L’esperienza di Bolzano
“Pace e Diritti insieme a sinistra”. Nasce con le elezioni provinciali di Bolzano (26 ottobre) un nuovo soggetto politico che mette al centro di tutto il tema della pace e dei diritti vilipesi, offesi, rinnegati dalle nuove politiche che oggi vogliono stringere un’alleanza di potere con il sistema degli affari e del profitto. È un esperimento provinciale che sta suscitando un interesse diffuso a livello nazionale perché è riuscito a far convergere, attorno all’arcobaleno della pace che fa da sfondo al nuovo simbolo bilingue dove campeggia la scritta “Pace e Diritti”, i partiti storici della sinistra sociale (Ds, Rifondazione comunista e Sdi) in un’alleanza paritaria con una rete variegata di movimenti della società civile, che vanno da Pax Christi – tanto per intenderci – al Comitato per la difesa della Costituzione a Emergency ecc..
Per la prima volta i partiti sono stati convocati da un’idea maturata al di fuori delle segreterie (un appello scritto dal presidente di Pax Christi Bolzano, Francesco Comina, e sottoscritto da centinaia di persone sia del gruppo linguistico italiano che tedesco) e sono stati chiamati a farsi interpreti, con forte senso di responsabilità, dell’esigenza di un rinnovamento delle logiche politiche, come hanno testimoniato le piazze ricolme di cittadini durante le manifestazioni popolari degli ultimi anni. “Mai come in questi ultimi anni – si legge nell’appello di Comina – abbiamo vissuto una stagione di così g r a n d e rivitalizzazione della politica, che è passata dalle contestazioni contro le logiche selettive e schiaviste del modello di società neoliberale e turbocapitalistica nelle piazze di Seattle, Genova, Firenze, Porto Alegre, alle manifestazioni per la pace in ogni angolo del pianeta.
La politica è improvvisamente apparsa sui campanili delle chiese o sui davanzali delle case popolari di tutta l’Italia dove sventola l’arcobaleno della pace; è dilagata nel dissenso contro la guerra infinita e permanente del nuovo
imperialismo americano e contro la violenza terroristica che ha raso al suolo le twin towers; si è organizzata in iniziative culturali tese a diffondere i presupposti delle culture ‘altre’ ogni volta che il vento delle discriminazioni e del razzismo si è alzato minaccioso all’orizzonte; si è battuta per proteggere l’ambiente vitale dall’insidia della dispersione energetica e dell’inquinamento atmosferico; ha inventato i girotondi per proteggere le istituzioni dai tentativi di delegittimazione partiti dalle
sedi del potere”.
Responsabilità per il futuro
È iniziato così un lavoro lungo, difficile, complesso fra le varie forze in campo che da aprile alla fine di agosto è riuscito a far maturare il progetto e a condurlo a termine. Gli incontri e le riunioni hanno sempre seguito il metodo partecipativo e non c’è mai stato bisogno di ricorrere a forme di maggioranza per arrivare a prendere le decisioni nei vari passaggi costitutivi. La componente dei movimenti è stata sempre rappresentata da uno o due membri per ogni associazione e punto su punto è stato possibile intervenire nella stesura del programma, del regolamento, del bilancio... La lista, formata da 35 cittadini, raccoglie le varie rappresentanze dei partiti (18 divisi fra Ds, Rifondazione e Sdi) e della società civile (17). Il logo porta sullo sfondo l’arcobaleno della pace come simbolo del progetto “Pace e Diritti” e nella corona si è puntato all’idea unitaria della sinistra (Insieme a sinistra). La campagna elettorale è caratterizzata più che dai comizi e dalle forme usuali della propaganda politica, dalle testimonianze dirette di chi vive a diretto contatto con realtà in cui i diritti e la pace sono valori abbruttiti dalle logiche inique della guerra e dell’ingiustizia. Pace e Diritti è un progetto che si pone come alternativa di governo in un Alto Adige ricco ma sottoposto a processi di erosione, sempre più incalzanti, delle tutele sindacali, sanitarie e assistenziali e dove la soglia del minimo vitale si sta abbassando sempre più trascinando molti cittadini nei precipizi della povertà relativa.
Un passo avanti
Più o meno tutti, da un po’ di tempo, hanno chiesto ai partiti, e non solo a loro, la disponibilità a fare qualche passo indietro... La mia ingenuità, invece, mi ha fatto pensare che non un passo indietro, ma un passo avanti dovesse essere fatto, verso un modo di fare politica che dia risposte di senso alle domande della società civile... Mi riferisco alla gente, come me, che non ne può più di un modo di fare politica parlando male degli altri... demonizzando gli avversari... e che vuol cominciare a farla creando le condizioni per una convivenza solidale, condivisa... Non una gara tra chi è più riformista, più moderato o più liberale, ma una politica che intenda l’economia come valore religioso e non come strumento per immiserire l’altro, rifiutando le sue forme consumistiche, e assumendo il suo messaggio di responsabilità, come dice Arturo Paoli, l’anziano teologo, piccolo fratello di Gesù dell’ordine ispirato a Charles de Foucauld. Un’economia che parta dai valori umani, che ci costringa a esaminarci non sulla base degli schemi canonici della politica, ma sulla base della giustizia e dell’ingiustizia. Quello che abbiamo maturato, in questi due/tre mesi, è tanto, forse non ciò che volevamo..., ma ci ha sicuramente fatto acquisire maggiore consapevolezza del bisogno di “alzare alto il senso di responsabilità verso il futuro dell’umanità” – leggo dall’appello che illustra il nuovo progetto politico Pace e Diritti – “appellandoci ai due bastioni portanti della politica: la pace e i diritti” e non è poco... Per capirci meglio, l’idea era, quindi, quella di indurre tutti, sinistra, centro, e perché no!... anche la destra, a capire di dover interrompere il processo di deriva della politica, che non viene solo dall’avvento di Berlusconi, ma anche, in modo non insignificante, dal non avere idee per la politica del grembiule... “l’unico paramento sacro inscritto nel Vangelo”, come diceva don Tonino Bello.
Ripartire dagli esclusi
Questo vuol dire fare politica partendo dagli esclusi, dagli esuberi... da quelli, forse, a cui non importa votare, perché, per loro, da quello che vedono in TV, uno val l’altro... sono sempre gli stessi e rimarranno sempre tali... anche se qualche contentino, ogni tanto, lo danno anche nel verso giusto... Quelli per cui la pensione dei poveri, o il loro sussidio sociale, o la paga da operai o da Co.Co. Co., rimangono una vergogna rispetto alle paghe di chi fa carriera nella politica o, spesso ancor più, nel privato. Di coloro che hanno difficoltà a capire chi guadagna in un mese più di quanto, per la famiglia, loro dispongano in più anni. Di quelli che, come me, sognano una politica che ci induca “alle calde utopie dalle cui feritoie sanguina la speranza del mondo”, di cui ha parlato lo stesso don Tonino.
Un progetto che, ritrovandosi sui valori portanti del nostro futuro migliore possibile, partiti compresi, si fosse disponibili a realizzare. Un progetto che non partisse più dalla stessa politica che ci ha visti divisi per tanto, troppo tempo e che metta al centro dei suoi interessi non i beni che garantiscono il benessere a chi già ce l’ha, ma quello che può aiutare a star meglio chi oggi bene non sta: la salute, il sapere, la scuola, il lavoro, la casa, un ambiente rispettato, la tolleranza, il rispetto e la solidarietà, una condivisione che sia cercare un po’ di soldi in meno..., magari un bel po’ di meno. Una disponibilità a prendere il treno e non lasciarci sorpassare dalla storia, come diceva papa Giovanni. Quella di Pace e Diritti, insieme a sinistra, è un’esperienza di dialogo che va continuata, arricchita, sostenuta, allargata, rivolta a orizzonti più ampi, a prospettive più concrete, più condivise, più possibili... guardando allo spiraglio del cerino acceso, e che ci fa intravedere una pace che rivoluziona il modo di essere “altri”, capaci di vivere fuori dalle mura, nel deserto delle lucertole che si fermano per farsi scaldare dal sole della speranza.
Un lavoro che ci ha portati a stare insieme, anche con un po’ di fatica, forse, ma con tanta voglia di capire e di parlare alla gente in modo diverso. Che dimostri la voglia di non guardare al piccolo orto di casa, ma a un mondo libero dai condizionamenti di chi grida di più, di chi offende di più le idee dell’altro. Una heimat (una patria, come dicono i sudtirolesi di madrelingua tedesca pensando al loro Alto Adige) in cui la gente possa guardarsi in faccia, e ascoltarsi, non per l’appartenenza, ma perché compagno con cui condividere il domani possibile.
Dal nostro parlare, la gente potrà capire le nostre idee, quello che arde nel nostro cuore e, magari, oggi stesso o domani, riprendere speranza in una convivenza diversa e migliore.