Nel cantiere della Speranza. Per una scelta d’impegno comune
Ho sempre seguito con interesse e passione le manifestazioni e le lotte per il primo maggio. Dico “lotte”, perché con questo termine le chiama l’enciclica “Laborem Exercens” di Giovanni Paolo II.
Precisando, però, che si deve trattare sempre di “una lotta pro e mai di lotta contro”. Precisazione fecondissima, nella mia vita e anche in quella di tanti militanti cristiani, che seguono solidi e fondati ideali di giustizia, non dietro bandiere passeggere, ma valori che hanno sempre a che fare con il valore e la dignità della persona.
“Agire per esserci” ed “Esserci per agire”. E’ un motto che mi sgorga dal cuore, altrettanto utile per capire l’efficacia e l’importanza dello slancio che tutti dobbiamo avere per spingerci “oltre la stessa precarietà” di questi anni appesantiti e stremati dalla crisi economica.
Oggi la lotta concreta più urgente è, infatti, quella al precariato giovanile. Questo è ora il grande obiettivo di giustizia che ci coinvolge tutti, in ogni casa, davanti al futuro incerto dei nostri ragazzi, per i quali il cuore si scolora di paura. E’ un primo maggio, quest’anno, di sconforto, guardando altri anni, dove la speranza era più palpabile, concreta. Vicina, soprattutto. Eppure, proprio per questo è indispensabile ancor di più scendere in piazza, per dire alcuni precisi “no” ed altri concreti “si”. No alla rassegnazione, soprattutto. Cioè un “no” a quel senso di cinismo che spesso attraversa anche le nostre parrocchie ed associazioni. Sì, invece, alla speranza, a quel “guardare oltre” che ci ha investito la settimana di Pasqua, nei vari auguri. Si al servizio formativo delle coscienze che guardano al cambiamento con fiducia ed impegno. E ancora “si” alla straordinaria risorsa umana dei volontari che operano nel settore della vita sociale, con spirito di profonda solidarietà e comunione.
Ma il più grande “si” lo rivolgiamo alla Politica che non si “ fa strada” con le famiglie e i giovani, abusando del patrimonio pubblico, ma “ fa strada” a tutti i cittadini garantendo qualità di servizio e vicinanza ai reali bisogni. Oltre la paura, oltre l’immobilismo. Oltre le divisioni! E’ questa la festa del primo maggio! Sarà allora proprio la rilettura di parole spirituali a farci da guida, concretissima.
Come il binomio “ora et labora” del grande Benedetto, il santo che ha plasmato il Medioevo e che oggi ritorna prezioso. La sua regola viene riletta, oggi, non solo nei monasteri, ma anche in dotti convegni di economisti. Perché è soprattutto la preghiera che ridona motivazioni ampie, da “intravedere” e trasformare in progettualità. Solo chi intravede, investe ed intraprende. Chi donerà allora questa voglia di futuro al nostro laicato? Saranno ancora una volta i monasteri, i contemplativi, gli uomini di fede, i preti dalle omelie, ben preparate e saldamente fondate, i confessori lucidi sui nostri doveri nel mondo.
Le sfide odierne le sapremo allora affrontare con forza. Non mancheranno intuizioni nuove, dettate da “un cuore che vede”, come le borse lavoro, i segni del Progetto Policoro, il gusto di accompagnare e di farsi accompagnare, uno stile di vita esemplare, la crisi sentita come opportunità, la vicinanza a chi piange, il sostegno economico dove c’è il vuoto. Segni per compiere un sogno di giustizia che le bandiere del primo maggio riattiveranno in tante piazze. Ma soprattutto, in tante chiese, con mani giunte, nella profezia di san Giuseppe che “accompagna” il suo Figlio Gesù. Anche tu in piazza, con mani solidali, aperte al futuro ed elevate al cielo.
Buon Primo Maggio!