Squarci inquietanti sui misteri d’Italia
Il nostro paese nel dopoguerra è stato attraversato da oscure vicende, trame politiche, organizzazioni segrete o clandestine, sanguinosi attentati, interferenze internazionali, che ne hanno condizionato pesantemente la struttura e i destini: depistaggi, deviazioni dei servizi, ricatti incrociati hanno sempre impedito che si arrivasse a svelare le verità. Commissioni d’Inchiesta e coraggiosi studiosi (G. De Lutiis, S. Flamigni, G. Pellegrino) hanno contribuito negli anni recenti a gettare qualche luce su questi misteri. È importante segnalare alcuni importanti contributi pubblicati quest’anno.
L’impronta nazifascista dell’Italia repubblicana
Le trame cominciano dalla caduta del fascismo. Due studiosi siciliani, Casarrubea e Cereghino, da anni ricostruiscono, in base a documenti e ricerche d’archivio, le torbide vicende che si svolsero nel Sud d’Italia, in particolare in Sicilia, a partire dall’estate del 1943, e prepararono la formazione dell’Italia repubblicana e atlantica. Il nuovo libro – Lupara Nera, La Guerra Segreta alla Democrazia in Italia 1943-1947, Bompiani, Milano, 2009 – fa seguito ai precedenti Storia Segreta della Sicilia (2005) e Tango Connection (2007). L’analisi dei documenti dell’intelligence angloamericana desecretati dopo il 2000 traccia una storia segreta rimasta sepolta per decenni. Sono prima i nazifascisti (Herbert Kappler) a creare reti di formazioni paramilitari clandestine, legate ai poteri criminali e al banditismo, con la complicità dell’aristocrazia e del Vaticano (che organizzerà l’espatrio sistematico di criminali nazisti verso il Sud America), per azioni di sabotaggio dietro le linee. Reti multiformi e cangianti, che dopo lo sbarco e l’armistizio passano, senza una cesura netta, agli ordini del Comando Alleato, integrandosi con mafia, separatismo, indipendentismo, banditismo, con esplicite complicità e coperture delle forze dell’ordine, intrecci con formazioni ebraiche dell’Haganà (che vengono esercitate proprio in Sicilia), ustascia croati, con una rete di fornitura d’armi e legami e complicità internazionali (Internazionale nera, Argentina).
Dal 1946 Lucky Luciano in Sicilia riorganizza la nuova mafia, che promuove il narcotraffico e in combutta con le istituzioni scatena un clima da guerra civile, con ondate di omicidi di sindacalisti e politici. Nel piano eversivo si inserisce la strage di Portella della Ginestra (1o maggio 1947). Questa politica degli Stati Uniti in Sicilia dal 1944 «precede di qualche tempo l’esplosione vera a propria della guerra fredda e fa dell’Italia un importante paese di frontiera tra i due blocchi che si fronteggiano». Il 10 luglio 1947 viene fondata la CIA, e gli USA decidono di fornire armi e denaro ai movimenti paramilitari anticomunisti, neofascisti e monarchici purché si organizzino sotto un comando unico: è la prima impostazione della struttura Stay Behind, sullo schema nazista.
L’autunno 1947 segna una svolta nella strategia USA. Esiste da mesi un contrasto, sulla valutazione della situazione interna dell’Italiana e dei paesi in cui sussistono forze progressiste (Francia, Grecia), tra i falchi (Angleton, generale Lee, comandante supremo del Mediterraneo), che vorrebbero continuare l’occupazione militare, e l’ambasciatore Dunn, che invece chiede il ritiro militare, una maggiore autonomia interna, il potenziamento della ricostruzione. L’ala militarista viene sconfitta, e si prepara la nascita della NATO.
La strategia della tensione, un disegno eversivo di dimensioni internazionali
Vale la pena ricordare che con l’adesione alla NATO (1949) esistevano «protocolli segreti che affidavano ai servizi segreti dei paesi firmatari la prevenzione dell’avanzata comunista» (P. Willan, I Burattinai, Pironti, Napoli, 1993, pp. 33-34).
L’intervista al Presidente della Commissione Stragi, Giovanni Pellegrino, fornisce un efficace quadro discorsivo a tutto campo dei misteri d’Italia (G. Pellegrino, G. Fasanella, C. Sestieri, Segreto di Stato, Sperling & Kupfer, 2008).
Gli anni tra il 1962 e il 1964 furono cruciali per il futuro del paese. Un’operazione a vasto raggio tagliò definitivamente le gambe alle aspirazioni e ai progetti di uno sviluppo avanzato: l’omicidio di Enrico Mattei (27 ottobre 1962); gli intrighi delle «Sette Sorelle» petrolifere; l’attacco di Saragat (manifestamente esecutore di direttive probabilmente internazionali) del 1963 al Presidente del CNEN, Felice Ippolito, e il successivo processo che seppellì le aspirazioni nucleari italiane; l’analoga incriminazione di Domenico Marotta, che aveva portato l’Istituto Superiore di Sanità ad alti standard internazionali; la cessione nel 1964 alla General Electric della Olivetti, che era divenuta leader mondiale nei computer.
L’Italia doveva rimanere un paese succube agli interessi atlantici. Da lì, per arginare il presunto pericolo dell’apertura politica prima al PSI (il “Piano Solo” del 1964 preparato, d’accordo con il Presidente della Repubblica Segni e gli USA, dal Gen. De Lorenzo) poi al PCI, prende l’avvio la strategia della tensione, la linea di sangue che culmina il 12 dicembre 1969 a Piazza Fontana. È veramente magistrale l’inchiesta a tutto campo di Paolo Cucchiarelli, Il Segreto di Piazza Fontana, Ponte alle Grazie, 2009, un ponderoso volume di più di 600 pagine scorrevoli e serrate, che ad ogni pagina svela ulteriori risvolti inquietanti in un crescendo degno di un giallo: emergono con stringente evidenza i disegni neofascisti, le complicità istituzionali (Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno) che impedirono di debellare il piano eversivo, i collegamenti internazionali (Colonnelli greci, disponibilità di esplosivo militare, collegamenti tra le basi NATO e i gruppi ordino visti, depositi segreti di armi e esplosivo di Gladio), i depistaggi e i ricatti incrociati che sbarrano la via verso la verità. Probabilmente «la CIA non c’entrava nella strage, ma l’esplosivo venne fornito a uomini di ON da un “agente nordamericano” che proveniva dalla centrale tedesca e apparteneva al servizio segreto dell’esercito [corsivo nel testo], struttura “assai più efficiente della CIA”» (pp. 531, 536).
«Quello che non riuscì nel dicembre 1969 venne bissato, con logiche politiche diverse, nel dicembre 1970, con il tentato golpe del comandante Junio Valerio Borghese. … Ad appoggiare il progetto anche la mafia. … [Gli appoggi esterni] la NATO e la Germania, a livello militare … per l’America c’è Nixon e il suo entourage … tra i finanziatori c’erano diversi armatori genovesi, il petroliere Attilio Monti ed Eugenio Cefis dell’ENI» (pp. 542-47). Una linea di sangue unisce Piazza Fontana al rapimento di Moro ed alla sua esecuzione: «nell’estate 1974 era previsto il tentativo di golpe bianco di Edgardo Sogno, e ci fu la strage dell’Italicus. Aldo Moro doveva essere su quel treno: scese solo per una fortuita coincidenza. In settembre, a Washington, Henry Kissinger lo ammonì a non procedere nella sua linea di “attenzione” al PCI» (p. 619).
Una delle scoperte più sconvolgenti delle trame occulte è l’esistenza di un servizio segreto che è rimasto completamente celato per mezzo secolo, pur avendo giocato un ruolo di primo piano in varie vicende cruciali del nostro paese, come analizza Stefania Limiti, L’Anello della Repubblica, Chiarelettere, Milano, 2009: dalla rocambolesca fuga di Herbrt Kappler nel torrido Ferragosto del XXXX, alle vicende dei rapimenti di Aldo Moro e di Ciro Cirillo.
Il segreto è stato protetto con tutti i mezzi: i costanti depistaggi dei servizi nelle indagini per gli attentati dal 1969 al 1974 volevano impedire che i giudici scoprissero l’esistenza di Gladio, dovevano difendere il segreto NATO. Ma perché Gladio era così importante? Perché Andreotti ne rivelò l’esistenza nel 1990? «Gladio, lo Stay behind per così dire “ufficiale”, non era l’unica struttura militare-civile clandestina: faceva piuttosto da cappello a un intero arcipelago di reti e organizzazioni parallele che hanno operato in Italia, una nazione dove anche i gesuiti e l’Azione cattolica hanno avuto la loro struttura segreta armata» (Cucchiarelli, p 507).