Il sapore del mare
Ferec navigava con il 'Gloria di Gesù' che ha fatto naufragio nel 1914 nella baia di Nouadhibou in Mauritania. È lui il primo della lista di nomi incisi sulle lapidi incagliate dietro la chiesa. Michel era sul 'Filantropo' e François sul 'Tropico' mentre Jean navigava sul 'Concordia'. Jean Marie naufragava invece sullo 'Stella del Marinaio'. Joseph è affogato nel 1969 col 'Farandola'. Sono ottanta in tutto i bretoni in lista d'attesa dell'oceano Atlantico della costa mauritana. Le lapidi che li ricordano sono come vele che si stringono ai tronchi di cemento piantati appena dietro. L'albero maestro porta una piccola croce di ruggine mentre gli altri due sono riservati ai pirati e ai migranti del posto.
Le loro piroghe e le barche di fortuna non avevano vele e si accontentavano di speranze e disperazioni. Seguivano una rotta che avrebbe potuto condurli alle isole del tesoro o verso il Marocco e poi l'Europa dei muri. Molti tornavano invece dopo alcuni giorni e venivano riconosciuti sulla sabbia dagli abiti che avevano ricevuto dalla Caritas prima di partire. Ora non partono più dal mare. Solo rimane il cielo del deserto e due piccoli cimiteri dalle tombe che sembrano scialuppe. Appena dietro si trovano le scorciatoie per evitare le mine seminate dalla guerra di occupazione del Marocco. Nessuno invece sembra ricordare il luogo preciso dei ritorni.
I nomi dei migranti scomparsi in mare sono in parte scritti tra le onde del mare. Solo si possono ascoltare nei giorni di festa e leggere di luna piena. Perché Nouadhibou è come quando il Cristo si è fermato ad Eboli. Non sapeva come continuare e forse aveva persino dimenticato dove voleva andare. Si è trovato tra il mare e il deserto della guardia civile spagnola che pattuglia la zona. Le frontiere dell'Europa che inseguono i migranti che devono inventare inediti sentieri nel vento. Alcuni di loro si accontentano di lavorare per vivere e pagarsi un viaggio di ritorno che non sia cancellato dal tempo. Altri invece scompaiono all'improvviso e chiamano per dire che sono finalmente arrivati dove mai avevano creduto possibile approdare.
A Nouadhibou il mare è fatto di mare e poco più. Si vanta di resistere alla tentazione della terra ferma che dimentica. Il mare ricorda e racconta i nomi che le lapidi non hanno scritto. Il mare ha il sapore del mare. Il mare non dorme e in cambio sogna coloro che a lui si sono affidati. Il mare sembra lontano e poi avvolge chi non conosce a sufficienza i sentieri che lo attraversano. Il mare circonda e rispetta il faro che si accende di notte per fargli compagnia. Il mare si fa complice dei pescatori senegalesi che continuano a solcarlo con le piroghe. Il mare resiste al contratto che i cinesi hanno stipulato col governo della Mauritania. Sono 25 anni di saccheggio dei pesci con un porto privatizzato come il terminale per caricare il minerale di ferro. Il mare fa alleanza col dolore dei pescatori.
Pepper è un liberiano che ha cominciato a fare l'autista a Nouadhibou. Non ha perso la speranza di andare in Marocco. Per ora si accontenta di inventare il codice stradale sulle stanche strade della città. Si propone mettere da parte i soldi per il seguito del viaggio perché vorrebbe poter giocare in una squadra di calcio europea. Il passaporto che possiede è stato fabbricato strada facendo come la sua vita. Sono tanti quelli che arrivano e prestano gli anni al mare che li porta lontano. Alcune delle navi negriere salpavano da questa costa. Portavano gli schiavi nelle Americhe e da allora il mare non è più stato lo stesso. Ha cominciato a scrivere sulle onde tutti i loro nomi Poi sono arrivati i pescatori e ancora più tardi le lapidi dei nomi che solo il mare ha saputo custodire.
L'oceano Atlantico è un migrante che non si stanca di navigare. Il mare ha il sapore antico della lontananza. Il mare si è perso e poi ritrovato sulla riva del mare. Il mare parla nel silenzio dei nomi inciampati nella storia censurata dal tempo. Il mare versa lacrime di nascosto fin quando spuntano le stelle del marinaio.
Nouadhibou, novembre 2012