Quelle maledette armi leggere
Il commercio mondiale legale di “armi piccole e leggere” è aumentato del 28% tra il 2000 e il 2006 con un incremento pari a 653 milioni di dollari che portano il valore complessivo a 2,97 miliardi di dollari: lo si apprende dal Rapporto annuale “Small Arms Survey 2009” di cui Unimondo analizza in Italia i dati salienti. Gli Stati Uniti continuano a essere leader nel commercio globale legale di “armi piccole e leggere" sia per quanto riguarda le esportazioni (ricoprono il 22% dei traferimenti) che le importazioni (27% del totale mondiale) nel periodo 2000-6. "Gran parte dell'incremento internazionale di 653 milioni del settennio è attribuibile alle importazioni degli Usa che da sole sono cresciute di 291 milioni di dollari" - nota il rapporto. Nel solo 2006 gli Stati Uniti hanno esportato "small arms and light weapons" per 643 milioni di dollari e tra i principali clienti degli Usa figurano - nell'ordine - Giappone, Corea del Sud, Canada, Egitto e Australia. Sempre nel 2006, gli Usa hanno importato queste armi per un valore complessivo pari a 886 milioni di dollari acquistandole nell'ordine da Italia, Brasile, Austria, Germania e Giappone.
Al secondo posto tra i maggiori esportatori del 2006 vi è l'Italia che con 434 milioni di dollari di esportazioni di "armi leggere e di piccolo calibro" annovera tra i suoi principali acquirenti Stati Uniti, Francia, Spagna, Regno Unito e Germania. Le tipologie di armi esportate dal nostro paese ricoprono un ampio raggio in cui, in ordine di importanza, figurano "pistole sportive e da caccia", "caricatori per pistole", "revolver e pistole" (ad uso civile, non sportivo nè militare), "fucili sportivi e da caccia", oltre a parti accessori e munizioni. Secondo il rapporto sarebbero di misura minore le esportazioni italiane di "armi militari", ma va ricordato che i dati forniti dall'Italia all'Onu non riportano spesso quelli presenti nella Relazione governativa sulle esportazioni di armi (anche piccole e leggere) ad uso militare, bensì solo quelli forniti dall'Istat - basati sulle informazioni delle Camere di Commercio - relativi quasi esclusivamente alle armi sportive, da caccia e "a uso civile".
Inoltre, con oltre 345 milioni di dollari di esportazioni, nel 2006 l'Italia è stata il principale esportatore internazionale di "pistole e fucili da caccia" mentre nel settennio 2000-6 con una media annuale di quasi 190 milioni di dollari ha ricoperto da sola più il 51% delle esportazioni di questi sistemi d'arma. Un leader indiscusso nell'export di armi da caccia di ogni tipo, quindi, considerato anche che nel settennio le esportazioni della seconda classificata, la Turchia, non hanno superato la media annuale di 24 milioni di dollari.
Tornando alle esportazione di "armi piccole e leggere" nel 2006, dopo Usa e Italia, al terzo posto figura la Germania (307 milioni di dollari), seguita da Brasile (166 milioni) e Austria (152 milioni). Seguono quindi Belgio, Regno Unito, Giappone, Canada, Svizzera, Spagna, Russia, Repubblica Ceca, Francia e Turchia. Questi primi 15 paesi esportatori nell'insieme nel settennio 2000-6 raggiungono l'83% di tutte le esportazioni internazionali di "armi piccole e leggere" di ogni tipologia riportate dal database dell'Onu.
I primi 15 paesi importatori sempre di "armi piccole e leggere" - che nell'insieme sommano il 67% di tutte le importazioni mondiali - sono stati nel settennio 2000-6 dopo gli Stati Uniti (che nel solo 2006 hanno importato "small arms" per 886 milioni di dollari), l'Arabia Saudita, Cipro, Germania, Francia, Regno Unito, Canada, Corea del Sud, Australia, Italia, Giappone, Spagna, Paesi Bassi, Grecia e Belgio.
Il rapporto di quest'anno, oltre all'aggiornamento dei dati sul commercio internazionale di armi leggere e di piccolo calibro dedica i successivi capitoli al "controllo dell'export di armi leggere ad uso militare" (cap. 2), alla tracciabilità della provenienza delle armi durante e dopo un conflitto (cap. 3), al programma di azione dell'Onu verso il Trattato sul commercio di armi (cap. 4), alle diverse sfaccettature delle operazioni di disarmo di armi leggere (cap.5), all'impatto della violenza armata su bambini e giovani (cap. 6), alla promozione della sicurezza e della pace nelle aree di post-conflitto (cap. 7) e ad alcuni casi di 'disarmo, smobilitazione e reintegrazione' come nell'Aceh (cap. 8) e in Afghanistan (cap. 9) e alla percezione della sicurezza nel Sud del Libano (cap. 10).