La pace delle armi? No, grazie

Ragusa – L'incontro con monsignor Giovanni Giudici presidente nazionale di Pax Christi
23 marzo 2011 - Antonio La Monica
Fonte: Insieme n. 519 del 13 marzo 2011

La visita di monsignor Giovanni Giudici, vescovo di Pavia e presidente nazionale di Pax Christi, ha rappresentato un importante momento di riflessione per la nostra comunità. Pace, infatti, è una parola troppo spesso usata a sproposito. Talvolta persino per giustificare una guerra. Ecco perché ascoltare le riflessioni di monsignor Giovanni Giudici appare illuminante. Giudici, in visita a Ragusa per tenere una conferenza sul tema «Eucarestia ed accoglienza», propone la sua chiave di lettura riguardo l’attuale momento storico. «Nelle parole di Gesù – spiega – la pace è un bene che comprende in se tutti gli altri: il superamento dell’ansietà, la felicità e la realizzazione completa dell’uomo. La pace di Gesù passa attraverso il cuore convertito del suo discepolo. Dunque l’etica dei cristiani deve essere misurata dal modo di essere uomo che tenne Cristo. Un modo di vivere all’insegna della giustizia e della non violenza».
Un atteggiamento che comprende la comunione con il divino ed anche quella con gli altri uomini. «Ogni qualvolta nel Vangelo si parla di eucaristia – spiega monsignor Giudici – si può notare come tale sacramento sia frutto di una donazione agli altri. Dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci, passando per l’ultima cena di Gesù, fino al riconoscimento del maestro risorto che sperimentarono i discepoli di Emmaus. Attraverso l’eucaristia Gesù chiede a Dio di essere presente, ma richiede all’uomo il coraggio di stare insieme e di riconoscersi come comunità».
Un discorso lontano da paure e frontiere. «Se stiamo insieme – conferma il presidente di Pax Christi – ce la possiamo fare e l’accoglienza sarà possibile, così come sarà più semplice portare il nostro aiuto ai paesi ed alle persone più bisognose». Non manca un riferimento al Maghreb dilaniato dalla rivoluzione ed in cerca di un rinnovato ordinamento sociale. «La tecnologia – sottolinea il presidente di Pax Christi - ha cambiato il rapporto tra noi ed il potere e ciò è avvenuto ancor più in Africa che dalle nostre parti. Se si lascia libero accesso ad una informazione non distorta costruiremo una pace ben più duratura di quella che qualcuno pensa di poter ottenere fabbricando le armi. Non so dire se le istanze di libertà espresse in nord Africa si svilupperanno verso la democrazia, perché, spesso, nelle trasformazioni si insinuano persone senza scrupoli». In questo contesto il ruolo dell’Italia appare quasi imbarazzante. «L’Italia – conferma il vescovo – è sempre deficiente in termini di adeguamento alla propria costituzione che ripudia la guerra. Non è mai stato fatto, inoltre, il controllo voluto dalla nostre legge sul commercio delle armi. Trovo nocivo l’atteggiamento tenuto in politica estera. Non ho visto rapporti diplomatici basati sull’effettiva conoscenza dei popoli, ma improntati solo su apparenza e superficiale amicizia. Se non si bada alla realtà degli altri Paesi, come si può essere credibili nei momenti di crisi?».
Dunque la pace appare ancora lontana per gli esseri umani? «Il primo passo da compiere – risponde Giudici – è acquisire una coscienza di noi stessi, dei nostri limiti e delle nostre ricchezze. Dobbiamo sviluppare una coscienza interiore che ci permetta di avere un rapporto dialetticamente costruttivo con gli altri. Dunque si deve approfondire un attenzione nuova verso gli altri, visti non come nemici, ma come persone che portano diritti e doveri».
La conferenza tenuta alla Sala Avis è un’occasione per visitare Ragusa. «Un luogo di grandi tradizioni artistiche – conferma il nostro interlocutore – e capace di nutrire amore per il bello e l’armonioso. Mi appare una realtà in cui è ancora viva l’attenzione per l’uomo, per i suoi sentimenti e la sua dignità».

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