DON TONINO

L'anima attesa

Un'intervista esclusiva a Edoardo Winspeare, regista di una nuova opera, prodotta da Pax Christi Italia, su don Tonino. Sulle sue parole. Col dito puntato verso l'orizzonte che ci ha indicato.
Intervista a cura di Gemma D’Ambrosio

Un film ancora in produzione. Un docu-film, lo abbiamo chiamato sinora. Perchè si tratta di mediometraggio. Una storia d’oggi che riprende e ripercorre le parole e i segni di pace che don Tonino ci ha insegnato a scorgere, nella routine del quotidiano. È una sfida.
Sfida perchè il lavoro si è potuto costruire con la generosità di tanti amici – un vero azionariato popolare, come lo definiva Tonio Dell’Olio, in un “Mosaico dei giorni” di qualche settimana fa.
Sfida perchè i contenuti su cui l’opera è costruita affondano le radici nella memoria ma sono, nello stesso tempo, liberi da sentimentalismi nostalgici e ci conducono, piuttosto, sui sentieri, ardui, della vita di ogni giorno. E di ogni persona.
E sfida, infine, perchè la pace, la politica, l’economia, nella complessità del mondo d’oggi, non possono che essere vissute come tali, da affrontarsi con passione e con fermezza.
Il regista, offertosi generosamente per condurre il nostro lavoro, è Edoardo Winspeare. Salentino doc, noto per i suoi film “Pizzicata”, “Sangue vivo”, “Il Miracolo”. Lo abbiamo intervistato in prospettiva di questa sua nuova opera.

I tuoi film ruotano intorno al Sud, sono spesso ambientati in Puglia, in particolare nel Salento, e dipingono efficacemente i colori, i suoni e gli odori di questa terra. Cosa ami comunicare a chi vede le tue opere?
Giro i miei film in Puglia perché è la mia terra. La amo con tutte le mie forze e, amandola, riesco anche a odiarla, o meglio a indignarmi per le ingiustizie sociali, economiche e ambientali che l’affliggono. E poi, per raccontare il bene, devo scoprire il velo che nasconde il male. È anche una regione bellissima, eterogenea – una piccola India italiana per i suoi contrasti e colori – spirituale, fino all’altro ieri molto poco piccolo borghese e, infine, con una luce struggente. Chissà se, dopo morto, mi sarà concesso di vedere un pò di luce salentina! Infine, racconto le mie storie nel Salento perchè lo conosco bene e solo qui so di poterlo fare in maniera autentica, facendo della mia terra la metafora del mondo.
Quali ritieni siano i punti di forza e quali le maggiori debolezze della terra salentina?
Il Salento è un finis terrae e, in quanto tale, è alla fine di un mondo inteso come geografia. Per chi, invece, ha una visione poetica e spirituale dell’esistenza, la fine di una terra è l’inizio di un “altro mondo” fatto di storie, leggende, avventure di mare e di anima, liriche. Questo succede soprattutto per chi vive a Capo di Leuca e penso che questo doppio livello di vivere e pensare il Salento sia stato proprio del suo più grande figlio, don Tonino; anzi nel mio caso è stato lui che me lo ha fatto capire. Ora la Puglia, e in particolare la penisola salentina, sono diventate di moda e finalmente facciamo parte dell’immaginario italiano. Questo stare alla ribalta porta molti aspetti positivi, ma inevitabilmente comporta una perdita di autenticità con la conseguente omologazione al resto d’Italia. Detto questo, l’anima antica e generosa dei salentini si ritrova specialmente in inverno, nei paesi più interni, dove pare che l’accoglienza, la sobria gentilezza hanno ancora un sapore antico, mediterraneo, quasi omerico.

Una nuova opera su don Tonino: hai accolto l’invito di Pax Christi a realizzare un film/documentario sul pensiero di don Tonino in ambito di pace, politica ed economia. Cosa ti ha mosso a curare la regia di quest’opera?
Ho accettato di fare questo film perchè per me è un onore fare un lavoro su don Tonino. Non conosco altra persona più convincente di lui nel farci amare la parola di Gesù Cristo, nè conosco qualcuno di più cristiano di don Tonino. Lo è a tal punto da superare la dimensione identitaria per diventare puro amore. Sono contento di farlo per gli amici di Pax Christi perchè mi piacciono le loro facce non rovinate dal cinismo, ma illuminate da una luce di speranza. E poi, io che, al contrario di Pax Christi e di don Tonino, conosco la rabbia e il rancore capisco che la pace è l’unica soluzione, non solo perchè è una cosa buona ma soprattutto perchè è intelligente.

Quale l’aspetto più importante del lavoro che fai?
Quando lavoro mi preparo sull’argomento, come è normale e giusto che sia, lavoro sulla drammaturgia e sugli aspetti estetici e stilistici, naturalmente cerco la collaborazione di professionisti fidati e di talento, pur lvornado con la finzione, la cosa che più cerco è l’autenticità. E un’atmosfera ispirata, per ricreare il mondo che voglio rappresentare.
Da uomo laico, da artista, sulle tracce di un sacerdote cattolico…
Sono un laico, ma anche un credente. Come artista, penso che sia un vantaggio perchè chi crede, o spera in un fine ultimo, vede le cose visibili e quelle invisibili. Se queste ultime non esistessero, sarebbero comunque un nutrimento per l’immaginazione... ma io credo-spero- che esistano. Don Tonino era un’artista. Oltre a essere un grande poeta era uno straordinario inventore di nuove forme per affrontare, capire e amare la vita. Più artista di così!

Ci racconti in sintesi di cosa parla questo film?
È la storia di un uomo in crisi, che non crede in niente e che durante un viaggio, un fine settimana dalla sorella, nel Salento ad Alessano, fa esperienza di tante epifanie. Saranno queste, che gli faranno sperimentare concretamente il reale messaggio di don Tonino e per questo motivo avverrà in lui un cambiamento radicale.

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