Rete Disarmo risponde al Ministro Di Paola
Dopo le rivelazioni di enormi problemi tecnici, è necessario un confronto aperto. I dati reali dimostrano una realtà del progetto ben diversa da quella favoleggiata dai vertici della Difesa.
“Non stupisce la difesa d’ufficio da parte del Ministro-Ammiraglio Giampaolo Di Paola della partecipazione italiana al programma F-35, non pensavamo però fosse capace di affermare che non è uno spreco soprattutto dopo le recenti notizie provenienti dal Pentagono”. Questo il commento della Rete Italiana per il Disarmo alle recenti dichiarazioni (anche televisive) del Ministro, alla luce del recente rapporto (dal titolo “F-35 Joint Strike Fighter Concurrency Quick Look Review”) elaborato da alti ufficiali del Dipartimento della Difesa USA che rivela impietosamente la mole di guai del programma. Tra le questioni maggiormente problematiche c’è il nuovo casco avveniristico che non funziona come dovrebbe, oppure il meccanismo di aggancio di coda che ha fallito tutti e otto i test di atterraggio. Secondo alcune discrezioni sembra ci siano state 725 ‘richieste di modifica’ in attesa di essere evase, nel solo mese di ottobre 2011. Come è evidente tutte queste modifiche comportano un ulteriore rallentamento dei tempi e di conseguenza un ulteriore levitare dei costi. Questi problemi poi pongono serie domande sulle reali capacità finali di questo aereo di quinta generazione.
“È preoccupante l'elevato rischio che Lockheed Martin, azienda madre del progetto, ha deciso di assumersi. Il ritardo dello sviluppo ha portato ad una eccessiva sovrapposizione della produzione con la sperimentazione, ciò sta a significare che la produzione avviene mentre sono stati effettuati test di volo in una percentuale molto bassa – sottolinea Rossana De Simone, analista militare per la redazione di Peacelink - È impensabile e irresponsabile che la produzione avvenga quando il livello di preparazione tecnologica o maturità si mostra del tutto inadeguato, mancando il completamento di tutti i test necessari (prove a terra, a fatica, in volo)”.
Criticità che si sommano a quelle del recente rapporto del GAO (Government Acconuntability Office) del congresso USA che denuncia l’aumento dei costi, i ritardi nella produzione, lo scarso numero dei collaudi e i molti flop dei pezzi collaudati. Posizioni non di pacifisti, ma del Pentagono e del GAO che si riverberano in analisi approfondite anche di altri uffici di analisi ufficiali come il Parliamentary Budget Officer del Parlamento canadese. Mentre invece in Italia nessuna indagine seria e nessun dato concreto sul Joint Strike Fighter viene elaborato da agenzie ufficiali e proposto alla discussione parlamentare e dell'opinione pubblica.
“È sconcertante che in Italia il ministero della Difesa pretenda di decidere univocamente del ruolo strategico di un progetto militare e industriale dai costi esorbitanti, senza avere intrapreso un dibattito pubblico trasparente e informato – commenta Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – e ciò è da sempre una delle principali preoccupazioni della nostra campagna nata nel 2009 (www.disarmo.org/nof35)”.
Secondo il Ministro-Ammiraglio Di Paola, questo progetto non è uno spreco perché permetterà all’industria italiana di fare investimenti importanti e quindi di crescere. Peccato che gli investimenti innanzitutto li faccia lo Stato, come nel caso della FACO di Cameri, dove verrà costruita da Alenia un’ala e assemblato l’F-35 destinato ad alcuni Paesi europei. Washington non è disposta a cedere il know-how del velivolo ed ha basato la partecipazione al progetto sul principio competitivo ‘best value’, cioè senza prevedere ritorni industriali garantiti. Tutti problemi pienamente confermati anche dai cablo rivelati da Wikileaks sulla questione. D’altronde suona strana una crescita industriale dettata dalla costruzione di un solo pezzo...
Dei 10.000 posti di lavoro annunciati dal Governo, sembrano rimanere nella realtà poche centinaia che in realtà non saranno nuovi, ma ricollocazioni di lavoratori che perderanno il posto a causa dei tagli dell’Eurofighter entrato in concorrenza con l’F35 (solo a parole siamo tutti europeisti...)
Un altro motivo secondo il quale l’F35 non è uno spreco per il Ministro-Ammiraglio Di Paola è quello di consentire all’Italia di avere capacità di primo livello nel settore aereo; il problema è che siamo parlando non di un intercettore, ma di un cacciabombardiere. “Forse vale la pena ricordare al Ministro – sottolinea Massimo Paolicelli presidente dell'Associazione Obiettori Nonviolenti - che abbiamo una Costituzione che all’articolo 11 vieta espressamente di fare la guerra e per garantire la partecipazione agli impegni internazionali nessuno ci obbliga ad avere armi di primo livello e un numero così spropositato di aerei. Specialmente quando contestualmente si chiedono agli italiani forti sacrifici come quelli contenuti nella manovra del Governo cui appartiene Di Paola”.
A tutto questo bisogna aggiungere che per i sistemi aeronautici i costi maggiori sono quelli di uso e gestione dei velivoli (da due a tre volte maggiori della semplice fattura di acquisto).
Per questo ribadiamo la nostra richiesta che non si firmi il contratto di acquisto dei 131 cacciabombardieri F-35 e si possano destinare le ingenti risorse così risparmiati ad interventi sociali e di sostegno al mondo del lavoro così colpito dalla attuale crisi economica.
Per approfondimenti:
Campagna “Taglia le ali alle armi” - www.disarmo.org/nof35
In arrivo un bombardiere carico carico di guai. Ancora una volta le notizie sul programma JSF parlano di problemi tecnici e di conseguenti aumenti di costi. Parola del Pentagono. - www.disarmo.org/rete/a/35277.html
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