Nuovi e vecchi sviluppi
Il progetto della costruzione di una nuova base americana a Vicenza, dichiarato impropriamente ampliamento, sta generando e maturando in molte persone una nuova straordinaria, solidale forma di coscienza civile, che è sfociata nella nascita di un importante movimento che di fatto si sta opponendo da quasi quattro anni alla sua costruzione e, più in generale, alla militarizzazione del territorio. Si sono fatte manifestazioni, tenuti convegni, digiuni, un referendum autogestito ecc..
Sono sorti gruppi di vario genere e varia provenienza che hanno affrontato le variegate problematiche dal punto di vista legale, ambientale, sociale ed etico; hanno mobilitato tanta gente, con una partecipazione assolutamente pacifica e democratica, con cui si è discusso del futuro della città e del suo territorio, in modo particolare sui temi della pace, della guerra e degli armamenti. Si è fatta per l’appunto su questi temi, una consultazione popolare, necessariamente autogestita (prima in Italia), visto che a pochi giorni dalla consultazione il Consiglio di Stato ne ha bocciato l’effettuazione con motivazioni insostenibili. Alla consultazione, inizialmente promossa dall’amministrazione comunale, hanno partecipato 24.000 cittadini, il 28,56 % che non è poca cosa, che espressero il 96%, la volontà che dell’area Dal Molin se ne facesse un uso non militare ma civile e pubblico. La vicenda “Dal Molin” è emblematica di una mancata comunicazione da parte delle istituzioni alla popolazione e di un mancato coinvolgimento della stessa ai vari processi partecipativi e decisionali.
L’antefatto
La decisione di dare il via alla realizzazione di una nuova base militare statunitense (progetto finanziato dal ministero della Difesa statunitense nel febbraio 2006), non ha tenuto conto delle varie problematiche di questa operazione, della complessità del territorio, della necessità che le istituzioni informassero e facessero partecipi i cittadini, tenuti invece volutamente all’oscuro; un chiaro esempio di una mancata “governance”. Il progetto prevede la trasformazione dell’intero complesso aeroportuale Dal Molin, in riconversione al fine di accogliere quattro battaglioni della 173a Brigata aviotrasportata Airborne, nella quale verrebbero convogliate, oltre alle unità già presenti, anche quelle provenienti da Aviano e dalle caserme tedesche di Bamberg e Schweinfurt.
Un’area ubicata appena fuori dal centro storico (1,5 km in linea d’aria dalla Basilica Palladiana) in una delle ultime zone verdi del comune di Vicenza che si aggiungerebbe agli oltre 1.300.000 metri quadrati già soggetti a servitù militari in località limitrofe.
Preme evidenziare che l’iter che ha portato all’approvazione del progetto è stato poco trasparente, non partecipato e in violazione di normative vigenti, direttive europee comprese.
Le informazioni stesse, i vari documenti che si sono ottenuti, sono stati prodotti solamente (anche se in maniera frammentaria e incompleta), grazie ai ricorsi presso il TAR. Alcuni di essi sono stati prodotti a ridosso dell’udienza-sentenza come sanatoria postuma per convalidare gli atti precedentemente emessi. Operazioni e procedure che sarebbero precluse a qualsiasi legale, sono state invece possibili… giustificandole… con le ragioni di Stato che sono prevalse anche sui diritti primari della popolazione (salute e salvaguardia del territorio) e, con le più disparate motivazioni (a partire dalla mancanza di un progetto definitivo.. nel I ricorso, per finire... all’opera di difesa nazionale nel II ricorso, pur in assenza di atti legislativi che lo dichiarassero).
Il Governo italiano ha ritenuto di poter procedere alla cessione d’uso delle aree necessarie alla realizzazione del progetto, incurante delle preoccupazioni manifestate all’interno della comunità locale e in sede legale, in ordine alle problematiche relative all’impatto urbanistico, sociale e ambientale (principio di precauzione). Allo stesso sindaco di Vicenza primo responsabile della salute e della salvaguardia del territorio e rappresentante di tutti i vicentini, viene di fatto negata la possibilità di accedere a quel territorio come alle altre servitù militari, soggette unicamente alla giurisdizione dell’autorità militare.
Non si è tenuto conto, con riferimento al nuovo insediamento militare presso l’area Dal Molin, di una corretta analisi degli aspetti ambientali, quasi in una logica giustificativa più che cautelativa dei vari impatti, che sono stati in questo modo in parte ignorati dal governo italiano. Non si è potuto nemmeno fare, al momento (mentre i lavori di costruzione procedono alacremente), la cosa più ovvia per un progetto tanto imponente e invasivo, la Valutazione degli Impatti Ambientali cumulativi (VIA), nonostante si tratti del più vasto intervento di edilizia militare in Europa (superficie edificata di oltre 550.000 mq con una volumetria che si aggira sui circa 800.000 metri cubi).
E l’impatto ambientale?
Ecco perché i comitati si sono rivolti al Parlamento europeo e alla commissione petizioni in particolare, con una petizione che ne illustrasse le violazioni e prevaricazioni. Dal punto di vista legale, quindi, stiamo attendendo, pensiamo a giorni, che il TAR Veneto (Tribunale Amministrativo Regionale) e, la Commissione Europea si pronuncino, almeno sull’obbligatorietà della VIA, anche se sappiamo bene che autorità italiane e americane, faranno di tutto per condizionare e imporre la loro volontà di costruire questa nuova base senza ottemperare alle normative previste dal codice dell’ambiente (basta leggere la memoria dell’Avvocatura di Stato). Pensiamo che la città abbia invece bisogno di un nuovo modello di sviluppo, che sia rivolto più alla sostenibilità, all’innovazione, alla ricerca e alla valorizzazione del nostro ricco patrimonio artistico e che quindi, sia necessario percorrere tutte le strade che possono condurre alla riduzione della militarizzazione del territorio, recedendo dove possibile da una decisione sbagliata, da un investimento che appare anacronistico, pericoloso e parassitario (oltre che uno sfregio ambientale e urbanistico). Dal punto di vista dei diritti e delle prospettive, l’esperienza sul “campo” ci fa dire come sia necessario perseguire un percorso che indichi gli obiettivi da raggiungere a breve e medio termine, che coinvolga più direttamente i cittadini in modo che possano partecipare maggiormente ai processi decisionali. Percorso che però abbia anche l’attenzione verso valori universali come la pace, la giustizia, la nonviolenza e la valorizzazione dei beni comuni.
Crediamo poi che sia necessario convogliare gli ingenti investimenti previsti per gli armamenti, su iniziative di pace chiedendo magari, una rivisitazione degli accordi bilaterali con gli USA.
Valorizzare la suddetta coscienza civile maturata in questi anni, con l’obiettivo di far diventare la città di Vicenza un punto di riferimento per il movimento pacifista stesso, vera capitale della pace e, che ponga attenzione anche alle altre culture delle molte comunità straniere presenti sul nostro territorio.