La prima volta di Zinder

8 ottobre 2012 - Mauro Armanino - Niamey, settembre 2012

Era venerdì 14 settembre quando la chiesa di Zinder è stata parzialmente bruciata. Sono le seconde ceneri del paese. Le prime erano accadute quando il palazzo del Ministero di Giustizia era stato incendiato l'anno scorso. Gli archivi e i dossier degli indagati per corruzione finiti in cenere.
Esattamente come la giustizia con mandanti e esecutori. O allora si è trattato di un banale corto circuito. Lo stesso che è imputato per la serie di incendi che hanno devastato i mercati della capitale. E nel contesto delle ceneri altri incendi si sono sviluppati. Quelli industriali della raffineria di petrolio inaugurata nel mese di novembre scorso. Quelli con i copertoni delle macchine e dei camion in città. E quelli in seguito all'uccisione di tre persone durante le manifestazioni di strada dell'anno scorso. Zinder è stata la prima capitale del territorio coloniale francese nel 1922. L'amministrazione sarebbe poi stata trasferita a Niamey. L'attuale capitale del Niger che si trova a 650 kilometri da Zinder. Per la prima volta l'incendio in una chiesa.

Anche per Edward era la prima volta. Partito in Libia per giocare al calcio si è trovato in un campo di detenzione a Sebha. Per otto mesi ha sopravvisto tra i sommersi dalla fame e dagli stenti. Ha transitato tra i salvati solo perché un soldato aveva vissuto in Liberia. Assieme ad altri sono stati portati al confine col Niger e dopo quanche settimana nel ghetto di Agadez arriva a Niamey per la prima volta. Il loro figlio si chiama Favour. Favore di vivere malgrado le deportazioni in Algeria. Papà e mamma arrivano dall'Algeria via Liberia . Dopo aver perduto tutto si trovano col Favore che all'inizio del viaggio non c'era ancora. Edward ha cominciato a scrivere il diario della prigionia. Favour invece ha i capelli intrecciati e sembra una bambina solo avesse gli orecchini.

Erano le 9 quando un gruppo di persone ha iniziato l'opera di distruzione dell'edificio religioso di Zinder. Anche la statua di Maria e la scuola adiacente sono state sacccheggiate. Unitamente al clima di tollerata fiducia che finora aveva condotto la convivenza civile in questo paese. Per la prima volta si contano le macerie di quanto era stato pazientemente intessuto in decennali rapporti di convivenza. Non appare casuale e forse neppure causale. Sono le frustrazioni accumulate e depositate come i serbatoi di greggio che hanno seminato illusioni petrolifere poi fallite. Frustrazione per l'uranio che appare come la più pericolosa chimera che il Niger abbia mai subito. Frustrazione per una classe politica che bada a non scompaginare i propri interessi che coincidono con quelli dei potentati cino francesi. Ai primi hanno persino dato le medaglie della legione al merito. Ai poveri non è mai stato dato nulla se non la cenere della democrazia.

Zinder si trova a 150 kilometri da Kano in Nigeria. Non è difficile organizzare spedizioni e neppure pagare che la rabbia dei giovani diventi il prezzo di un improbabile riscatto. Non si può continuare a pensare che rimangano impunite le conquiste neocoloniali del mercato unico. Si vende e svende la vita di migliaia di giovani con e per i quali l'unica prospettiva accettabile è l'esodo. Per ora quasi completamente bloccato per la Libia, in Costa d'Avorio e paesi adiacenti. La prima volta di Zinder coincide con la protesta che si arma e viene manipolata per confiscare il vuoto. Zinder è la prima volta che si specchia nel possibile accadimento delle geopolitiche nascoste.

Il consiglio islamico del Niger ha ricordato ieri che non è dell'Islam distruggere chiese o altri edifici religiosi. Non si possono uccidere persone che non hanno nulla in comune con quanto accaduto altrove. Che proprio dell'Islam è invece la pace e la tolleranza. A Zinder erano un centinaio di giovani nel cortile. Dopo aver abbattuto la porta della chiesa hanno bruciato fino alla grotta. La statua di Maria in frantumi come una madre. Come le certezze di quanti pensavano che il futuro potesse tornare a declinarsi al quotidiano. Hamani scrive che la sua casa è andata distrutta con le recenti inondazioni nel paese. Dice che non ha un luogo dove posare il capo e chiede alcune stuoie di paglia per lui e la sua famiglia. Ha bisogno anche di alcuni pali di legno per appenderle. Per la prima volta come una speranza.

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