Cooperazione

Non solo detenuti

Mentre in Italia si taglia anche la cooperazione internazionale, alcune Ong pazientemente lavorano nei Paesi in Via di Sviluppo: l’esempio di un progetto del MLAL in Mozambico.
4 febbraio 2011 - Davide Pelanda

Realizzare un progetto di reinserimento di ex-detenuti nella vita sociale. È ciò che sta facendo da alcuni anni il Mlal (Movimento Laici America Latina), un’Ong italiana a Nampula, in Monzambico.
Il progetto africano, seguito come capo progetto da una assistente sociale piemontese, Angela Magnino, già dirigente dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Torino e ora distaccata, sta interessando quasi 2 mila detenuti in tre strutture diverse: una di tipo Civile, una che accoglie le donne detenute e il Penitenziario regionale che ospita detenuti di quattro province della zona.
Per due anni questa Ong italiana dovrà coordinare il lavoro africano e mettere in relazione l’Amministrazione penitenziaria mozambicana con quella del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Provveditorato regionale del Piemonte e Valle d’Aosta dell’Amministrazione penitenziaria visto che questi ultimi enti sono anche i partner italiani del progetto assieme all’UNICRI (United Nations Interregional Crime & Justice Research Institute).

Il progetto
Cosa fa di preciso il Mlal in Mozambico? “Siamo impegnati – dicono i responsabili del progetto – per il miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri, per la difesa dei diritti delle donne e dei minori carcerati e per il reinserimento sociale dei detenuti. In concreto i nostri progetti si stanno traducendo nel risanamento igienico e sanitario delle strutture carcerarie, nell’avvio di attività agricole (orti e allevamento del pollame) che migliorino la dieta alimentare dei detenuti, in corsi di alfabetizzazione e di formazione professionale e nella promozione di microimprese per il reinserimento lavorativo dei detenuti”.
Interessante sapere, e allo stesso tempo assai curioso, che l’ordinamento penale in vigore attualmente in Mozambico è quello che era in vigore nel 1930 in Portogallo, essendo questa nazione una sua colonia dove attualmente anche la lingua ufficiale di questa nazione africana è il portoghese. Il Mozambico, inoltre, ha una popolazione di venti milioni di abitanti di cui il 50% ha meno di 15 anni di età, e ci sono ben 23 etnie diverse.
Altro dato interessante è che il carcere in Mozambico esiste da 150 anni circa, mentre ogni struttura carceraria deve istituzionalmente man tenersi e sostentarsi autonomamente dallo Stato centrale, per cui tutte hanno un loro pezzo di orto.
Inoltre, in questo Paese africano le donne carcerate sono solo il 4% dell’intera popolazione carceraria, mentre le pene comminate non superano mai i 30 anni di reclusione (per omicidio) e, cosa ancor più singolare, è che qui non esiste l’ergastolo.
I reati commessi dai detenuti mozambicani sono, per la stragrande maggioranza, legati al patrimonio, quindi i furti vanno per la maggiore; altro reato commesso, legato molto spesso a gelosie e contese passionali soprattutto ad opera di donne, è l’incendio della casa del rivale in amore la cui pena è normalmente comminata in 20 anni di detenzione. Da poco tempo poi è stato aperto il primo carcere minorile che già contiene 159 persone.
L’intero progetto, dicono dal Mlal, è considerato un po’ una specie di orgoglio per il governo mozambicano, mentre anche l’ambasciatore italiano in Mozambico Carlo Lo Cascio non ha dubbi sulla qualità del progetto: egli infatti ha inviato una lettera al Ministro della Giustizia Maria Benvinda Levi per invitarla a riprodurre tale progetto nell’intero Paese. “Promessa mantenuta – dicono con soddisfazione all’Ong italiana – visto che due soli giorni dopo (i primi di ottobre) lo stesso ministro ha inviato un messaggio di apprezzamento alla nostra apo-progetto”, descrivendo il lavoro svolto nelle carceri di Nampula, come un buon esempio di cogestione delle attività educative e di reinserimento dei detenuti. L’ambasciatore italiano ha inoltre “confermato – dice la apo progetto Angela Magnino – che noi possiamo continuare ad essere la sua antenna qui nel Paese”. Tutto ciò finalmente è andato a buon fine, visto che all’inizio, dicono sempre al Mlal “non è stato per niente facile stabilire una relazione di partenariato con il ministero di Giustizia mozambicano, che per lungo tempo di è limitato a studiarci tenendoci in scacco con una convenzione che siamo riusciti a firmare solo nel marzo 2010”.

Un vero ristorante
Il signor Cachote serve ai tavoli di una ristorante abbastanza particolare. È il ristorante O Prato Feliz (Il Piatto Felice) ed è un po’ fuorimano per noi italiani perché sta a Nampula, cittadina del Mozambico. Assieme a lui, che è un ex detenuto, lavorano anche Fernando, un giovane che si occupa della gestione generale del ristorante, e Genna donna mozambicana di origini indiane che, aiutata dalla mitica mamà Irene, fin dalle prime ora inizia a cucinare, e Taddeo, una sorta di piccolo factotum. Una curiosità: questo ristorante, dopo l’inaugurazione avvenuta nell’Aprile del 2010, è diventato il luogo per il reinserimento sociale degli ex detenuti grazie all’impegno del Mlal, Movimento laici America Latina, che hanno creato il centro socioculturale Ohakallala, vero e proprio spazio in cui, in collaborazione con l’associazione Ephatto na conga, questa organizzazione italiana laica promuove e accompagna il reinserimento di chi è stato recluso in una della carceri di Nampula. Si tratta di uno spazio polivalente in cui, oltre all’attività di ristorazione, sono state avviate diverse iniziative culturali legate all’arte, un vivaio di piante e di fiori ornamentali. Ma nel ristorante si possono gustare a prezzo modico i piatti tipici della zona del nord del Mozambico.
La preparazione dei piatti ha dei tempi molto più lunghi di quelli a cui si è abituati in Italia. La preparazione di un piatto a base di gallina, ad esempio, inizia con l’acquisto dell’animale vivo al mercato! E perciò il tempo di preparazione consta di tutte le fasi a partire dall’uccisione della gallina, allo spennamento, alla sua preparazione. Questo di regola accade in tutti i piccoli ristoranti del Paese.
“Il ristorante, come parte integrante del Centro Ohajkallala, spiegano al Mlal, è sempre luogo di incontri ed eventi diversi. Spesso compaiono i fiori sui tavoli, poesie appese qui e là e, il sabato sera, ospita ogni volta uno spettacolo diverso. Il cliente del ristorante può insomma gustarsi tranquillamente una birra gelata, mangiare qualcosa e assistere agli spettacoli, sempre gratuiti. Insomma un po’ quella che era da noi il bocciodromo, struttura polivalente, per il popolo e fatto dal popolo”.

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