Custodi della terra
Stiamo diventando tutti più consapevoli che una delle sfide cruciali, che deciderà della qualità del nostro futuro, è la questione “ecologica”. La coscienza individuale e collettiva, l’attenzione generale ai temi legati all’ambiente, all’equa distribuzione dei beni e delle risorse, sono notevolmente cresciute in questi ultimi decenni, sia a livello culturale, politico che religioso.
Sotto la spinta di un movimento diventato globale, nelle varietà delle sue componenti, si è messo in discussione il modello di sviluppo considerato ormai insostenibile. La crisi è sotto gli occhi di tutti e non solo per i mutamenti climatici che sono l’aspetto più evidente.
Ripensare la crisi, fondare un’etica antropologica e teo-logica della responsabilità nei confronti del “creato” nelle sue declinazioni, per rilanciare nuove prospettive, sono i temi affrontati da Simone Morandini, che da anni se ne occupa con competenza, in qualità di fisico e teologo.
Nella prima parte, l’autore ripercorre le tappe principali del cammino delle Chiese cristiane, in cui la sfida ambientale si è imposta via via come tema centrale, costringendole a una nuova rielaborazione teologica e spirituale, sfociata tra l’altro, nel comune impegno su “Pace, giustizia e salvaguardia del creato”, tre aspetti strettamente uniti tra loro.
“Declinare l’etica ambientale” (seconda parte) significa rivisitare il confronto tra la teologia e la scienza. Nuove possibilità interpretative vengono evidenziate, mostrano “come – entro e attraverso quella dinamica stessa che la scienza legittimamente ed efficacemente interpreta come espressione di una casualità attiva in orizzonte di legalità – sia possibile dire l’opera invisibile e misteriosa dello Spirito Santo” (pag 58).
Ritrovare convergenze in un costruttivo dialogo, che apra a un orizzonte etico comune privilegiando la cura della vita e la sostenibilità del modello di sviluppo, costituisce un punto di riferimento imprescindibile al processo di cambiamento.
Un’attenzione particolare viene posta, nella terza parte, ai beni della terra più penalizzati dagli squilibri emergenti, quali l’acqua e l’energia, a cui si affiancano i fenomeni drammaticamente ricorrenti della mobilità umana.
Un dato è certo: i processi sono interconnessi tra loro e, se non abbiamo una visione d’insieme, non siamo in grado di intervenire adeguatamente, quindi anche le risoluzioni vanno viste nella loro interrelazione, in cui il “pensare globale” va di pari passo all’agire locale.
Un ruolo decisivo viene riconosciuto alla dimensione educativa a tutti i livelli, dalla scuola alla famiglia, alle comunità ecclesiali, affinché promuovano acquisizioni e comportamenti rinnovati, nella presa di coscienza della comune appartenenza alla “famiglia umana”, della bontà e bellezza del creato in un orizzonte di solidarietà globale.
Non a caso il libro della Genesi usa lo stesso verbo quando si riferisce ad Adamo “custode della terra” (2,15) e a Caino che non fu “custode” del fratello (4,9), per indicare che, senza la cura e la custodia della terra, non c’è più cura e custodia della convivenza umana.