SPIRITUALITÀ

Presenti nella nostra storia

Antonietta Potente e le sue riflessioni sulla religiosità della vita, abitata dal mistero, incarnata nel quotidiano.
Giorgio Piacentini

La teologa domenicana, Antonietta Potente, che dal 1994 vive in Bolivia esperienze di comunità del tutto originali con famiglie indigene, ci ha recentemente arricchito con “La religiosità della vita”.
L’idea fondante della riflessione è la necessità di abbattere i muri, di sciogliere i piccoli gruppi, di tenere insieme laici e religiosi, per condividere la comune sete della vita. Se torniamo a sederci tutti in circolo, possiamo scoprire la nostra identità profonda, ripensare la storia, fuggire dall’egocentrismo del potere e infine accorgerci (e stupirci) della religiosità della vita, che è profondamente abitata dal mistero.
Vivere il Vangelo con semplicità e pochi mezzi è una scelta mistica e politica, che consente di incontrare oggi il Signore della vita.
Di fronte alla tentazione di guardare indietro o di fissarsi in noi stessi (la contemplazione è sempre rivolta verso fuori), la risposta è spostarsi dai luoghi del potere verso il “deserto” delle periferie, cercando di capirne e di assumerne la mentalità. Quel deserto è il luogo dove oggi risuona la parola di Dio, dove far memoria di Gesù, ma anche il luogo dell’alternativa e della protesta.
Di fronte alla tentazione dell’idolatria la risposta è la solitudine, nella quale si può recuperare dignità e responsabilità e quindi costruire la comunità, come appartenenza all’unico Signore.
Di fronte alla tentazione di possedere la verità, le persone, le cose, il potere, la risposta è la pazienza, la capacità di aspettare le persone, le cose, gli avvenimenti. Perché dobbiamo sempre sapere tutto, essere sempre avanti?
Di fronte alla tentazione di escludere gli altri sentendosi un’elite, la risposta è la misericordia, che accoglie e include.
Di fronte alla tentazione di accomodarsi in un cristianesimo ricco e ozioso, la risposta è il lavoro solidale con la creazione, con l’umanità, con Dio, il lavoro etico.
Ecco i sacramenti di una vita armoniosa, ecco l’esperienza della sobrietà e della nudità di Cristo e della cura gli uni degli altri. Recuperando questo sentimento comunitario della vita, Antonietta rilegge i voti della vita religiosa, non come privilegio, ma come necessità della storia di oggi, nella prospettiva di Michea (6, 68), dove povertà diviene praticare la giustizia, castità amare con tenerezza e obbedienza camminare umilmente con Dio.
Da questo punto in avanti lo stile di vita che Antonietta propone diventa chiaro: dobbiamo essere “presenti” nella nostra storia. Giuseppe d’Arimatea chiede il corpo di Cristo, lo cala dalla croce, lo avvolge in un lenzuolo e lo depone in una tomba scavata nella roccia. Le donne osservano tutto e tornano a casa a preparare aromi e oli profumati. Tra la morte e la resurrezione di Cristo c’è un tempo di transizione. È un tempo psicologicamente lungo e preziosissimo, un tempo silenzioso e solenne.
Protagoniste di questo tempo sono le donne. Esse restano, vivono la transizione, fanno “ponte” tra morte e resurrezione. Anche noi dobbiamo restare presenti in questo tempo di transizione e di attesa, che è la nostra storia. È un tempo importante: di silenzio perché parla la quotidianità, di solitudine perché qualcuno manca alla tavola comune, di mistero perché dobbiamo riscoprire

Un testo prezioso
Antonietta Potente, Una proposta alternativa per abitare la storia, Collana Strumenti di pace Cipax, Via Ostiense n.152, Roma, tel. 06/57287347, cipaxroma@virgilio.it
chi siamo. Infine è un tempo di solidarietà perché ci riuniamo in cerchio intorno a qualcuno e a qualcosa.
Troviamo risposte a tutte le nostre domande solo guardando la realtà e ascoltandoci vicendevolmente. La quotidianità è la casa, fatta di cose semplici, non rifugio, ma punto di partenza per affrontare la vita, per affrontare il male, per ascoltare e sapersi muovere. Qui la vita religiosa di tutti può recuperare le sue radici profonde, fedele a quell’intuizione che rende possibile una vita alternativa: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo casa presso di lui” (Giovanni 14, 23).
Questo riscatta la dignità della storia: la storia vuol diventare casa e il sogno di Dio per la storia è fare casa. La storia si trasfigura se noi facciamo gesti di familiarità e di casa. Tutte le sovrastrutture stratificate in ciascuno di noi possono cadere e rimane solo la nostalgia per quel sogno e la nostra responsabilità davanti a Dio, agli altri, alla storia.

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