Quasi uno scandalo
“In questi tempi di miserie onnipresenti, violenze cieche, catastrofi naturali o ecologiche, parlare di bellezza può sembrare incongruo, sconveniente e persino provocatorio. Quasi uno
scandalo. Ma proprio per questo, si vede come, all’opposto del male, la bellezza si colloca agli antipodi di una realtà con la quale dobbiamo fare i conti. Dobbiamo concentrare l’attenzione su questi due misteri che costituiscono i poli estremi dell’universo vivente: da una parte il male, dall’altra la bellezza” (François Cheng).
Come il fotografo americano Robert Mapplethorpe, diciamo subito che siamo ossessionati dalla bellezza, e il senso della sua lontananza ci rende molto insoddisfatti. Diciamo anche che vogliamo vedere la bellezza finalmente re-integrata come orizzonte operante della polis, categoria fondativa della visione di società che aspiriamo a costruire, nell’interesse delle generazioni future. Da questa esigenza civile, prima ancora che culturale, trae origine il tentativo che qui presentiamo di declinare alcune delle significanze a nostro avviso più accattivanti che il concetto di bellezza porta con sé. Lo facciamo con consapevole intento provocatorio, appunto per collocarci agli antipodi della realtà che si muove intorno a noi.
La globalizzazione ha una sua dimensione oscura e minacciosa che oggi si manifesta con gli allarmi economici ed ecologici, la crescita delle disuguaglianze, con il terrorismo, la violenza di guerre sempre più sofisticate, eppure destinate a non avere fine, con la mercificazione dei beni e dei diritti. Questo assalto alla diligenza è stato ovunque aggravato dalle manovre di smontaggio dello Stato e di svendita dei beni comuni. In Italia, il livello di degrado del senso civile e della buona amministrazione è stato accelerato dalla protezione – se non addirittura promozione – dell’evasione fiscale, dalla corruzione della vita pubblica, dai reiterati attacchi alla Costituzione e alla legalità, dal progressivo svuotamento delle istituzioni a fronte dello spazio di manovra politica ed economica deliberatamente consegnato alle mafie. Crescita e sviluppo sono le parole che tornano con più insistenza nel permanente teatrino della politica italiana, ma sono appunto retorica semantica, perché a parte la crescita che non c’è e non ci sarà per i prossimi anni, lo sviluppo nei decenni passati è stato spesso rendita parassitaria e sottrazione di fondi pubblici, svendita del territorio per grandi opere e cementificazioni, condoni edilizi, morte dell’agricoltura e discariche nelle zone più fertili del Bel Paese. Insomma, un catalogo di stordimenti e di patologie che hanno profondamente mutato gli italiani, e da cui occorre guarire se vogliamo riprendere in mano il destino della nostra comunità.
Siamo convinti che sia indispensabile parlare della bellezza per ragioni di cura. Scavare tra le pieghe delle molteplici forme di bellezza che nella quotidianità si aprono, perseguendo ciò che il poeta Yeats chiamava il fascino di ciò che è difficile. Perché il tema della bellezza è difficile, perciò forse non sufficientemente abitato. In questo dossier ci facciamo guidare da chi, per ricerca personale e professionale, propone letture sulle dimensioni della bellezza: nella costruzione di un’agenda sociale, nel linguaggio, nel corpo, nell’idea del paesaggio, nelle parole della Parola, nel paradosso di una vita che incarna la bellezza e la racconta, a partire da un percorso di personale redenzione.
Ci auguriamo che il percorso lungo i sentieri della bellezza non si fermi qui, ma prosegua nel dialogo con i lettori, nell’incontro con le persone oltre la rivista. Come scriveva il poeta inglese John Keats: “Bellezza è Verità, Verità è Bellezza”, che è tutto quanto sappiamo e dobbiamo sapere, sulla terra.