Quel papa che non habemus
Sarebbe stato bello poter dire di lui Carlo Maria I, papa. La sua scomparsa mi ha riportato alla mente la morte di Giovanni XXIII: pena oggi soprattutto di affetti memori, mentre questa è tutta pena della mente. Perché Martini vuole far pensare.
Se fossimo stati tutti come lui, audaci e prudenti, il Vaticano II non sarebbe un reperto archeologico e il suo valore più importante, che è l'apertura al futuro della vecchia Chiesa del Vaticano I e del Tridentino, si sarebbe meglio affermato. Invece Giovanni Paolo II, ma in particolare Benedetto XVI, rinnegando un concilio solo "pastorale", e, quindi, estraneo al potere del dogma, hanno tentato di riportarci alla Chiesa delle certezze e a quella Tradizione ormai arida, lasciando la comunità dei credenti nel disagio della solitudine. Intanto la storia correva, seminando problemi ardui e nuovi e interpellando le coscienze a rileggere valori e credenze, mentre il futuro viene caricando di ambiguità le crisi del sistema ormai violento della globalizzazione.
"La chiesa è rimasta indietro di duecento anni": è la constatazione di Martini nella sua ultima intervista, espressione lucida di una sofferenza che non è stata soltanto sua, ma di molti teologi silenziati dalla censura vaticana. Ed è la sofferenza di molti credenti che vedono, come dice Martini, "la Chiesa stanca... la nostra cultura invecchiata: le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burocratico lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi... Siamo come il giovane ricco che triste se ne andò via".
Martini non aveva mai avuto accenti così diretti, anche perché non intendeva farsi leader di nessuna opposizione. Tuttavia i suoi interventi e le sue iniziative sono sempre state esemplari. Lezioni di dubbio davanti al mistero della fede che non forrnisce ricette consolatorie sulla morte. Lezioni di teologia attenta a rileggere la scrittura e la morale per l'umanità del terzo millennio. Lezioni di purificazione dai tabù tradizionali che hanno coinvolto la religione nella mortificazione della corporeità e del sesso, con sofferenze che, nel caso dell'omosessualità, hanno prodotto grandi sofferenze. Lezioni di cultura "plurale": "Cattedra dei non credenti" (Cortile dei Gentili ha altro senso) per imparare nella reciprocità, anche con gli atei; e, con lo stesso interesse, dialogo con le altre religioni, a partire dall'Islam di quel Maometto che due secoli dopo Ambrogio credeva nel Dio unico e auspicava un mondo di solidarietà e di pace. Lezioni di carità autenticamente cristiana sui limiti della bioetica strumentale e nelle argomentazioni per l'accettazione del preservativo, della volontà del malato in materia di accanimento terapeutico, delle libere convivenze "che sono già famiglie" e della comunione ai divorziati. Lezioni di solidale "scelta dei poveri", sia nella presenza diretta in carcere, negli ospedali, tra i lavoratori, sia nel sostegno per leggi internazionali di giustizia sociale, per un'Europa migliore, per limitare i danni delle speculazioni e del liberismo nella crisi. Lezioni di giustizia, di temperanza, di carità veramente cristiane. Lezioni di amore.
L'intervista al Corriere si chiude con una domanda: "che cosa puoi fare tu per la Chiesa?"