituisca solo un tassello, accanto a quello che alcuni pensano sia stato già messo a posto, e cioè l’Afghanistan.
Ho letto con stupita curiosità nella stampa di questi giorni la presenza dell’Albania tra i Paesi che sono pronti a mandare uomini e mezzi in Iraq, appena l’ONU, cioè gli USA, li richiederanno. Con tutto il rispetto per l’autonomia delle scelte del governo di un popolo sovrano, l’esperienza e la presenza decennale in Albania mi autorizzerebbero ad affermare che di ben altro ha bisogno il popolo albanese in questo momento, più che di inviare i propri figli in Iraq. Non ricordo bene se nel percorso mondiale 2003 della bandiera della Pace i Balcani in qualche modo siano stati illuminati dai colori dell’arcobaleno. Ricordo con sicurezza di aver visto ad Alessano, nella casa paterna di don Tonino Bello, la bandiera della Pace portata e firmata dai partecipanti alla Marcia dell’ONU dei popoli a Sarajevo. So che i fremiti di pace, quella vera, che è giustizia, progresso, sviluppo, cultura, identità, convivenza, pari dignità, rispetto reciproco e rispetto delle risorse, sono tanti anche in Slovenia, in Croazia, in Bosnia, in Erzegovina, in Serpska, in Serbia, in Montenegro, in Kosovo, in Albania, in Macedonia, in Grecia, in Turchia, in Bulgaria, in Ungheria, in Romania, ma anche in Armenia, in Cecenia, in Kurdistan... Quando passeremo dai fremiti alla passione per la pace? Collaboriamo con le iniziative dell’ONU dei popoli! Facciamo nostro l’anelito alla pace! Gridiamo pace, costruiamo ogni giorno la pace!
Non occupare i Balcani
L’Europa non deve “occupare” i Balcani per la sola sicurezza dei tracciati di oleodotti e gasdotti. L’Europa, che ha iniziato un cammino molto importante per la pace e lo sviluppo con i nuovi dieci Paesi che ne entreranno a far parte tra breve, e che sta avviando interessanti rapporti con la Russia, può e deve camminare con i popoli della sponda orientale del Mar Adriatico e con quelli di tutta la Penisola Balcanica, sventolando non solo la bandiera blu con le sue stelle, in concorrenza con altre stelle e strisce. Come costruttori di pace, siamo impegnati nei prossimi decenni a tracciare percorsi di pace, di giustizia, di salvaguardia delle bellezze incontaminate che queste zone del mondo come tante altre ancora hanno, perché il nero del petrolio sia sovravvanzato dai colori dell’arcobaleno.