EDITORIALE

Una pace disarmata

Alex Zanotelli

Una pace “made in cielo”. Così la definiva don Tonino Bello, allora vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi. Ci teneva a evidenziare la forza della pace, quella “pace di Cristo, quella che non esige garanzie, che scavalca le coperture prudenziali e che resiste anche quando crollano i puntelli del bilanciamento fondato sul calcolo”. E insistentemente, senza tregua né prudenze di opportunità, si chiedeva: “è mai possibile che questa visione trinitaria della pace, così saldamente fondata sui plinti saldi della Sacra Scrittura, abbia tanto stentato a diffondersi perfino nelle nostre Chiese?”.
“Beati gli operatori di pace”, ci esorta Benedetto XVI che ha proposto questo come tema della giornata della pace del 1 gennaio. “Beati gli operatori di pace”, ci esortava Gesù nel Discorso della Montagna. E con una tempistica straordinaria, mentre riflettiamo su quali nuove strade siano da percorrere per disarmare il nostro “agire” ad ogni livello, il ministro della Difesa, l’ammiraglio Di Paola, approva la Riforma delle Forze Armate. Lo scorso 10 dicembre, a Roma, davanti al Parlamento, noi rappresentanti dei movimenti per la pace si sono stretti attorno a una gigantesca bandiera della pace che occupava la larghezza dell’anti-piazza davanti al Parlamento. Eravamo lì per chiedere ai parlamentari di non votare la Riforma delle Forze Armate. Tutto inutile! Quel pomeriggio il Parlamento ha definitivamente approvato il disegno di legge delega. Un amaro regalo di Natale questo che il governo Monti ci lascia prima di dimettersi. Un regalo alla casta dei militari, alla lobby dei mercanti di morte. Perché la riforma ci costerà, nei prossimi dieci anni, ben 230 miliardi di euro!
La legge, infatti, autorizza le Forze Armate a riorganizzarsi in proprio in dodici mesi con una delega, per ora in bianco, e prevede un taglio di 43 mila addetti sia militari come civili nei prossimi dieci anni, fatta salva la libertà del ministero della Difesa di gestire i soldi “risparmiati” per l’ammodernamento dell’Esercito. Insomma, mentre noi esortiamo le nostre comunità a prendere sul serio il comandamento dell’amore lasciatoci da Gesù e credere che la pace sia tale solo se disarmata e nonviolenta, in Italia si prepara il terreno per comperare i nuovi sistemi d’arma.
E tutto questo avviene mentre la crisi economica lascia senza lavoro centinaia di migliaia di lavoratori e non ci sono soldi per il welfare, per la sanità, per la scuola, per il terzo settore! E mentre nulla si è fatto per la Riforma della Cooperazione!
In piedi, allora, costruttori di pace! Ci avrebbe esortato don Tonino, così come fece quel lontano – ma non troppo – 30 aprile 1982 dall’Arena di Verona.
In piedi tutti, con la speranza nel cuore e con una fede rinnovata che animi e ricopra di nuovo il nostro agire. In piedi per tesser le maglie di questa antica quanto preziosa beatitudine: beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
In piedi, perché siamo giunti alla follia. Alla follia di spendere, lo scorso anno, 26 miliardi di euro (dati SIPRI) a cui bisogna aggiungere 15 miliardi di euro per gli F-35. La follia di credere, ancora, che la guerra sia la strada da percorrere. “… Attecchirà la semente della nonviolenza? Sarà davvero questa la strategia di domani? È possibile cambiare il mondo col gesto semplice dei disarmati? È davvero possibile che, quando le istituzioni non si muovono, il popolo si possa organizzare per conto suo e collocare spine nel fianco a chi gestisce il potere?” (don Tonino Bello, Sarajevo, 1992).

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