BENI PUBBLICI

Sacralità dell’acqua

L’impegno civile delle confessioni religiose per salvare l’oro blu dalla privatizzazione selvaggia.
Riccardo Petrella (Università del Bene Comune, professore di Ecologia umana)

È noto che in tutte le confessioni religiose, e altre grandi tradizioni morali “universali”, l’acqua è parte centrale dell’immaginario e dell’universo simbolico della narrazione della vita (e della morte), della nascita della vita, della salute. Nella stragrande maggioranza dei casi, l’acqua è addirittura identificata con o assimilata alla divinità; è “dono di Dio”, è l’espressione della generosità e della gratuità della Natura-Madre. Ed è cosi che, sempre in stretto legame con le credenze religiose, l’acqua occupa in tutte le civiltà un posto di grande valenza per il presente e di pregnanza per il futuro attraverso molteplici e variegate pratiche sociali e comportamenti collettivi (riti di purificazione, abluzioni, forme di igiene, modalità di accoglienza, cerimonie festive stagionali, proverbi, attività sportive...).

Acqua e credenze religiose
Il tutto si spiega per una semplice ragione, fattuale, ma fondamentale: l’acqua è sempre e ovunque, insieme all’aria, al sole e anche alla terra, l’elemento essenziale e insostituibile per la vita. Tutto si può sostituire: un bue con l’agnello o il pesce, il marco tedesco con l’euro, un colore con un altro, il petrolio con l’energia elettrica, il computer con il pallottoliere cinese, il cantante Michael Jackson, addirittura un marito... ma nessuno né alcuna forma di vita può vivere senza acqua. Inoltre, se in tantissimi campi l’essere umano si trova in una situazione di scelta (posso scegliere di usare l’automobile oppure la bicicletta o di andare a piedi; posso scegliere l’energia nucleare – c’è da sperare di no – o quella solare, posso scegliere di andare in vacanza o no....), ciò non si applica nel campo di quei beni e servizi che sono essenziali e insostituibili alla vita e al vivere insieme, quali l’acqua. Non posso scegliere di bere o di non bere, così come non posso scegliere di alimentarmi o di non farlo, pena evidentemente la malattia vuoi la morte.
Il duplice carattere di essenzialità e di insostituibilità ha dato all’acqua non solo i suoi significati mitici e simbolici, ma ne ha anche fatto un elemento sacro, espressione per antonomasia della sacralità della vita.
Beninteso, la sacralità della vita non implica necessariamente un riferimento al divino: la con-sacrazione di qualcosa di materiale o immateriale può avere come punto di riferimento principi/situazioni anche non transcendentali. È, tuttavia, un dato di fatto che la sacralità dell’acqua/della vita è più affermata ed esplicita in una concezione cosmologica di natura transcendentale divina.

Sacralità dell’acqua e diritti umani
L’insostituibilità per la vita e l’appartenenza dell’acqua al campo delle necessità vitali sono all’origine del riconoscimento (in tanti casi tardivo, parziale o imperfetto) della disponibilità e dell’accesso all’acqua, nella quantità e qualità necessarie e sufficienti per la vita e il vivere insieme, come diritto umano universale, indivisibile e imprescrittibile.
L’acqua fa parte del campo dei diritti individuali e collettivi, umani e sociali, e non del campo delle preferenze, dei desideri, dei bisogni individuali e variabili.
In questo senso, l’acqua è un elemento integrale dei principi di:
- uguaglianza di tutti gli esseri umani rispetto al diritto alla vita (alla salute, alla sicurezza...),
- giustizia umana e sociale (priorità alla sicurezza di tutti, comune, condivisa)
- responsabilità individuale e collettiva e, pertanto di solidarietà (che implicano una reale partecipazione dei membri della comunità al governo dell’acqua)
- fratellanza (non esclusione)
- pace (non rivalità, rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti attorno alla disponibilità e accesso all’acqua)
- comunità del bene (non appropriazione patrimoniale proprietaria privata) e sua destinazione universale (non patrimonializzazione esclusiva ad opera di collettività territoriali specifiche (Stati, Regioni, Comuni....) ma patrimonializzaione condivisa, di comunità.

La crisi mondiale dell’acqua
Da un punto di vista quantitativo, la scarsità d’acqua non è più un problema grave solo per le regioni tradizionalmente considerate come prive di risorse idriche (zone aride o semi-aride a ovest degli Stati Uniti, il Brasile nord-orientale, i Paesi del Sahel, la Spagna e il Nord Africa, Medio Oriente, Australia orientale, parti dell’Asia centrale ...). Ora interessa anche le regioni ricche di risorse idriche.
Da un punto di vista qualitativo, la diminuzione della qualità delle acque per il consumo umano è ormai un fenomeno quasi universale. Non un solo Paese è stato risparmiato dall’inquinamento e dalla contaminazione del suolo, dell’aria, dei fiumi, dei laghi, delle piogge ...
La crisi idrica sta esplodendo ovunque: Cina, Stati Uniti, regioni del Mediterraneo, Asia centrale... Negli ultimi anni, i motivi di allarme si sono moltiplicati. L’ultimo documento presentato il 30 gennaio 2009 a Davos parla dell’acqua come di un mondo in “fallimento”.
La scarsità e la cattiva qualità delle acque sono mortali: come sappiamo, la mancanza di accesso all’acqua potabile e a servizi igienici adeguati colpisce rispettivamente, secondo le cifre delle Nazioni Unite, 1,1 e 2,6 miliardi di esseri umani. Ciò provoca la morte ogni giorno, di cinquemila bambini al di sotto dei 6 anni per malattie causate dall’assenza o dalla scarsa qualità dell’acqua potabile e di servizi igienici. Un vero e proprio scandalo politico, non solo umanitario.
La mancanza d’acqua buona per usi umani incide gravemente sulle attività produttive, in particolare l’agricoltura e quindi l’alimentazione, per non menzionare l’industria della carta, del vetro, l’industria chimica, l’industria automobilistica, l’industria informatica.
La disponibilità di acqua per i grandi sistemi urbani è già una, se non la principale, preoccupazione dei sindaci di grandi città degli Stati Uniti, Cina, Paesi mediterranei... per citare solo alcuni esempi. Circa 400 delle 660 città di medie dimensioni in Cina si trovano ad affrontare il problema della carenza di acqua dolce.
La situazione è particolarmente drammatica nelle principali baraccopoli d’Africa, Asia e America Latina dove vivono più di 1,2 miliardo di esseri umani.
Di fronte a questa situazione, non si può che denunciare il fatto che nel 1992, allorché i Paesi potenti del mondo accettarono, dopo tante esitazioni, di lanciare il negoziato mondiale sul clima (l’United Nations Framework of Convention on Cliamtic Change – UNFCCC), decisero di escludere la problematica acqua dall’agenda dei negoziati per concentrarli unicamente sulla problematica dell’energia.
Con questo non si vuole dire che l’energia non sia parte centrale e determinante dei negoziati sul clima, ma che è corretto sottolineare che l’energia è il problema n. 1 solo per i Paesi “sviluppati”, per le classi sociali ricche del mondo. Per i tre miliardi di poveri assoluti nel mondo, il problema n.1 del divenire della vita sul pianeta è l’alimentazione, l’acqua, la salute, un alloggio decente, l’educazione.
Pertanto, non si può pensare a un negoziato mondiale sul futuro del pianeta, giunto a una svolta decisiva con la conferenza di Copenhagen svolta lo scorso mese di dicembre 2009 (la quindicesima da quando è entrata in vigore la UNFCCC), unicamente in funzione dei problemi dei Paesi ricchi.
Il ruolo affidato alla Conferenza di Copenhagen nel contesto della “road map” della UNFCCC era quello di giungere alla definizione e approvazione di un “Trattato di Copenhagen” destinato a prolungare /sostituire, rinforzandoli, gli impegni presi con il “Protocollo di Kyoto” (1997) relativamente alla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, in particolare il CO².

L’assenza dell’acqua ai negoziati
Viste le posizioni fondamentali delle varie confessioni religiose in materia di centralità dell’acqua nella visione cosmologica della vita e del pianeta, è parso giudizioso e urgente invocare un impegno civile preciso da parte di rappresentanti locali delle varie confessioni in Italia in favore dell’inclusione della problematica acqua nell’agenda dei negoziati sul clima.
La proposta, in questo senso, è partita dall’Università del Bene Comune, Facoltà dell’Acqua, attiva da un paio di anni sul territorio di Verona (Sezano) con il sostegno dell’associazione del Monastero del Bene Comune nato recentemente presso il monastero della Comunità degli Stimmatini a Sezano.
La proposta ha trovato una eco favorevole presso le comunità buddista, musulmana, sikh, cattolica, cristiana apostolica, animista, ortodossa, ebraica locali. Dopo un primo incontro avvenuto a Sezano nel luglio 2009, due nuovi incontri allargati ad altri esponenti italiani il 21 e 25 settembre hanno consentito di condividere un franco e sentito accordo su una dichiarazione – divenuta “La proposta di Sezano” – firmata da esponenti di dodici confessioni religiose presenti in Italia.
È la prima volta che, spontaneamente, rappresentanti di gruppi locali di numerose confessioni religiose firmano insieme una “dichiarazione” sull’acqua, bene comune e diritto umano alla vita.
Si tratta di un’iniziativa che impegna unicamente coloro che l’hanno presa, ma che riveste un’importanza simbolica pratica di grande portata.
Gli “uomini” di buona volontà dimostrano una realtà forte, potente, e cioè che non solo è auspicabile, ma che è soprattutto possibile superare gli steccati fra gli esseri umani, fra i popoli, fra i credenti su temi e impegni di fondamentale valenza per la vita, in difesa del bene comune e della sacralità della vita. Gli steccati, frutto sovente di logiche di potere, non possono durare, non sono capaci, a termine, di bloccare la creatività dell’essere.
L’acqua, fonte principale e perenne di vita, dimostra che il futuro dell’umanità non è finito. Sono ancora tante e diverse le scritture che marcheranno il cammino degli esseri umani sulla Terra insieme all’acqua, nostra “sorella umile, casta e preziosa”.

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