Patto per l'etica del lavoro

Per iniziativa della Chiesa valdese di Firenze
25 gennaio 2010

Preambolo
Se dovessimo prendere una parabola come quella dei "lavoratori delle diverse ore" (Matteo 20: 1-16) per illustrare l’idea evangelica dei rapporti di lavoro non potremmo che considerare decisamente anti-sindacale il racconto biblico. Ma quello stesso compenso pattuito e pagato a chi ha faticato nei campi per ore e sotto il sole e a chi, invece, se l’è cavata con un’ora di lavoro al fresco del tramonto, non indica certo una possibile soluzione contrattuale applicabile all’economia umana, bensì un amore generoso e sconfinato da parte di Dio, del tutto al di fuori dai nostri canoni razionali. Per fortuna, verrebbe da aggiungere, visti gli esiti della razionalità economica dell’umanità.
Tuttavia, non c’è dubbio che la Bibbia, nell’Antico e nel Nuovo Testamento, parli anche di una giustizia da applicare alla vita delle nostre società, di equità sociale e di quel senso di responsabilità individuale che è particolarmente significativo ricordare a 500 anni dalla nascita del grande riformatore protestante Giovanni Calvino.
Così, riprendendo il concetto e lo "strumento" del patto, un termine centrale nel racconto biblico e nel rapporto tra Dio e l’umanità, proponiamo questo manifesto per l’etica del lavoro: nel leggerlo c’è subito la sensazione di trovarsi di fronte a principi scontati e banali. O meglio, che dovrebbero essere scontati e banali, ma che sempre più vengono calpestati o ignorati.
Lo proponiamo a partire dal nostro patrimonio più grande, la parola di Dio che ci è giunta proprio attraverso il testo biblico, con la scelta di alcuni versetti che si adattano (a volte in modo più diretto, altre volte in senso più estensivo con brani presi da contesti diversi) alle problematiche che abbiamo individuato, senza nessun intento catechetico o prescrittivo e tantomeno di applicazione letteralistica, visto che la Bibbia (interpretata alla lettera) spesso può portare a conclusioni opposte rispetto allo spirito del testo. L’intento è quello di ritrovarci intorno a principi condivisi, a riscoprirli e a farne oggetto, appunto, di un patto: I versetti biblici stanno a indicare da dove partiamo (come chiesa evangelica) per proporre un percorso comune non confessionale, aperto a cristiani e non.
Un patto che si rivolge a tutti gli attori del sistema economico e del lavoro: lavoratori, imprenditori, professionisti, amministratori pubblici. Siglarlo vuol dire impegnarsi (noi per primi) a operare secondo questi principi, che non sono solo evangelici, ma di difesa e promozione della dignità umana. Dandoci appuntamenti periodici dove verificare la concreta attuazione di questo impegno.

Impegno
Di fronte alla profonda crisi che investe l’intero universo del lavoro,
consapevoli che nella prospettiva della fede l’onnipotente Dio stabilì il lavoro umano come un mezzo del compimento del suo lavoro nel mondo, facendo nostro l’articolo 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro,
ci impegniamo a realizzare concretamente nei nostri ambiti di lavoro e di servizio il seguente patto.

Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: 'Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra' (Genesi 1:27-28)
La dignità e i diritti nel campo di lavoro sono uguali per gli uomini e le donne. Affermiamo che la maternità non può in alcun modo discriminare le donne sia per quanto riguarda l’assunzione sia nello svolgimento del lavoro. Parimenti anche gli uomini hanno diritto allo stesso trattamento previdenziale ed economico nel caso di congedo per paternità.

Guardatevi dal disprezzare uno di questi piccoli... (Matteo 18:10)
L'infanzia va rispettata anche nel diritto dei bambini a NON lavorare. Rubare ai bambini l'età dei giochi e dell'apprendimento per sfruttarli come lavoratori rappresenta una violenza inaccettabile.



“La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno investito quella casa; ma essa non è caduta perché era fondata sulla roccia” (Matteo 7:25)
Come avviene per “l'avveduto” protagonista della parabola delle due case (l'altro, lo “stolto” costruisce sulla sabbia e la sua abitazione viene distrutta) ogni attività lavorativa deve essere fondata sulla “roccia” della sicurezza e dell'osservanza delle normative in materia, ovvero sulla “roccia” del rispetto delle persone che lavorano o che fruiranno dei prodotti del lavoro. Il non rispetto di queste norme, da parte dei datori di lavoro (comunque tenuti a farle osservare) e dei lavoratori (comunque tenuti a un comportamento sempre responsabile) rappresenta un grave crimine. Al tempo stesso è compito inderogabile del potere pubblico di stabilire norme semplici e direttamente efficaci e di farle rispettare severamente.

Guai a colui che fa lavorare il prossimo per nulla, non gli paga il suo salario" (Geremia 22:13)
In questi tempi di difficoltà e di disperazione, ci sono persone che, pur di non perdere il posto e sperando in tempi migliori, accettano di lavorare senza stipendio. Ispirare la nostra azione a un'etica del lavoro significa rispettare chi lo compie a partire dal giusto compenso.

Il salario del tuo operaio non ti resti in mano (Levitico 19:13)
Oltre a essere giusto ed equo, il compenso del lavoro deve essere tempestivo. Non pagare per mesi un operaio significa, di fatto, pagarlo molto meno del pattuito. Il discorso, però, vale anche per il lavoro dei professionisti, degli artigiani, delle aziende in genere soprattutto quando il committente è un ente pubblico. E, a maggior ragione, vale per il pagamento degli ammortizzatori sociali da parte di soggetti pubblici: è inaccettabile che chi è in cassa integrazione (quindi già in una situazione di debolezza e incertezza) debba attendere molti mesi prima di vedersi erogare quanto gli spetta.

Tratterete lo straniero, che abita tra voi, come chi è nato fra voi... (Levitico 19:34)
I lavoratori hanno gli stessi diritti a prescindere dalla loro nazionalità e provenienza. E' inaccettabile alimentare la condizione di emarginazione dell'immigrato e sfruttarla per trarne profitto e ottenere manodopera a basso costo.

Si lavorerà sei giorni, ma il settimo giorno è un sabato di riposo. (Levitico 23:3)
Chi lavora ha diritto al riposo e questo non può essere compresso in nome del profitto e della produttività. Affermiamo, senza entrare nei dettagli tecnici e organizzativi, che negare o ridurre sistematicamente il diritto al riposo (magari giocando sul ricatto del mantenimento del posto) significa rubare alle persone un bene preziosissimo: la qualità della vita.

Il vasaio sarà egli reputato al pari dell’argilla? (Isaia 29:16)
Il lavoratore è, prima di tutto, una persona e non può essere considerato al pari di una merce o di una materia prima. Oltretutto, valorizzare chi svolge un lavoro significa valorizzare il lavoro stesso e, in definitiva, ottenere anche un prodotto migliore.

Colui che è infingardo nel suo lavoro è fratello del dissipatore (Proverbi 18:9)
L'etica del lavoro è fatta di doveri di chi dà lavoro, ma anche di chi lo svolge. Il lavoro, quando è svolto nelle giuste condizioni, è uno strumento di promozione dell'uomo e una ricchezza in sé. Chi lo svolge in maniera svogliata o, peggio ancora, irresponsabile, viene meno al contratto con il datore di lavoro e dissipa un patrimonio umano e di esperienza, prezioso per sé stesso e per la collettività.

Le mani del pigro rifiutano di lavorare (Proverbi 21:25)
Avere un lavoro dignitoso e sufficiente per mantenersi è un diritto di tutti, accompagnato tuttavia dal dovere di cercarlo e farlo con impegno. Lo Stato e la società civile sono responsabili del benessere di ognuno nella misura in cui ognuno di noi, secondo le proprie effettive capacità lavorative, si impegni attivamente, contribuendo al bene comune.

Ogni cosa mi è lecita ma non è utile (1 Corinzi 6:12)
Non tutto quello che è previsto o permesso dalle leggi vigenti è nell'interesse della collettività. Così la tendenza a chiudere un'azienda (mettendo i lavoratori in mobilità), fare un concordato con i creditori che non di rado riduce notevolmente il loro stato patrimoniale e poi riaprire subito dopo un'altra azienda danneggia il sistema produttivo e lede profondamente la giustizia sociale.

A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà (Luca: 12:48)
Sulla linea dell'Evangelo (anche alla luce del pensiero di Giovanni Calvino) crediamo che il lavoro e la ricchezza siano un dono e che, come tali, essi vanno vissuti con un senso di responsabilità verso gli altri. Vi è un valore sociale del lavoro e della ricchezza. Quindi, la produttività di un'azienda o la redditività di una banca devono avere ricadute positive sul territorio in termini di investimenti. In questo momento di crisi, in particolare, richiamiamo con forza al ruolo importante che gli istituti di credito sono chiamati a svolgere a sostegno di famiglie e imprese.

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