ACQUA

La longa manus del privato

Il governo privatizza e la Puglia ripubblicizza.
Margherita Ciervo (Referente del Comitato pugliese “Acqua Bene Comune”)

Il 18 novembre il governo italiano ha posto e ottenuto la fiducia sul decreto 135 “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia CE” all’interno del quale è inserito l’art. 15 che privatizza la gestione dei servizi idrici espropriando, di fatto, cittadini e Comuni del diritto all’acqua potabile e, consegnando, la gestione a società di diritto privato il cui obiettivo è il profitto (come stabilito dall’art. 2247 del codice civile). 

E poiché il profitto si basa sull’aumento dei ricavi e sulla contrazione dei costi, la privatizzazione comporterà l’aumento di tariffe e consumi, la diminuzione di costi di gestione e investimenti (con conseguente peggioramento delle qualità dei servizi) ma, soprattutto, sottrarrà alle Regioni e ai Comuni, e quindi ai cittadini, la sovranità sulla gestione dell’acqua potabile per consegnarla, a partire dal 2011, agli interessi delle multinazionali e farne un nuovo business per i privati.

Resistenze regionali

Il decreto è discutibile da un punto di vista giuridico (il decreto legge può essere utilizzato solo qualora ricorra l’elemento dell’urgenza), politico (non c’è alcuna norma europea che obbliga a privatizzare i servizi idrici) ma, soprattutto, democratico. 

Tale legge, infatti, non solo è stata sottratta al dibattito parlamentare, ma si pone agli antipodi della volontà dei cittadini espressa attraverso la legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dei servizi idrici – sottoscritta da oltre 406.000 cittadini (30.000 in Puglia) – ferma alla Camera da oltre due anni. L’art. 15 non tiene in considerazione neppure le centinaia di amministrazioni (di coalizioni diverse) che con delibera hanno sottoscritto la legge di iniziativa popolare e che hanno formato il Coordinamento degli Enti Locali per la ripubblicizzazione dei servizi idrici. Del resto è stato ignorato anche il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (organo di rilevanza costituzionale) che in un documento del 5/6/08 dichiarava che “i soggetti gestori è opportuno che vengano configurati come enti pubblici”. 

La protesta e la resistenza contro la privatizzazione dei servizi idrici e contro la prevalenza del profitto sul diritto si accompagna, anche in Italia (cfr. box) come nel resto d’Europa e del mondo, a proposte. Nel caso pugliese, ad esempio, il Comitato “Acqua Bene Comune” (cui aderiscono 180 associazioni) fin dal 2006 ha affiancato all’obiettivo di contrastare la privatizzazione a livello nazionale, la ripubblicizzazione dell’acquedotto pugliese che dal 1999 è stato trasformato in una SpA (le cui azioni sono per la maggior parte della Regione Puglia), ovvero un ente di diritto privato. 

Il Comitato ha cercato, non senza difficoltà, una costante interlocuzione con le istituzioni (Regione, Comuni, ANCI, UPI, ATO) e nel luglio 2009 si è aperto un tavolo con il governo regionale che ha portato all’elaborazione condivisa di un testo di delibera, approvata all’unanimità il 20/10/09, che – oltre a dare mandato all’avvocatura di predisporre un ricorso costituzionale contro l’art. 15 del D.L. 135/2009 – sancisce l’acqua come diritto umano e il servizio idrico come servizio di interesse generale, privo di rilevanza economica. 

Questo significa non solo sottrarre i servizi idrici al mercato ma anche avere la possibilità, come si legge nella delibera, “di orientare il sistema di tariffazione agevolata per le fasce sociali meno abbienti verso un sistema che assicuri maggiore responsabilizzazione degli utenti e politiche di risparmio idrico”, di garantire ai cittadini un minimo vitale giornaliero, di improntare la gestione a criteri di equità, solidarietà (anche verso le generazioni future) e rispetto degli equilibri ecologici, oltre economicità, efficienza e trasparenza.

Verso un governo pubblico

In effetti, la forma giuridica non è neutra e da essa discendono gli obiettivi di gestione e gli strumenti. Tuttavia è pur vero che storicamente il pubblico, che in linea teorica garantisce gli interessi collettivi, nei fatti non sempre è immune (come, del resto, le gestioni private e, ancor più, “pubblico-private”) dai mali del clientelismo e della corruzione. Da qui nasce l’idea di un governo dell’acqua non solo pubblico – condizione necessaria ma non sufficiente per una gestione democratica – ma anche con controllo e partecipazione sociale. 

Partendo da tali presupposti e recependo le istanze della popolazione, il governo regionale si è impegnato a trasformare l’acquedotto pugliese da SpA in ente di diritto pubblico con partecipazione sociale e, a tale scopo, ha istituito un tavolo di lavoro con il Comitato pugliese e il Forum italiano dei Movimenti per l’acqua (vedi box 2), con il compito di elaborare un testo di legge per concretizzare i principi su esposti. Quest’ultimo è stato ultimato il 23 dicembre scorso e, come stabilito, dovrebbe essere presentato in Consiglio regionale entro la fine della corrente legislatura.

La composizione paritaria (fra istituzione e comitato) del gruppo di lavoro denominato “Acqua Bene Comune dell’Umanità” è un esempio di partecipazione che può divenire punto di riferimento a livello italiano per la costruzione di un modello di gestione basato sulla priorità dei diritti umani e sul rispetto ecologico, piuttosto che sul mercato e la speculazione finanziaria; sulle esigenze della popolazione piuttosto che sugli interessi dei gruppi finanziari; sul valore e la pratica della democrazia in opposizione alla dominazione dei poteri affaristici, centralizzati e gerarchici.

In effetti, l’acqua solleva (in Italia come nel resto del mondo) la questione della democrazia che, come dice Vandana Shiva (2003) “non è semplicemente un rituale elettorale ma il potere delle persone di forgiare il proprio destino, determinare in che modo le loro risorse naturali debbono essere possedute e utilizzate, come la loro sete vada placata, come il loro cibo vada prodotto e distribuito, quali sistemi sanitari e di istruzione debbono avere […] Ognuno di noi ha un suo ruolo nel forgiare la futura storia della creazione. Ognuno di noi è responsabile del kumbh, la brocca dell’acqua”.

 

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