Dialogo e ricerca
Nell’aprire del 1999, è in corso la guerra nei Balcani; al cardinal Martini è richiesto da un quotidiano nazionale di parlarne. Egli scrive: “In questi giorni di guerra ripenso al lungo, difficile cammino della coscienza cristiana durante due millenni nel giudicare la guerra e gli armamenti”. Questo passaggio è un esempio interessante per comprendere la prospettiva dalla quale egli si pone: i fatti della cronaca chiedono sempre una valutazione cristiana, ma essa ha da partire dalla lettura della mentalità presente nel popolo di Dio. La coscienza della comunità ecclesiale gli sta a cuore, sia per quanto essa è in grado di comprendere oggi di ciò che sta avvenendo, sia per quanto deve essere resa capace di esprimere una sempre maggiore sintonia con l’insegnamento evangelico.
Gli interventi del cardinale Martini sul tema della pace sono pronunciati in tre varietà di occasioni. Vi sono le riflessioni che vengono proposte come eco del messaggio del Papa per le giornate della pace; sono legate al tema specifico. Ci sono poi le occasioni in cui il tema della pace risuona all’interno del tema più vasto del dialogo tra le religioni; è interessante notare che non si tratta della trattazione esplicita del cammino della pace, ma piuttosto del rapporto che esiste tra l’esperienza religiosa e la storia.
Un’ultima categoria di interventi del Cardinale traggono origine dai fatti drammatici della cronaca; si tratta di riflessioni in cui il pastore svolge con maggiore ampiezza e metodo il ragionamento sul tema della guerra e della pace.
Principi e testimonianza
Il card. Martini preferisce partire da fatti concreti, e far emergere dall’esperienza personale o vissuta da altri, ciò che illumina le cause o spiega le vie di uscita da una situazione negativa. Questa modalità di accostamento è dovuta alla fiducia nella presenza dello Spirito di Dio, il quale costruisce sempre, nell’animo umano e nella storia dei popoli, segni di novità e cammini di creativa forza di generosità e di fiducia.
Un secondo punto di riferimento, che àncora la proposta intellettuale del Cardinale alla realtà, è la fiducia nella Parola di Dio. Essa, come ben sappiamo, ha un approccio realistico ai fatti, e fa scaturire l’insegnamento dalla piena aderenza alle situazioni che si presentano. Come ci insegna il Concilio: “Questa economia della rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto”. (Dei Verbum, cap. 1). Inoltre, la Scrittura ha la forza capace di illuminare gli atteggiamenti dell’animo umano in qualunque situazione o cultura.
Da ultimo, è interessante notare che il discorso del Cardinale, a proposito dei temi che egli affronta, e dunque anche del problema della pace, ha sempre uno stile di notevole realismo nella presa di coscienza di limiti e di scelte pregresse. Un insegnamento puramente teorico non basta; l’uomo d’oggi ha bisogno di testimoni, come ricordava già Paolo VI, in una frase divenuta giustamente famosa. Il Cardinale ricorda che “… occorre che la mobilitazione contro il male [della guerra] sia accompagnata da un’opera progettuale, che dia nuova consistenza alla pace, alla sicurezza, alla stessa dissuasione. In tale linea: una ricerca di giustizia, di eguaglianza, di solidarietà, di potenziamento del dialogo, dei sistemi democratici, degli organismi di controllo internazionale” (articolo su Repubblica, 29 aprile 1999). Si nota che molte delle indicazioni qui proposte toccano la vita di ciascuno, il suo stile di vita, la sua responsabilità come elettore.
L’analisi dei fatti
La pace ha radici profonde; si può paragonarla all’uomo giusto di cui parla il salmo: “È come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono”. (Sal. 1,3). Per questa ragione il Cardinale, commentando il messaggio per la giornata della pace del 2002 dice: “… sentiamo tanto bisogno della pace: una pace che sembra umanamente impossibile e che però tutti desideriamo, a cui tutti aspiriamo. Una pace che è riflesso della pace celeste, nasce da rapporti ordinati con noi stessi, con Dio e con gli altri, e sola può vincere le guerre. Una pace da vivere a partire dal nostro cuore, da vivere e promuovere nelle famiglie, nelle comunità, nelle parrocchie, nei posti di lavoro. Siamo chiamati a superare ogni conflitto e ogni divisione, riconciliandoci e seminando gesti di pace”. Per poi proseguire: “... i pilastri della pace sono la giustizia e quella particolar forma d’amore che è il perdono”.
È evidente il rapporto della pace con la quotidianità delle nostre scelte di vita. Ma è interessante accennare anche come la pace non ha solo a che fare con questioni immediate, con ragioni tutte comprensibili. La pace è messa in discussione da forze che attraversano l’animo umano e le ragioni della storia. Così si esprime il cardinale Martini: l’avventura umana… può essere descritta nell’immagine di un incessante cammino, di una tensione perenne… in ascesa verso la perfezione del bello e del santo, del giusto e del vero… Questo pellegrinaggio personale, storico e cosmico, si svolge sul crinale di due opposti abissi, librandosi tra essi, sostenuto dal tenue filo d’argento della libertà. Da una parte c’è il bagliore, inestinguibile e accecante, della luce pura e ardente che supera ogni parola umana; dall’altra, invece, c’è la tenebra dell’errore, della volontà di potenza che può giungere a servirsi della verità più sacra per giustificare ogni violenza. Dunque, anche il più santo dei pellegrinaggi rischia di trasformarsi in un’orrida strage di innocenti – come il martirio delle comunità ebraiche in Europa durante le Crociate – e i roghi possono essere accesi per incenerire corpi di pii fedeli e pagine di libri venerati” (relazione alla Martin Buber House, 18 gennaio 1999).
All’origine del conflitto, dunque, stanno le dimenticanze di equità, le chiacchiere con accenti razzisti, le ingiustizie personali e sociali, ma anche forze terribili contro cui non bastano vigilanza delle donne e degli uomini di buona volontà. Verità difficile da accogliere, ma necessaria nell’economia della salvezza cristiana.
Il percorso verso la pace
Più volte il cardinale Martini delinea il cammino che occorre percorrere per giungere alla pace. Il punto di partenza è la ricerca della verità a proposito dei fatti concreti che generano conflitto. Non si può tuttavia pretendere di conoscere in ogni particolare ciò che sta prima della frattura o del contrasto; tuttavia vi è da coltivare in ogni caso l’onestà intellettuale, che si manifesta anche nell’umile riconoscimento che ciascuno di noi è coinvolto nelle condizioni di un conflitto. Almeno per il fatto che ci troviamo a vivere, senza meriti personali, in una società che è esente da conflitti bellici.
Indispensabile è, per Martini, vivere con la coscienza del contrasto ma senza ‘prendere parte’. C’è bisogno, egli dice, di uno che esorta alla pace non da lontano, …bensì di uno che si metta in mezzo, che entri nel cuore della situazione, che stenda le braccia a destra e a sinistra per unire e pacificare…”. E parlando poi della preghiera per la pace, afferma “Dona nobis pacem” significa anzitutto: Purifica, Signore, il mio cuore da ogni fremito di ostilità, di partigianeria, di partito preso, di connivenza; purificami da ogni antipatia, pregiudizio, egoismo di gruppo o di classe o di razza. Tutti questi sentimenti negativi sono incompatibili con la pace... mentre preghiamo per la pace, nel fondo del nostro cuore finiamo per parteggiare, per giudicare, per auspicare l’uno o l’altro successo di guerra. L’istinto si scatena, la fantasia si sbizzarrisce, e la preghiera non tende verso quella purificazione del cuore, dei sensi, delle emozioni e dei pensieri che sola si addice agli operatori di pace secondo il Vangelo” (Omelia nella veglia per la pace, Duomo di Milano 29.1.1991).
La preghiera e l’opera per la pace hanno origine nell’interpretazione credente della vita. Si tratta di riconoscere qual è la specifica responsabilità delle confessioni cristiane, visto che insegnano la grandezza e la dignità della persona umana, e portano nel mondo la persuasione dell’unità del genere umano. “Pregare per la pace significa aprire il cuore umano all’irruzione della potenza rinnovatrice di Dio, della sua grazia che può creare aperture per la pace là dove sembra vi siano solo ostacoli o chiusure. Pregare per la pace significa pregare per ottenere il perdono di Dio e crescere, al tempo stesso, nel coraggio necessario a chi vuole, a propria volta, perdonare le offese subite… In questo senso la pace nel mondo dipende anche da ciascuno di noi, dipende da me. Dipende dalla nostra fede nel Signore, che ci salva e costruisce la pace attraverso uomini e donne che custodiscono e promuovono la riconciliazione… Metti , o Signore, sulla nostra bocca parole di pace, metti nel nostro cuore sentimenti di pace, ottienici il dono della saggezza che è pace” (Duomo di Milano, 29.1.91).
Perché non si perda la memoria di un insegnamento che ci ha animato e consolato.