Sui poveri e le povertà
Quando le parole non sono innocenti
‘...Le parole non sono innocenti o neutrali. Costituiscono,al contrario, strumenti decisivi nei giochi e meccanismi di potere’...(Rahnema,M.,Quando la povertà diventa miseria,Einaudi,2005,87)
Il concetto di povertà è un costrutto sociale che varia a seconda dei tempi e degli interessi di chi detiene il potere. L’idea che si ha dei poveri porta a concludere che sono anch’essi una categoria a variabile dipendente. Sembra cresca il diritto di definire chi ha il privilegio di essere dichiarato povero.
...Nelle società pre-economiche le persone non si consideravano povere, quello che oggi chiamiamo povertà è una creazione della nostra civiltà, per questo da noi va messa in scena, per rendersi riconoscibile’...(citato in ,Raggiungere l’ultimo uomo, di M.Pace Ottieri, Einaudi,2008,265).
Secondo Rahnema la parola ‘povero’ era usato come aggettivo e solo a partire dalla svolta economicista si crea una frattura radicale che condurrà poi ad usare questa parola come sostantivo.
Esistono dunque categorie di persone e situazioni che vengono unilateralmente decretate ‘poveri’ e situazioni sociali definite ‘povertà’. Sarebbe ingenuo sottovalutare questi costrutti sociali.
Ciò potrebbe comportare il rischio, seguendo le intuizioni di Illich, di una ‘naturalizzazione’ di paradigmi di pensiero e dunque a sostenere schemi interpretativi funzionali all’ideologia dominante.
Chi arriva a definirne il profilo e la consistenza del ‘povero’, contribuisce alla creazione di un nuovo immaginario. All’interno di quest’ultimo vanno letti i criteri che dettano le opzioni di una società.
Lungo la storia del pensiero occidentale i poveri hanno fornito un buon materiale di definizione.
I semplici titoli dei capitoli del libro di Mollat sulla visione dei poveri nel Medio Evo in Occidente diventano a questo titolo emblematici:
Incontro con i poveri, personaggi poco noti e ambigui... i deboli all’ombra dei potenti... i poveri di fronte ai ricchi... poveri e pezzenti: presenze imbarazzanti e inquietanti... i poveri sono più numerosi, più diversi, più presenti... (Mollat,M.,I poveri nel Medio Evo,Laterza,1983).
Si dovrebbe dunque parlare di varie povertà:
la povertà conviviale (quella che conoscono la maggior parte delle società... integrata in un contesto sociale e in una certa solidarietà che ha permesso di condurre la vita con dignità),
la povertà scelta (per motivi etici, religiosi o di altra natura),
la povertà ‘modernizzata’, nella quale si verifica una rottura per la quale si comincia a ‘...legare l’esistenza della sua vittima a nuovi bisogni fabbricati dalla società’ (Rahnema,o.c.),
Questa povertà modernizzata è anche ‘monetizzata’ e dunque si trasforma fatalmente in miseria.
Lo stesso autore evidenzia il pericolo di usare questo termine in modo sommario, astratto e anti-storico.... la povertà è una nozione troppo estesa, troppo ambigua, troppo relativa, troppo generale, troppo contestuale e culturalmente connotata, perché sia possibile definirla su un piano universale (Breve discorso sulla povertà, scaricabile sul sito www.aadp.it/)
Il discorso sulla povertà andrebbe dunque sempre inserito in una visione dinamica.
Isolarlo dal contesto e dalle relazioni che la producono appare come una mistificazione che ne ‘maschera’ la genesi, le cause prossime e dunque falsa la ricerca di proposte alternative.
Istruzioni per l’uso (e l’abuso) delle povertà
Su perpetua un meccanismo che mantiene povero il mondo.
Vandana Shiva lo sottolinea bene quando evidenzia alcuni dei miti funzionali alla legittimazione del sistema attuale.
I poveri sono in realtà degli...’impoveriti’ e coloro cioè che sono derubati di tutto,persino della loro povertà! Questo processo si chiama sfruttamento, colonialismo e globalizzazione. Dietro questi miti si cela una visione di tipo evoluzonistico ‘darwiniano’ che presuppone la storia come processo di crescita lineare necessario (sviluppo)...dall’età della povertà a quella della ricchezza (dove i migliori vincono, meritano il futuro e sono di modello per tutti).
Un primo mito propone come soluzione alla povertà ciò che la crea:la crescita industriale nel sistema-mondo.
L’altro implica l’adeguamento imperativo al sistema globale come ‘sottomissione’ allo stile ed ai dettami del modello culturale che lo genera.(Shiva,V., Due miti che mantengono povero il mondo,dicembre 2005, da Ode Magazine).
L’ideologia del PIL, delle tabelle fissate dagli esperti, delle retoriche degli obbiettivi del millennio e di altri modelli di vita, riprodotti a scala globale,ne sono la cifra più visibile.
In questo contesto l’aspetto quantitativo diventa l’unico parametro accettabile e la depoliticizzazione delle relazioni di potere ne rappresentano l’altro versante.
Questa duplice operazione ‘naturalizza’ il modello occidentale ‘Triadico’ di sviluppo e pone basi sufficientemente ampie da lasciare lo spazio per la ‘governance’ globale tramite le istituzioni ideologico-finanziarie.(Amoroso,B., Persone e Comunità,Dedalo,2004).
Esperti di troppo,ovvero la povertà come pretesto per il sistema
Con profetica lucidità Ivan Illich ha contribuito a svelare l’impianto fallace e menzognero dell’ideologia dei bisogni.
Creando i bisogni si creano i poveri, i malati, gli assistiti e si paralizzano inesorabilmente la dignità e la responsabilità dei cittadini (ormai tramutati in clienti). Si arriva non casualmente alla moltiplicazione di ‘esperti’ che fissano i parametri e i metodi,sempre più esoterici, per intervenire sugli assistiti (Illich,I., Per una storia dei bisogni, Mondadori,1981; Nello specchio del passato, Boroli,2005; I fiumi a nord del futuro, Verbarium-Quodlibet,2009).
Nel volume ‘Esperti di troppo’(Erickson,2008), John McKnight, sottolinea il ‘business’ che ormai i servizi rappresentano’ ....l’ideologia trasforma i cittadini in clienti,le comunità in una serie di individui pieni di deficit e manchevolezze,la politica in un dibattito autoreferenziale.
In sintesi l’autore propone di leggere quanto accaduto in questa forma:
-sei deficitario
-il problema sei tu
-hai tanti problemi
e dunque,noi esperti:
-abbiamo bisogno delle manchevolezze delle persone
-se tu sei il problema,noi abbiamo la risposta
-abbiamo bisogno di risolvere i vostri problemi
Non esiste potere più grande del diritto di definire i termini di un problema
(o.c.,85)
La povertà in mezzo a noi (o forse dentro di noi)
Dice bene Amoroso. La campagna andrebbe fatta non contro la povertà ma contro la ricchezza e il sistema di potere che la perpetua e giustifica. (Amoroso,messaggio privato all’autore,aprile 2010).
Decolonizzare l’immaginario sulla povertà significa conoscere,analizzare,approfondire e incentivare quanto alcune persone,comunità e porzioni della società civile,stanno portando avanti da tempo. Rimettere l’economia dentro un contesto culturale rigenerato e cioè centrato sulle relazioni e la convivialità. Ciò implica un ribaltamento delle narrazioni del sistema di dominazione vigente. Alcuni di queste sono:
.il concetto di crescita
.l’idea di sviluppo
.la massimizzazione dei profitti
.la monetizzazione e la mercificazione della vita
.le relazioni di dominio
.la mutilazione della visione ‘integrale’ della persona
.monismo culturale
…..
Ciò implica anche una seria revisione critica delle operazioni di aiuto e delle stesse campagne di contrasto alla povertà se esse non sono accompagnate dalla delegittimazione delle ricchezza come orizzonte, dello stile di vita occidentale ( Western life style) e dell’immaginario sui poveri e povertà.
Appare dunque urgente rivedere la ‘griglia’ di lettura della presenza dei poveri ‘in mezzo a noi’....
‘...La povertà oggi è un grosso affare. Migliaia di lavoratori del Nord del mondo sono pagati solo per sciorinare cifre sensazionali su riviste patinate che dimostrano come i poveri resteranno poveri finché non si stanzieranno sempre più fondi... da dove cominciamo a spiegare a questi esperti come ci si sente di fronte alla paura, alla morte, alla fame, allo sfruttamento, all’ingiustizia ogni giorno della propria vita? Per cambiare mentalità non ci servono soldi. Dare fiducia a i poveri e lasciare che realizzino i loro progetti non richiede denaro’...(Bunker Roy,cit. In Ottieri M.P,20)
Secondo il pensiero di Leonardo Boff sono vari i modi per interpretarne la collocazione dei poveri:
a- I poveri (e dunque la povertà) sono i ‘senza’. Senza reddito, casa, lavoro, salute, terra....
In questo caso la strategia sarà quella di colmare, in qualche misura, la riconosciuta scarsità, con una certa distribuzione. Le azioni caritative e di beneficenza si collocano in questa prospettiva.
b- I poveri sono visti come potenziali ‘consumatori’ di beni e servizi e dunque da usare per il miglior funzionamento del sistema, seppur in scala inferiore e senza rimettere in questione le asimmetrie.
Le visioni liberal-capitaliste si inseriscono in questa prospettiva e si sono storicamente realizzate nel fordismo e neo fordismo
c- I poveri smettono di esistere e apparire. La ‘nuova’ economia ne fa a meno. L’operazione è quella di far consumare di più chi già consuma. Questa è la politica dell’esclusione globale.
La strategia dei muri attorno all’Occidente, le riserve, i ‘dispositivi di immagazinamento’ in Israele, sono altrettanti tentativi di traduzione di questo principio (Halper, Ostacoli alla pace, 2009)
d- I poveri sono i possibili e insostituibili co-creatori di una nuova società. Da loro, con loro e per loro si rifonda una società umanizzata e umanizzante per tutti. Elemento di trasformazione.
Quest’ultima è la posizione delle teologie della liberazione e la visione di buona parte della società civile aggregata per esempio nei Social Forum.
(Boff,L., La causa dei poveri, ADISTA, 28 giugno 2008)
‘...L’infallibilità, la verità si trovano nella sofferenza dei più poveri:loro sanno ciò che succede nel mondo,la loro intuizione rivela la visione di Dio sugli uomini. La vera autorità si trova nelle mani del popolo oppresso. Chi vuole restare nella verità deve vivere in comunione con i poveri o ascoltare il racconto della loro vita. Chi con la propria vita soffoca la voce dei più poveri non può vivere nella verità’...(Karel Staes, citato da Herman Pillaert s.j., Il mio Dio è ‘una schiava’).
‘...prima di tutto guardate alle vostre risorse interne’ (Bunker Roy,Ottieri,o.c.,68)
PS-Dell’opzione per i poveri o per la giustizia. Appunti inclusivi
José Maria Vigil, teologo latinoamericano, sottolinea il graduale slittamento del contenuto semantico dell’opzione per i poveri riaffermato e corretto. Secondo l’autore, per far accettare questa ‘opzione’, si è prima aggiunto il termine ‘preferenziale’ e poi si è terminato per parlare di semplice ‘priorità pastorale’.
Si tratterebbe allora di considerare i deboli e i piccoli,gli svantaggiati, come oggetto di particolare cura in considerazione della loro fragile posizione.
Si vorrebbe invece ribadire che l’opzione per i poveri dovrebbe essere tradotta come ‘opzione per la giustizia’. In questa prospettiva i poveri sono coloro che vengono ‘derubati’ del diritto alla giustizia o, detto in altri termini, sui quali si sta perpetrando un’ingiustizia.
L’opzione per i poveri è dunque opzione (e dunque alternativa, esclusiva ed escludente) per la giustizia. In questa visione i poveri sono coloro che hanno subito il furto della loro dignità di persone.
Se dunque la povertà di una persona o gruppo è dovuta all’essere stati vittime dell’ingiustizia e se la ricchezza di una persona o gruppo implica ingiustizia, Dio sta contro questa ricchezza,contro lo stile che la genera e dunque sta dalla parte di quelli che ne soffrono le conseguenze.(e contro che le perpetrano....). (Vigil,J.M., L’opzione per i poveri....,Servicio Biblico Latinoamericano,371)
Aprile 2010,Genova-Vigne
Bibliografia scelta (oltre ai già citati):
.Deriu,M.(a cura di),L’illusione umanitaria,EMI,2001
.Polman,L.,L’industria della solidarietà,Mondadori,2009
.Patel.,R.,I padroni del cibo,Feltrinelli,2008
.Petrella,R.,Una nuova narrazione del mondo,EMI,2007
.Latouche,S., Come sopravvivere allo sviluppo,Bollati B.,2006