Fallimento a Cancun
Come la III Conferenza Ministeriale del Wto del 1999, anche la V, quella di Cancun si è conclusa con un completo fallimento. I negoziati sono naufragati sulle cosiddette New Issues o Singapore Issues, i quattro temi (investimenti, facilitazioni al commercio, concorrenza, appalti pubblici) che alcuni Paesi occidentali, e in primo luogo l’Unione Europea, hanno testardamente insistito nel voler includere nell’agenda negoziale di Cancun oltre settanta Paesi membri avevano più volte dichiarato la loro opposizione all’apertura di questi negoziati. L’intransigenza del Commissario Europeo al Commercio Pascal Lamy nel volere comunque andare avanti è uno dei motivi che hanno costretto i Paesi del sud ad abbandonare i negoziati.
In realtà anche l’agricoltura sembrava uno scoglio difficilmente superabile. L’Unione Europea e gli Stati Uniti avevano proposto una bozza di accordo che manteneva i sussidi all’export, che permettono la vendita sottocosto dei prodotti agricoli del nord, strangolando le economie dei Paesi in via di sviluppo (il cosiddetto dumping). In risposta il G21 – ora G22 – ovvero alcuni tra i più importanti Paesi del sud tra i quali la Cina, l’India, il Sud Africa, guidati dal Brasile, aveva messo sul piatto una controproposta, per chiedere l’eliminazione di questi sussidi.
Particolarmente spinosa era poi la questione del cotone: i sussidi ricevuti dai circa 25.000 coltivatori statunitensi sono sufficienti per strangolare le produzioni dei Paesi e degli agricoltori africani, che da anni ne chiedono la rimozione.
Anche sulle altre questioni nego ziali, dalle tariffe per i prodotti industriali all’allargamento del negoziato sui servizi si registravano posizioni molto divergenti, con i Paesi del “quadrilatero” (UE, USA, Giappone, Canada) a insistere per una completa liberalizzazione e i Paesi in via di sviluppo a chiedere misure per tutelare le loro economie più deboli.
Dal raffronto delle richieste emerge chiaramente il nodo centrale della questione: i Paesi occidentali chiedevano una completa e immediata liberalizzazione dove sono più forti (industria e servizi), mantenendo un protezionismo spinto dove sono più deboli (agricoltura e tessile).
Questo fallimento dimostra che nel Wto c’è ben poco posto per “negoziare”: come a Seattle, i Paesi occidentali hanno costretto quelli in via di sviluppo ad abbandonare i negoziati piuttosto che venire incontro alle loro richieste. Con due fallimenti nelle ultime tre conferenze ministeriali, inoltre, è stato definitivamente dimostrato che una organizzazione che si chiama del commercio non deve e non può occuparsi di agricoltura e diritto al cibo, di istruzione, di sanità, di accesso all’acqua, ecc…
L’Unione Europea esce come la vera sconfitta dal vertice di Cancun, avendo fallito nella sua agenda negoziale e nel suo ruolo di mediatrice tra Stati Uniti e Paesi del sud molte volte rivendicato da Lamy. Per gli Stati Uniti la partita di Cancun non era invece cosi fondamentale, visto che ora spin geranno con maggiore veemenza per accordi bilaterali e/o regionali (a partire dall’ALCA), nei quali possono fare valere il proprio peso economico.
Per i Paesi del sud del mondo si apre quindi una fase decisiva: da una parte verranno sottoposti a durissime pressioni per accettare accordi bilaterali ancora più sbilanciati e non democratici rispetto a quelli negoziati in sede Wto. Dall’altra, però, il gruppo dei G21, ora G22, guidati dal Brasile, ma anche un gruppo Africa Caraibi Pacifico (Paesi ACP), rappresentano dei soggetti politici ed economici con i quali le nazioni occidentali dovranno fare i conti.
La sfida attuale consiste quindi nella creazione di un sistema multilaterale che poggi su diversi poli: non più solo i giganti UE e USA, ma anche un gruppo ACP e una America Latina, ad esempio, che possano misurarsi da pari a pari con i colossi occidentali. Per questo, il mondo guarda ancora una volta al Brasile come punto focale per capire il futuro delle relazioni economiche.
La società civile e i movimenti sono chiamati anch’essi a partecipare attivamente a questo processo. A differenza di Seattle, a Cancun le Ong, le associazioni e le reti internazionali erano anche all’interno del centro congressi e dei processi decisionali, e hanno svolto un ruolo importante nei confronti delle delegazioni e dei media.