Femminicidio
Non era certo il primo episodio di stupro collettivo, quello della ragazza 23enne violentata sull’autobus da un gruppo di cinque uomini, il 16 dicembre 2012 a New Delhi. Simili casi si sono registrati dopo l’agghiacciante atto di violenza che ha sconvolto il Paese e provocato la morte della giovane donna il 30 dicembre. Ma in India nulla è più come prima. Nel Paese del “mistero delle donne mancanti” (così lo definisce Amartya Sen), falcidiate dall’aborto selettivo, dall’infanticidio e la discriminazione socio-economica, la società indiana è riuscita a trasformare in una martellante notizia globale una delle pratiche nazionali più sordide e pervasive: la violenza sessuale. L’eco dell’indignazione della società indiana ha fatto il giro del mondo, fertilizzando con un effetto domino tanto inatteso quanto incontenibile il risveglio delle donne in altri Paesi asiatici. Le manifestazioni in Nepal sono solo un esempio.
Nella più grande democrazia al mondo, con 1,2 miliardi di persone, le statistiche ufficiali del crimine dicono che una donna viene violentata ogni 28 minuti. Un’inchiesta della Camera di Commercio pubblicata a dicembre sostiene che l’insicurezza delle donne è una delle maggiori sfide che interpellano la luccicante India di questi anni. Per non parlare dei 7200 bambini stuprati ogni anno. Un’emergenza sociale, che ha antiche radici nelle tradizioni (anche religiose) che considerano il genere femminile subalterno a quello maschile, e radici nuove nelle forme disumanizzanti della crescita economica che fa dell’India una potenza emergente, ma pure un Paese lacerato. Finalmente si è accesa una miccia, hanno riassunto i titoli dei giornali.
Mi sono trovata a New Delhi in vacanza mentre la capitale (e le altre città indiane) era scenario quotidiano di una mobilitazione senza precedenti, che mi ha colpito per alcune sue caratteristiche. La sua efficacia, prima di tutto. Dal 17 dicembre (giorno successivo allo stupro) la protesta non si è mai interrotta per oltre tre settimane. Un corpo che cresceva da un giorno all’altro, muovendosi fisicamente verso i luoghi simbolo del potere, con una forza che ha suscitato timore, per la determinazione che ha saputo esprimere. Le misure adottate per impedirne l’assembramento, aspramente criticate, sono state del tutto inefficaci a fermare questo tsunami di partecipazione, che ha messo in campo una potente denuncia contro la letargia, se non addirittura la sostanziale correità, della politica indiana: nessuno escluso, neppure la leader Sonia Gandhi. Le critiche hanno colto nel segno e messo alle strette le istituzioni. Oggi, la discussione è viva in Parlamento.
Il secondo aspetto riguarda la presenza degli uomini alle manifestazioni, in gran parte studenti ma non solo, che talvolta sembrava superare quella delle donne. La protesta non è stata insomma un grido di angoscia declinato solo al femminile, semmai il sussulto di un segmento ampio della società, in grado di riconoscere nella sofferenza delle donne il simbolo quasi parossistico della situazione di dignità offesa che accomuna milioni di indiani. L’esasperata espansione economica mette a dura prova la dignità di cittadinanza della classe media; attorno a questo caso la società indiana sta formulando molte domande su di sé. Vandana Shiva ha parlato dello stupro come di un paradigma dominante che attiene alle dinamiche con cui viene governato il mondo, a partire dallo sfruttamento scriteriato del pianeta. La stessa metafora ha usato la scrittrice Eve Ensler, reduce da un recente viaggio per l’India volto a promuovere l’iniziativa del 14 febbraio, “One billion raising” (http://obritalia.livejournal.com/), per i diritti delle donne nel mondo.
Alla vigilia delle elezioni politiche, con sette donne giù uccise dall’inizio dell’anno, la questione ci riguarda. Molto. L’argomento del femminicidio si è affacciato all’attenzione dell’opinione pubblica in Italia, ma la strada è in salita e nulla può darsi per conquistato. L’ultimo governo ha ulteriormente eroso il sostegno ai centri antiviolenza (del resto mica possiamo permetterceli, dobbiamo comprare i virili cacciabombardieri). La questione della violenza contro le donne brilla per assenza nei programmi dei partiti politici con grande senso di trasversalità.
Ma se, uomini e donne, cominciassimo a fare gli indiani?