Festival della Dottrina sociale della chiesa
E ricordano che il Vangelo, ma anche encicliche e documenti pontifici, danno precisi orientamenti su denaro e povertà, guerra e pace. Servirebbero meno proclami, più autocritica e chiare priorità.
Si è tenuto a Verona dal 16 al 18 settembre il 1° Festival della Dottrina sociale della Chiesa. Si è parlato di “Economia, istituzioni e società: volti, idee e azioni”. Numerosi e qualificati gli ospiti intervenuti con l’obiettivo di rilanciare la Dottrina sociale della Chiesa, di richiamare i cattolici a una maggior coerenza e a un rinnovato impegno nella vita sociale, politica ed economica, per aiutare la società a uscire dalla crisi.
In particolare, il card. Tarcisio Bertone, segretario di stato del Vaticano, ha lanciato un forte appello alla coerenza, alla responsabilità, alla solidarietà e alla condivisione. “Chi vuole cambiare il mondo non può farlo da solo, ma assieme agli altri, mettendo in comune esperienze e riflessioni», e «senza condivisione non c’è trasformazione della società”. A tale proposito, il card. Bertone ha citato il celebre motto di don Milani: I care (“Mi prendo cura”).
Forte e unanime è stata la critica alla finanziarizzazione dell’economia, “che ha espulso dal suo centro non solo l’uomo ma perfino la produzione e il profitto” (Marco Vitale). Tutti sono stati d’accordo nel chiedere che siano rimessi al centro l’uomo, l’occupazione, l’impresa, l’innovazione, la creatività e la soddisfazione di bisogni veri, e che vengano riscoperte l’etica e la cooperazione. Il cristiano – è questo il richiamo di Benedetto XVI – non deve sottrarsi al compito di “evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”. Come non essere d’accordo?
Eppure, ci sia consentito di esprimere alcune idee, forse scomode, ma dettate dall’amore per il Vangelo e per la Dottrina sociale della Chiesa. La tipologia dei relatori intervenuti e l’assenza assoluta di ampi settori della vita civile, quali il mondo della marginalità, dell’immigrazione, del precariato e della sofferenza’ non denotano certo un’“opzione preferenziale per i poveri”, ma piuttosto per i potenti che hanno potuto fare bella mostra di sé.
I cattolici, nessuno escluso, compresi molti dei relatori presenti e tutti quei politici che si richiamano, a parole, alla Dottrina sociale, dovrebbero fare un serio esame di coscienza. Il nostro Paese è stato governato per decenni dalla Democrazia cristiana e, negli ultimi anni, retto da un governo di centro-destra che sbandiera continuamente i “valori cristiani”. Nei fatti, però, la classe politica italiana, anzi la “Casta”, non ha mai toccato un livello così basso di corruzione, di scandali e di tradimento della Dottrina sociale e del Vangelo, il cui messaggio – è bene ricordarlo – è molto esigente e non ammette sconti o compromessi.
I politici, purtroppo, rispecchiano in larga parte chi li ha votati, perché in Italia prevale la cultura del furbo, del farla franca, del non pagare le tasse, della chiusura verso il povero e il diverso, e della difesa a oltranza dei propri interessi e privilegi. Altro che I care! Dobbiamo avere il coraggio di riconoscerlo e di fare una sana autocritica. Cambiare si può. La crisi ce ne offre l’occasione.
È importante, dunque, riscoprire la Dottrina sociale della Chiesa e ripartire dal Vangelo. Ma non bastano i proclami e gli appelli generici. La Parola si deve incarnare nella vita quotidiana e nella società. È bene parlare di etica e di responsabilità.
Ma, allora, bisogna parlare anche di giustizia, di impresa etica, di finanza etica, di consumo responsabile, di imprenditorialità sociale, di sobrietà e di nuovi stili di vita. In semplici parole, del rapporto tra i cattolici e il denaro. Si tratta di un tema fondamentale, su cui bisognerebbe riflettere maggiormente. La vita (e la morte) di milioni di persone non dipende, forse, da un sistema economico folle e ingiusto che antepone il profitto alla vita? Non ha questo sistema prodotto oltre un miliardo di persone che vivono sotto il livello di povertà?
Altro tema appassionante, e che richiederebbe una straordinaria mobilitazione del mondo cattolico, è quello – purtroppo sempre attuale – della guerra e della pace e, quindi, del disarmo. Di fronte alle decine di guerre, grandi e piccole, che insanguinano il pianeta e provocano sofferenze e miseria, spetta a noi cattolici riscoprire e riflettere sui testi e le parole di pace di Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, o Paolo VI. Papa Montini, che già nella sua appassionata esortazione ai rappresentanti dei popoli della terra nel suo discorso all’Onu (4 ottobre 1965) aveva detto: “Lasciate cadere le armi dalle vostre mani!”, nell’enciclica Populorum progessio del 1967 ribadiva: “Quando tanti popoli hanno fame (...) ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi”. Nel documento La Santa Sede e il disarmo generale del giugno 1976, della Pontificia Commissione Giustizia e Pace, si leggeva: “La corsa agli armamenti, anche quando è dettata da una preoccupazione di legittima difesa, è nella realtà un pericolo e un’ingiustizia per la natura stessa delle armi moderne e per la situazione planetaria [...]. Gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame”.
Parole sempre attuali, ma purtroppo dimenticate. Sono pochi i cattolici che, nell’aprire un conto corrente, si pongono il problema delle “banche armate”. Guerra e pace, denaro e povertà, ma anche costruzione di una economia “altra”, quella del bene comune, rispettosa dell’uomo e dell’ambiente: non sono temi appassionanti su cui impegnarsi? I cattolici non hanno nulla da dire su questo?
Una nuova classe politica e una nuova generazione di cattolici dovrebbero avere queste priorità. Ed è per questo che proponiamo di avviare un percorso parallelo al “Festival della Dottrina sociale della Chiesa” celebrato a Verona, per riflettere in maniera concreta su questi temi, che rientrano di diritto nell’insegnamento sociale della Chiesa, e per formare, non tanto una nuova classe dirigente cattolica, ma cattolici coerenti, consapevoli e responsabili, cittadini che possano essere il lievito di una nuova società. Ci sembra il modo migliore per prepararci alla Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2012), che avrà come tema “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”.
Nigrizia - 21/09/2011